22/09/2011
La manovra approvata dal Parlamento, e stilata “ab torto collo”su pressione della BCE, contiene provvedimenti che dovrebbero far entrare nelle casse dello Stato circa 53 miliardi di euro per i prossimi tre anni. Sono sufficienti? E soprattutto è sufficiente questo intervento affinché il mercato recuperi almeno un minimo di fiducia che gli consenta di risollevarsi? Francamente credo di no! E non tanto perché ritengo insufficiente l’ammontare della manovra, anche se qualcuno già vaticina che 53 miliardi non basteranno, bensì perché penso che oltre a QUANTO si recupera abbia un’incidenza fondamentale anche il COME si recupera, e la modalità scelta dal Governo non mi convince affatto: TASSE…, per almeno il 65% della manovra, sui SOLITI DIPENDENTI, quelli pubblici soprattutto (così le entrate sono più sicure!). Questo modo di procedere mi ricorda tanto la storia di quel padrone che faceva tirare il carretto sempre al medesimo asinello e, vedendo che l’asinello lo trainava lo stesso, ogni giorno gli diminuiva il foraggio, fino a che un bel dì non lo ritrovò stecchito!
Per quanto tempo ancora gli italiani onesti, quelli che lavorano e pagano le tasse, sempre gli stessi ai quali si chiedono soldi ogni giorno di più, riusciranno a tirare il carretto del nostro Paese? E quel carretto, già pesante di suo nella odierna situazione economica, è di molto gravato da una serie di pesi morti, inutili e parassitari… i costi della politica! In questa manovra le spese politiche sono state appena lambite, consentendo fra l’altro adeguate “vie di fuga”; nessun intervento sostanziale sulle spese dello Stato inutili o non prioritarie. E soprattutto non è presente alcuna concreta iniziativa per la crescita, senza la quale il rigore è anzi controproducente. Così operando non vi è dubbio che la situazione richiederà ulteriori sacrifici e quindi è bene affrontare subito il problema prima che debbano essere prese decisioni, magari imposte, e pertanto affrettate.
È indispensabile affrontare con coraggio e decisione almeno tre questioni fondamentali:
1. La riforma fiscale, unitamente ad un programma concreto di investimenti;
2. La riforma elettorale, fortemente voluta dai cittadini, che consenta il ritorno ad una più trasparente e reale democrazia;
3. La ristrutturazione degli organi centrali e periferici dello Stato al fine di pervenire ad un taglio reale e sostanziale dei costi politici e della burocrazia.
La riforma fiscale, se ben costruita ed organizzata, potrebbe con efficacia colpire e ridurre l’evasione fiscale a tutti i livelli. L’obbligo della cosiddetta “tracciabilità” dei pagamenti, già presente per tutti coloro che lavorano con la Pubblica Amministrazione, dovrebbe essere estesa anche ai rapporti economici tra privati; il cittadino inoltre dovrebbe essere “invogliato” a chiedere la ricevuta o lo scontrino fiscale, sarebbe per esempio un grosso passo avanti consentire ai contribuenti di detrarre tutte o quasi le spese fatturate nella dichiarazione dei redditi. Molte sono le soluzioni possibili e molti i Paesi che, con discreto successo, le hanno messe in pratica, ma qui da noi non si vuole concretamente affrontare il problema perché comporterebbe la perdita di voti “importanti”, quelli di forti lobby economico finanziarie che oggi appoggiano e fanno affari con il sistema politico. I soldi recuperati (si parla di ordini di grandezza di circa 100 miliardi di euro), ove mai si riuscisse a superare l’attuale logica “protezionistica”di queste lobby, dovrebbero essere utilizzati in parte per il rilancio delle piccole e medie imprese, da sempre ossatura portante della nostra economia, ed in parte a recupero dell’enorme debito pubblico.
La riforma elettorale, a prescindere dal numero dei parlamentari, deve poter restituire democrazia al Paese. Come può realmente dirsi democratico un sistema dove i componenti del Parlamento sono scelti dai capi di partito? E siamo sicuri che tutti coloro, (interi gruppi parlamentari…), che sono stati eletti tra i banchi della maggioranza e oggi si ritrovano all’opposizione e, viceversa, dall’opposizione alla maggioranza, rappresentino e salvaguardino ancora i loro elettori? Chiedo scusa se faccio un peccato di pensiero, ma al di là della sacrosanta libertà di coscienza dei nostri Parlamentari, mi sorge il dubbio che costoro, per lo più,salvaguardino i loro di interessi. Questa legge elettorale ha forse consentito di raggiungere la tanto agognata stabilità politica, ma mi sembra che, almeno nella situazione di oggi, ciò abbia significato, di fatto, stare “stabilmente male” senza avere molte possibilità di cambiamento.
La ristrutturazione dello Stato è un argomento sul quale i nostri politici, tutti, fanno spesso orecchie da mercante. Mentre ci si accapiglia (senza grandi concreti effetti peraltro) sugli stipendi dei Parlamentari, sui benefit dell’uno o dell’altro, sui rimborsi, le macchine blu e i ristoranti, nessuno vuole affrontare il cuore del problema: la ristrutturazione profonda dell’immensa e farraginosa macchina statale a tutti i livelli (centrale e periferici), in partecostruita e cresciuta ad uso e consumo del mondo politico. Smontare questa macchina, lenta ed inefficiente, e ricostruirla liberandola dei pezzi inutili per renderla più dinamica ed efficace è un argomento alquanto spinoso perché fa ineluttabilmente perdere voti! Sulle clientele, che foraggiano quei pezzi inutili della macchina, si basa infatti buona parte del nostro attuale sistema politico.
Mi riservo di fare ulteriori approfondimenti sull’argomento ma tengo a precisare, fin d’ora, che non sono contro i politici e meno che mai contro la politica, elemento necessario del nostro vivere civile. Ritengo però che la politica debba essere a servizio dei cittadinie non, come oggi accade, che i cittadini siano asserviti alla politica, spesso costretti loro malgrado, per lavorare o ottenere ciò di cui hanno naturale diritto; non è dignitoso per un Paese che vanta una storia e una cultura che ha contribuito in modo probante alla nascita della odierna civiltà occidentale di cui andiamo legittimamente fieri.
Roberto Jucci