Israele, convivere con l'angoscia

La testimonianza della scrittrice Manuela Dviri: "È come se ci si fossimo risvegliati da un’illusione, l’illusione di vivere in un Paese normale".

19/11/2012
Manuela Dviri.
Manuela Dviri.

Manuela Dviri, ebrea italiana emigrata in Israele nel 1968, vive a Tel Aviv. Giornalista e scrittrice, fa parte della minoranza di israeliani che non appoggia l’azione militare. Suo figlio Yonathan, 26 anni, è stato ucciso nel 1998, mentre prestava servizio nell'esercito israeliano. Poco dopo l’inizio dell’intervista, sente suonare la sirena dell’allarme e mi chiede di richiamare più tardi.Anche oggi all’alba, 4 missili sono caduti nel sud di Israele.
Come si vive in queste ore?
"Dipende dalla zona di Israele in cui si abita. Al sud, non si vive una vita normale, tutto è fermo, le scuole sono chiuse e la gente si barrica in casa; si va solo in posti da cui si è certi che si possa raggiungere facilmente un rifugio antimissili. Al nord, la vita prosegue normale. A Tel Aviv, è una via di mezzo; sicuramente, è una situazione nuova per molti giovani: è dal 1991, quando la città fu colpita a più riprese dai missili iracheni Scud, che i rifugi antiaerei non venivano riaperti".
Ci si aspettava l’escalation della situazione?
"No, credo che il governo d’Israele abbia avuto l’occasione di uccidere Jabari, il capo militare di Hamas, e non se la sia fatta sfuggire. Ma il tutto è stato abbastanza inaspettato. D’altronde, viviamo in una zona in cui basta accendere un fiammifero per scatenare l’incendio…"
Per voi cittadini israeliani cosa cambia nella vita quotidiana?
"Poco fa ne ha avuto una prova (si è da poco interrotta la telefonata per l’allarme, ndr)… A sud, si gira con i tappi nelle orecchie per il rumore. Dappertutto, si vive con un dubbio nell’aria, anche oggi è una giornata di attesa. È come se fossimo tutti ad attendere che succeda qualcosa. Tregua? Invasione di Gaza? Cessate il fuoco? Missile? Ogni minimo rumore mi innervosisce. Poi si prova a mandare avanti la vita quotidiana. Oggi me ne sto in casa a scrivere (sto scrivendo un giallo), l'aria è bella tiepida, si starebbe così bene…; ma poi vedi passare i carri armati che scendono verso sud e ti ricordano la realtà".
Si commenta la situazione con amici e familiari?
"Non si parla d’altro! È come se ci si fossimo risvegliati da un’illusione, l’illusione di vivere in un Paese “normale”. Fino a settimana scorsa, la vita a Tel Aviv era uguale a quella di Milano, o Firenze. Quando si arriverà alle conclusioni che non si può vivere in un’illusione perenne e occorre risolvere la questione, accettando la fatica del negoziato e cedendo qualcosa da ambo le parti?"  
La paura si sente?
"Certo, soprattutto chi ha figli piccoli e vive a sud. So poi che tra i palestinesi di Gaza la paura e la sofferenza sono fortissime; chi è povero, soffre ancora di più".  
Cosa succede a Tel Aviv quando suona l’allarme?
"Chi è in spiaggia cerca rifugio nei pressi di un albergo; chi è al ristorante sa che i rifugi sono vicini alle cucine; chi è in macchina si ferma e si sdraia per terra. Se invece sei a casa, scappi nelle cosiddette “stanze sicure”, vicino a muri portanti e senza finestre, o nei rifugi. A quel punto, è difficile non essere egoisti, pensi: “Speriamo non caschi sulla mia testa”.   Lei è nonna di 7 bambini".
Come vivono questa situazione?
"Per i bambini è traumatico, capiscono che non è un gioco e fanno domande. Molto dipende dai genitori e dal loro stato d’animo. Tutta notte, la tv trasmette programmi per i bambini che devono stare svegli nei rifugi al sud. Anche se non è facile, alcuni bambini cercano di superare la paura; ieri, mio nipote Youval, prima elementare, ha detto alla mamma: “Se arrivano i missili, io scappo nel cuore della nonna”. I ragazzi, invece, usano molto Facebook e la tecnologia per commentare e sfogarsi. Un sondaggio dice che, dopo sei giorni, quasi il 90 per cento degli israeliani è a favore dell’azione militare".
Lei non è tra questi?
"Sono in minoranza, ma non sempre le minoranze sbagliano. Dicono: “Bisogna far sparire tutti i razzi da Gaza”. E dopo? Arriveranno nuovi missili dal Qatar o dall’Iran e saremo di nuovo da capo. Sbaglia anche chi, come succede nei quartieri arabi di Gerusalemme, festeggia con il clacson i missili che colpiscono gli israeliani. Non è una partita di calcio, in cui c’è sempre bisogno di vincere. Si festeggia la vita, non la morte".   
Di fronte alle foto dei bambini morti a Gaza, si riesce a pensare al dolore del nemico? "No, nelle guerre è molto difficile, si guarda solo a se stessi. Inoltre, quelle immagini si vedono molto poco sulla tv israeliana, bisogna andarsele a cercarle. Così come immagino che per i palestinesi sia difficile vedere i morti israeliani".  
Come fa a credere nella convivenza dopo quello che è successo a suo figlio?
"Forse proprio per quello! Credo sia l’unica soluzione, la vita va vissuta, va festeggiata. Non la morte. Quella di mio figlio è stata una morte “inutile”. So di avere ragione perché 4 dei miei 7 nipoti sono nati il 26 febbraio, proprio il giorno della morte di mio figlio. Se non è un segnale questo…"   

Stefano Pasta
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