L'addio di Fidel, Cuba alla svolta

Dopo il Congresso del Partito comunista all'Avana e l'uscita di scena definitiva di Fidel Castro, per l'economia del Paese si preannunciano radicali cambiamenti.

19/04/2011
Fidel Castro al sesto Congresso del Partito comunista all'Avana.
Fidel Castro al sesto Congresso del Partito comunista all'Avana.

    Cuba punto e a capo. L'addio ufficiale, definitivo di Fidel Castro al Partito comunista cubano, nel corso del sesto Congresso all'Avana, suona come l'annuncio di una svolta per l'isola. Certo, il ritiro di Castro non coglie nessuno di sorpresa: di fatto già nel 2006 il Líder maximo aveva abbandonato la scena politica del Paese quando, gravato dalla malattia, aveva ceduto la carica di presidente al fratello Raúl. Ma in questi anni il padre della rivoluzione aveva continuato a incarnare un ruolo simbolico, carismatico, a rappresentare la continuità del socialismo cubano, mantenendo, anche se solo nominalmente, la carica di primo segretario del Partito e comandante in capo. Oggi, però, il quasi 85enne Líder è stanco. Dopo 52 anni al potere, per il vecchio Fidel è giunto il momento di farsi davvero da parte, lasciando che il Paese guardi verso nuove strade e nuovi leader.
 
     Nuovi leader, appunto: un problema spinoso per la dirigenza del Partito comunista cubano. Alla fine del Congresso, Raúl Castro è stato nominato nuovo primo segretario del Partito. Ma anche l'attuale presidente si avvia al giro di boa degli 80 anni. Nel suo discorso di apertura del Congresso, Raúl ha lanciato un appello a trovare, entro i prossimi cinque anni, dei successori, dichiarando che al momento mancano dei «sostituti debitamente preparati, con esperienza e maturità per assumere i nuovi e complessi compiti»: come a dire, la nuova leadership può aspettare; per il momento il potere resta nella mani dei "vecchi", della classe dirigente storica. 

    Fidel Castro ha affidato le sue riflessioni a un articolo pubblicato su Granma, organo ufficiale del Comitato centrale del Partito comunista, nel quale spiega che, a suo parere, «superare il sistema di produzione capitalista» è «una sfida difficile nell'era barbara della società del consumo», ma questo è l'obiettivo. E ha aggiunto un monito per la nuova generazione, che nella sua visione deve «rettificare e cambiare senza esitazioni tutto ciò che deve essere rettificato e cambiato, e continuare a dimostrare che il socialismo è anche l'arte di realizzare l'impossibile». Il socialismo rimane il pilastro indiscutibile del sistema cubano. Ma forse, ormai, solo nella forma, stando ai contenuti del documento programmatico "Lineamenti della politica economica e sociale" approvato dai mille delegati del Congresso: nessuna svolta di carattere politico, ma un pacchetto di riforme in direzione dell'iniziativa privata e del libero mercato, con l'idea di aumentare la produttività e stimolare la ripresa economica.

    A proposito di misure economiche, il pacchetto prevede un ampliamento del processo di consegna dei terreni statali ai contadini: a oggi 143 mila persone hanno ricevuto in usufrutto il 63 per cento delle terre rimaste incolte dall'inizio della distribuzione stabilita per decreto legge nel 2008, ovvero 1.191.000 ettari su 1.800.000, pari al 27 per cento della superficie agricola totale dell'isola. La distribuzione in usufrutto di terre ai contadini autonomi mira ad aumentare la produzione agricola interna e a dare un taglio alle importazioni: l'80 per cento degli alimenti che Cuba consuma viene importato, per un onere finanziario di due miliardi di dollari l'anno.





  
 

Giulia Cerqueti
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