L'Egitto brucia, Mubarak spara

La rivolta popolare sfida il coprifuoco e i blindati del Faraone. La figura-chiave di Mohamed Al Baradei.

28/01/2011
Mohamed El Baradei.
Mohamed El Baradei.

Almeno una ventina di morti, migliaia di feriti, arresti, lanci di lacrimogeni e potenti getti d'acqua sparati dai cannoni sulla folla, mezzi blindati nelle strade, incendi. L'Egitto è in fiamme e cresce la rivolta della popolazione contro il regime del “faraone” Hosni Mubarak, al potere da trent'anni.

     La protesta, che va avanti da diversi giorni, nella giornata di venerdì ha raggiunto picchi di violenza senza precedenti. Epicentro della protesta è il Cairo, ma la rivolta scuote anche Alessandria, Suez e altre località del grande Paese nordafricano. Le autorità hanno imposto il coprifuoco, ma la popolazione non sembra intenzionata a rispettarlo e molti hanno sfidato il divieto di uscire di casa. Sono bloccati anche i telefonini e internet resta inutilizzabile. 

     Al Cairo l'esercito ha schierato i blindati nelle strade. Proteggono i palazzi del potere, la sede della radiotelevisione, il museo archeologico (scrigno di inestimabili tesori a rischio di saccheggi). Ma nonostante tutto la folla è riuscita a dare alle fiamme la sede del partito del Governo. La notte del Cairo è stata rischiarata dai fuochi degli incendi. Le immagini televisive mostrano parte della folla che fa festa ai militari appostati sui  mezzi blindati che transitano nelle strade. E' come se la folla invocasse un golpe da parte delle forze armate, come soluzione estrema per cacciare Mubarak.

     Tra la folla, nelle strade, è sceso anche Mohamed El Baradei, l'ex direttore generale dell'agenzia dell'Onu per il nucleare, un esperto diplomatico considerato la figura più adatta per una eventuale transizione del potere. Bloccato dalla polizia, ora El Baradei si trova  agli arresti domiciliari. Mubarak resta asserragliato nei suoi palazzi. Nella tarda serata di venerdì il raìs è comparso in televisione per rivolgere un discorso alla nazione più volte rinviato nel corso della giornata. Il presidente ha chiesto di interrompere le violenze, che ha definito “un complotto per destabilizzare la società”. Mubarak  non intende lasciare il potere, ma  promette di insediare un nuovo Governo per realizzare le riforme e “garantire la libertà di espressione nel rispetto della legge e della costituzione”.

     Finora le forze armate e l'esteso apparato di sicurezza del regime gli restano fedeli. Resta però difficile prevedere che cosa potrebbe accadere nei prossimi giorni. Anche Ben Ali, in Tunisia, aveva giocato la carta dell'appello alla nazione e del cambio di governo, ma il popolo non gli ha creduto e la rivolta non si è placata. Il mondo segue gli eventi con inqietudine perché l'Egitto è un paese chiave nello scacchiere mediorientale. Dopo il discorso di Mubarak, da Washington è intervenuto in prima persona Barack Obama. Obama ha chiesto a Mubarak di assumersi la responsabilità “di fare passi concreti per assicurare riforme politiche, sociali ed economiche al suo popolo”, lo ha esortato a non usare la violenza e ha promesso che gli Stati Uniti saranno sempre al fianco di “chi lotta pacificamente per decidere il proprio futuro”. Il raìs è avvertito.

Roberto Zichittella
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