04/07/2011
«L’inchiesta e l’approfondimento
giornalistico sono pressoché scomparsi dai telegiornali. Quel tipo
di servizio giornalistico, tanto importante per la qualità
dell’informazione, è stato via via espulso, eliminato dai Tg.
Quindi non si può non essere preoccupati per lo stato
dell’informazione in Italia».
A parlare è Francesco Cavalli,
co-fondatore e direttore del Premio Ilaria Alpi, la cui edizione 2011
si è chiusa, con l’assegnazione dei diversi riconoscimenti, sabato
18 giugno a Riccione. Al concorso giornalistico televisivo quest’anno
hanno partecipato 275 filmati, divisi nelle diverse categorie, dai
servizi brevi da Tg al reportage di lunga durata.
Tempo di bilanci,
per gli organizzatori del Premio “Ilaria Alpi”, divenuto oramai
il più rilevante nel nostro Paese per quanto riguarda il piccolo
schermo, ma anche
un’occasione per fare una “fotografia” della
situazione italiana dell’informazione “in video” di
approfondimento e d’inchiesta, che è lo specifico del concorso di
Riccione.
- Cavalli, situazione quanto
preoccupante?
«Abbastanza. Perché, se è vero che
da un lato sono cresciuti i programmi che sono dedicati
all’approfondimento giornalistico – basti pensare a contenitori
come “Presa diretta” o “Report” su Rai3; a Exit su La7; allo
spazio d’inchiesta di Rai news 24 curato da Maurizio Torrealta; o a
trasmissioni che hanno al proprio interno spazi d’inchiesta, come
Le Iene –
è però altrettanto vero che questo tipo di servizi sono
“scivolati fuori” dal loro ambito più naturale: il telegiornale,
il luogo televisivo principe dell’informazione quotidiana.
L’aspetto un po’ paradossale è che quest’anno abbiamo notato
una crescita di valore di questo tipo di lavoro, mentre
la tendenza
dei Tg è di farsi sempre più “leggeri”».
- Eppure i lusinghieri livelli di
ascolto di alcune trasmissioni d’approfondimento smentiscono il
fatto che l’inchiesta non interessa. Come ve lo spiegate?
«Il Premio nasce perché un certo tipo
di giornalismo non si fa solo all’interno di contenitori dedicati.
Anzi, quando nacque, nel 1994, non c’erano proprio. Ilaria Alpi,
peraltro, era una giornalista del Tg3. Ci sono molti esempi di
giornalisti televisivi che si sono distinti per le inchieste nei
telegiornali. Mi piace ricordare che
Roberto Morrione, grande amico
del “Premio Alpi” scomparso poche settimane fa, da capocronista
del Tg1 condusse con Ennio Remondino una ficcante
indagine
giornalistica sulle relazioni fra la P2 di Licio Gelli e gli Stati
Uniti. Il risultato fu che l’allora direttore del Tg1,
Nuccio Fava,
perse il posto, Remondino fu spedito a fare l’inviato di guerra.
Quanto a Morrione, dopo Fava al Tg1 arrivò Bruno Vespa. Quelle
inchieste non andarono avanti e Morrione se ne andò».
- Siamo un Paese a “libertà
limitata” riguardo all’informazione?
«Faccio mio un ragionamento di Roberto
Saviano: ci sono tipologie diverse di censura. In generale
non
possiamo dire che oggi in Italia ci sia la censura. Però l’incidenza
sull’opinione pubblica dei telegiornali dipende dalla quantità di
ascolti, dallo share. In genere, tutto quello che viene fatto – con
eccezione di Rai3 che fa giornalismo d’inchiesta in prima serata –
viene collocato su una fascia di share inferiore.
Quindi, non è che
l’approfondimento in Tv non si può fare, ma vieni collocato in
fascia di nicchia. Anche questa è una forma di censura, seppure
morbida e non dichiarata. La nicchia non dà problemi, anzi ti dà
l’alibi per dire che l’inchiesta si fa. La fuoriuscita
dell’approfondimento e la caduta di ascolti dei Tg
sono fatti
preoccupanti per la “salute” dell’informazione italiana».
- È vero che, tuttavia, sono in
crescita i giovani giornalisti che vogliono occuparsi d’inchiesta?
«
Specie quest’anno è emersa una
fascia di giornalisti giovani che fanno un ottimo lavoro
investigativo. Questo indica una ventata di aria bella.
Non so se
troveranno gli spazi adeguati a esprimersi. Devo dire che abbiamo
anche un’altra preoccupazione…»
- Quale?
«
La scarsa presenza nei servizi
giornalistici delle realtà internazionali, anche nei programmi di
giornalismo di qualità. Siamo molto provinciali. Ci guardiamo
l’ombelico, l’informazione italiana è tutta rivolta a quello che
c’è nel nostro Paese. Ma guarda poco fuori, a quello che accade
oltre i confini. C’è strada da fare, ma con fatica. Anche i
contenitori d’inchiesta fanno fatica a parlare di esteri e di
questioni internazionali.
Se guardiamo le statistiche, la nostra
percentuale di notizie di esteri è all’ultimo posto in Europa.
Occorre lanciare un allarme. Per noi, poi, è particolarmente grave:
non dimentichiamo che Ilaria Alpi è morta a Mogadiscio, aveva
studiato al Cairo, era interessata prima di tutto a ciò che accadeva
oltre il Mediterraneo».
- Si riparla di “Legge bavaglio”
sull’informazione…
«
Quanto mai rischioso. Per ricordare
Roberto Morrione abbiamo voluto rilanciare, al Premio, il filmato con
il suo appello di due anni fa contro la “legge bavaglio” di
allora. Siamo daccapo. Si deve continuare a tenere duro e a fare la
propria parte.
Noi continueremo a denunciare i rischi legati alla
libertà d’informazione. E non solo per i giornalisti, anche per le
Procure, che potrebbero essere impossibilitate a fare determinate indagini.
Luciano Scalettari