Iran, è libero il regista Panahi

L'artista iraniano era stremato dopo uno sciopero della fame in carcere. Decisive le proteste del cinema internazionale e del Festival di Cannes.

25/05/2010
Il regista iraniano Jafar Panahi prima di essere arrestato a Teheran.
Il regista iraniano Jafar Panahi prima di essere arrestato a Teheran.

Il regista iraniano Jafar Panahi , 49 anni, è stato finalmente liberato (a fronte di una cauzione di 200 mila dollari) dalla detenzione nel carcere di Evin, a Teheran, dove era rinchiuso dal primo marzo scorso. “Sta bene”, ha confermato al telefono sua moglie Tahereh Saeedi, anche se subito dopo ha aggiunto: “Lo stiamo portando dal medico”.

    Il cineasta, che presto compirà 50 anni (è nato l’11 luglio 1960 a Mianeh), aveva infatti intrapreso da una settimana lo sciopero della fame per protestare contro l’ingiustificata carcerazione. A questa sua disperata iniziativa si erano aggiunti, nei giorni scorsi, appelli di solidarietà da parte di cineasti da tutto il mondo (Steven Spielberg, Francis Ford Coppola, Martin Scorsese, Robert De Niro tra gli altri) oltre a prese di posizione ufficiali da parte della politica (su tutte quella del ministro degli Esteri francese Kouchner).

     Un peso decisivo, nel determinare la svolta, devono aver avuto anche gli echi internazionali provenienti dal recente Festival di Cannes, dove Panahi avrebbe dovuto far parte della giuria presieduta dal regista statunitense Tim Burton. Una sedia vuota col nome di Panahi tra i giurati e la commozione nel ricordarne l’assenza da parte di Juliette Binoche, al momento di ritirare il premio come miglior attrice per il film Copia conforme dell’altro regista iraniano Abbas Kiarostami (del quale Panahi fu aiuto nel 1994 sul set di Sotto gli ulivi, dando slancio alla sua carriera cinematografica) sono stati segnali importanti, che hanno fatto il giro del mondo.  

    Nella scia del maestro Mohsen Makhmalbaf e dello stesso Kiarostami, Jafar Panahi è considerato il miglior esponente della nouvelle vague iraniana. Nel 1995, a Cannes, il suo primo premio internazionale: Il palloncino bianco vince la Caméra d’or come migliore opera prima. Nel 1997, Locarno gli attribuisce il Pardo d’oro per Lo specchio. La consacrazione nel 2000, con il Leone d’oro della Mostra di Venezia a Il cerchio: film corale su otto donne incarcerate nell’Iran di oggi.

     Le critiche al regime del presidente Ahmadinejad; il tema ricorrente nei suoi film della dignità delle donna umiliata dall’arroganza del potere maschile (nella società islamica contemporanea); l’idea di girare un film sulla rivoluzione verde dei giovani iraniani all’indomani della contestata rielezione del presidente Ahmadinejad: queste le colpe di Panahi per il regime degli ayatollah. Anche se il procuratore di Teheran, Abbas Safari Dolatabadi, in passato aveva dichiarato che il regista “non era stato arrestato perché artista o per ragioni politiche” bensì perché “aveva commesso un reato”. Mai specificato. Le accuse non sono ancora cadute ma, in attesa del processo, Panahi potrà ora difendersi meglio e ricevere concreto appoggio dalla comunità internazionale.                                                                    

Maurizio Turrioni
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