21/06/2010
Bambini brasiliani giocano sulla spiaggia di Ipanema, a Rio de Janeiro.
E' il grande sogno di Hugo Chávez, il presidente venezuelano: unificare tutta l'America latina come voleva Simon Bolívar. Nel corso degli ultimi decenni il continente ha fatto grandi passi avanti sulla strada dell'integrazione, a partire da quella economica, ad esempio con il Mercosur, il mercato comune dell'America del Sud. Ma, ancora prima dei trattati economici, l'unione del continente, dai Caraibi alla Terra del fuoco, passa attraverso il fútbol.
Il pallone ha accompagnato la storia dei Paesi latini, attraversato il buio delle dittature militari, e in seguito la ritrovata libertà, il riscatto, la voglia di democrazia. L'anno che i miei genitori andarono in vacanza , film del regista brasiliano Cao Hamburger del 2006, ha brillantemente ritratto il Brasile del 1970, tra persecuzioni del regime dittatoriale e mondiali di calcio in Messico, attraverso gli occhi di un bambino, figlio di oppositori politici in fuga, che durante l'estate segue la nazionale brasiliana in finale contro l'Italia mentre aspetta che i genitori tornino a prenderlo. E nel film il calcio diventa la luce che rischiara le tenebre della dittatura, un motivo di incontro, di aggregazione, una speranza per la gente comune. Per il Brasile, si sa, il pallone è gioia e delirio, vita e morte. Per i brasiliani il mondiale di futbòl è un po' come il Carnevale, un periodo di festeggiamenti e di grandi sogni.
Il calcio è molto seguito anche in Colombia (non rappresentata al mondiale): negli anni Novanta la nazionale di Bogotà visse un periodo d'oro qualificandosi come terza potenza calcisitica dopo Brasile e Argentina. Perfino in Bolivia, dove questo sport è ostacolato dall'altitudine vertiginosa che limita l'ossigeno ed è rischiosa per i calciatori, il pallone è molto popolare: di recente il presidente indigeno Evo Morales ha indossato le scarpette da calciatore e giocato una partita dimostrativa ad altissima quota. Non è la prima volta: nel 2008 Morales aveva incontrato in campo Maradona per una partita di beneficenza.
Quanto al Venezuela, il pallone è lo sport più popolare e seguito nel Paese, e si sa che Chávez è un grande appassionato di calcio: la nazionale di Caracas non partecipa al mondiale in Sudafrica, ma il capo di Stato segue con interesse l'andamento delle altre squadre e, di fronte alle prove deludenti delle grandi nazionali europee - Germania, Francia e Spagna - non ha perso l'occasione per dire la sua in Tv, paragonando la crisi calcistica a quella economico-finanziaria del Vecchio continente: "Povera Europa", ha detto il demagogico e molto discusso presidente, "non solo affonda con l'economia, sta affondando perfino con il calcio".
Giulia Cerqueti