La nuova Libia ringrazia l'Italia

Mustafa Abdul Jalil ha incontrato le massime autorità del nostro Paese: il futuro della Libia e la collaborazione tra i due Paesi al centro dei colloqui. La tappa a Sant'Egidio.

20/04/2011
Benghazi: la folla canta slogan contro Gheddafi dopo la preghiera del venerdì.
Benghazi: la folla canta slogan contro Gheddafi dopo la preghiera del venerdì.

E’ partita dall’Italia la missione diplomatica e politica del presidente del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi, Mustafa Abdul Jalil. In una giornata nella Capitale, il leader dei ribelli libici ha incontrato i massimi vertici istituzionali: Napolitano, Frattini, Berlusconi, Schifani. Non è mancata una visita alla Comunità di Sant’Egidio, considerata l’Onu di Trastevere, dove l’antagonista di Gheddafi ha cercato una sponda nel segno della mediazione e della diplomazia.  

     “Quello che speriamo dai nostri amici italiani è una maggiore pressione, anche militare, su Gheddafi per spingerlo ad abbandonare il Paese e andarsene”, ha detto Jalil in un incontro con i giornalisti nella sede della Comunità di Sant’Egidio. D’altra parte, ha avvertito, “Gheddafi ha messo tutta la ricchezza del popolo libico al proprio servizio e al servizio delle sue avventure militari immorali. Dunque, se non sarà costretto con l’uso della forza ad abbandonare il potere, non lo farà mai. Una persona che ha trattato il proprio popolo in questo modo, non può rimanere nel nostro Paese”.

     Sul futuro del Paese, il presidente del Consiglio transitorio non ha dubbi: “Non vogliamo l’uccisione di Gheddafi, ma speriamo che lasci la Libia il prima possibile”.   Il senso della visita in Italia è chiaro: “Siamo venuti per ringraziare il popolo e il Governo italiano per la posizione progredita assunta nell’appoggio e nel sostegno alla rivoluzione", ha spiegato il leader dei ribelli, "e per aver spinto la comunità internazionale a dare appoggio alla rivoluzione. Siamo venuti anche per assicurare l’Italia che siamo nel giusto e vogliamo edificare democrazia, pace e libertà in Libia”.

Mustafà Abdulk Jalil con Marco Impagliazzo, presidente di Sant'Egidio.
Mustafà Abdulk Jalil con Marco Impagliazzo, presidente di Sant'Egidio.

     A Sant'Egidio per il dialogo

     Non ci sono solamente gli incontri strettamente politici nella giornata a Roma del presidente del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi, Mustafa Abdul Jalil. C’è anche la strada della diplomazia e della mediazione ricercata nella visita alla Comunità di Sant’Egidio, che non è nuova a missioni così delicate nei Paesi piegati da guerre civili.

      “Siamo venuti a Sant’Egidio per lanciare al mondo il messaggio che operiamo per la pace e che l’Islam non è la religione del terrorismo", ha spiegato Jalil, "siamo venuti consapevoli dell’importanza che ha la Comunità di Sant’Egidio verso l’opinione pubblica italiana, e per dire che l’Islam invita alla pace, alla sicurezza di tutti e al riconoscimento delle altre religioni”.  

     Accompagnato da una delegazione di sette persone, mega-scorta che ha paralizzato la piazza di Trastevere, Jalil ha pranzato con i vertici di Sant’Egidio. Assente il fondatore Andrea Riccardi, che si trova all’estero. “Il ruolo di Sant’Egidio è come sempre un ruolo di facilitazione della pace e di dialogo tra uomini di religioni differenti", ha spiegato il presidente Marco Impagliazzo: "E’ venuto un musulmano libico a parlare in una comunità cristiana. Questo è il segno che il dialogo è l’unica via per trovare la pace”.  

Serena Sartini
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Postato da Franco Salis il 22/04/2011 11:40

Perché "con le buone maniere"? o con le buone o con le cattive. Essere "buonisti" a tutti i costi comporta essere cattivissimi. State dimenticando che Gheddafi alimenta un modo di fare politica per cui 20.000 bambini al giorno muoiono? Allora quando una persona propone la via "del dialogo" deve sapere che quella comporta un "differimento nel tempo" della soluzione del problema e che ogni giorno sono 20.000 bambini muoiono. Proporre una uscita "onorevole" a Gheddafi comporta un incoraggiamento a tanti altri Gheddafi nel mondo. Allora qui non si tratta di mandare alla "guerra"(dice bene il cardinale Tettamanzi, chiamiamo le cose con il loro nome) uomini che sono disposti ad immolarsi per il "bene comune" dell'umanità: Niente di più falso dire che la guerra non serve a niente, peggio, questa affermazione aggrava le situazioni. Dove sono gli indios degli attuali USA, quanto è costata l'apartheid sudafricana, quando è costato il regime di Bocassa primo. I conquistadores spagnoli quante vittime e quante civiltà hanno distrutto. Cerchiamo di guardare alla realtà con pragmatismo, anzi che con principi che vengono poi tradotti in massacro (non mi ricordo il nome, ma un santo ebbe a dire che uccidere un non battezzato non era un omicidio). Papa Giovanni paolo II in occasione della guerra dei Balcani ebbe a gridare "fermate questa guerra". Non lo ha detto, ma era implicito, con altra guerra. L'ipocrisia e il buonismo non ha nulla a che fare con Cristo.

Postato da gianvitto88 il 21/04/2011 16:13

Speriamo che questo popolo possatrovare la tranquillità e che il dittatore se ne vada con le buone maniere.

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