L'Italia migliora, nonostante Moody's

L'agenzia di rating americana declassa il nostro Paese. L'ira di Monti «Dovrebbero premiarci; siamo virtuosi, ma veniamo puniti». Bene asta Btp a 3 anni, in netto calo al 4,65%.

14/07/2012
Il premier italiano, Mario Monti, negli Usa per partecipare alla Allen Conference. Foto Ansa. La fotografia della copertina, invece, è dell'agenzia Reuters.
Il premier italiano, Mario Monti, negli Usa per partecipare alla Allen Conference. Foto Ansa. La fotografia della copertina, invece, è dell'agenzia Reuters.

Il "voto" passa da A3 a Baa2, facendo ben due passi indietro.  Moody’s declassa ulteriormente i titoli di Stato italiani. Che significa? Che secondo l’agenzia di rating i titoli italiani sono diventati oggi più rischiosi rispetto agli ultimi mesi. Rischiosi significa, per essere chiari, che lo Stato potrebbe non riuscire a pagarli. Se aumenta il rischio di trovarsi con carta straccia in mano, i compratori chiederanno in cambio tassi di interesse più alti. Questo significa che si fa aumentare l’ormai famosissimo spread, cioè la differenza tra i tassi italiani e quelli più bassi presenti sul mercato, quelli tedeschi.


Ottimo risultato: Moody's invita al rigore rimproverando all’Italia la vulnerabilità che la porta a pagare tassi di interesse troppo alti e con le sue parole provoca direttamente il fenomeno che lamenta. Per fortuna i mercati sembrano aver ignorato le parole dei nostri censori: l’asta dei titoli italiani immediatamente successiva alla comunicazione dell’agenzia è andata molto bene, con una domanda superiore all’offerta e senza surriscaldare i tassi e le Borse non hanno risentito.


La sede dell'agenzia di rating Moody's, a New York. Foto Reuters.
La sede dell'agenzia di rating Moody's, a New York. Foto Reuters.

Ma perché Moody’s dice che aumentano i rischi? L’analisi dell’agenzia esamina i risultati del governo Monti, ne fa gli elogi e nota che migliora il clima di fiducia. Ma - ecco l’elemento di rischio - ogni settimana che passa ci si avvicina alla data delle elezioni del 2013 i cui risultati sono ignoti.Ora, tralasciando la facile ironia riguardo al fatto che, per quanto possa apparire sgradita, l’incertezza elettorale è dovuta al suffragio universale libero, uno dei fondamenti della democrazia, ci si chiede se il timore dell’agenzia sia davvero cosi fondato. Sostenere che aumenta il rischio mentre l’Italia è impegnata in un percorso di riforme che hanno l’appoggio dell’opinione pubblica e, sia pure con più fatica, del Parlamento, solo perché ci si avvicina ad un momento futuro di decisioni che potrebbero essere prese male, equivale ad affermare che un atleta ha più probabilità di vincere una medaglia alle Olimpiadi quando si allena nei mesi precedenti, che il giorno della gara. 

Ma ci si chiede anche se chi ci ha valutato con tanta severità abbia osservato lo stesso contesto che è sotto gli occhi dei cittadini (e risparmiatori) europei. Gli ultimi appuntamenti, infatti, hanno segnato un passo nuovo a identificare strumenti istituzionali che permettono di meglio intervenire in questa fase di crisi. Proviamo ad approfondire questo aspetto, senza dubbio il più importante per il futuro. Prima del Consiglio Europeo di fine giugno, cioè la riunione dei Governi dell’Unione, la tensione era palpabile. Molte voci avevano accusato la Germania che, preoccupata della sostenibilità del debito dei Paesi più vulnerabili, proponeva il contenimento delle loro spese attraverso politiche restrittive (licenziamenti del personale pubblico o almeno blocco del turn over tra pensionamenti e nuove assunzioni, tagli alle dotazioni dei ministeri) che avevano però come risultato quello di strozzare l’economia, creando situazioni pesanti sul piano sociale, tensioni su quello politico e, non ultimo, riducendo – proprio in ragione della recessione economica cosi provocata – le entrate dello Stato rendendo cosi ancora più difficile il pagamento dei debiti pregressi.

Alla Germania si contestava non solo di proporre politiche inefficaci, ma di rallentare con i suoi veti l’attuazione degli strumenti da attuare per fronteggiare la crisi, facendo il gioco degli speculatori che acquistano i titoli screditati (che pagano tassi di interesse elevati) contando sul fatto che prima o poi l’Europa interverrà a salvare i paesi in difficoltà, annullando il ‘rischio’ dell’investimento. Ciò che è puntualmente avvenuto in questi ultimi due anni. Il Consiglio Europeo e il seguente Ecofin, cioè la riunione dei ministri dell’Economia dei paesi dell’Unione, preceduta da quella dell’Eurogruppo (i soli ministri economici dei Paesi dell’aera Euro), hanno trovato un'intesa importante per il passaggio dall’attuale Fondo di stabilità finanziaria europeo (Efsf)) al Meccanismo di stabilità europea (MSE/ESM),non più solo un fondo, ma un sistema di regole e strumenti per intervenire in caso di crisi, affidando alla Banca centrale europea (Bce) un ruolo rilevante sia nella raccolta di informazioni che permettano di giudicare la effettiva necessità dell’intervento, sia nell’agire direttamente acquistando titoli di paesi in difficoltà che chiedono la solidarietà europea. 

Si tratta di ciò che in queste settimane è stato chiamato giornalisticamente lo scudo anti spread. Le difficoltà tedesche, olandesi e finlandesi sono state superate e l’Europa ha mostrato coesione e autorevolezza. Ma non c’è solo debito sovrano, cioè quello degli Stati. In Europa il vero malato grave è costituito dalle molte banche che sono state gestite in passato con spregiudicatezza e che oggi, avendo drogato il loro patrimonio con indigestioni di finanza derivata, hanno consistenti rischi di stabilità. Gli organismi europei hanno varato un calendario per dotarsi di uno strumento comune di vigilanza europeo, coinvolgendo anche in questo caso la Bce, che permetta di intervenire con rapidità e rigore, utilizzando lo stesso Mse. 

Come succede spesso, già l’intesa preliminare è un fatto politico ed è ciò che cittadini e mercati attendevano. Primo esempio, sia pure ancora fuori del futuro Mse, è la messa a disposizione di 30 miliardi per il sistema bancario spagnolo. Infine è stata approvata la proposta di dotarsi di Project Bonds europei che saranno usati per finanziare grandi interventi strutturali di interesse nazionale e regionale. Insomma dopo un lunghissimo tempo di attesa, grazie anche al nuovo quadro politico francese e italiano, l’Europa dà segnali positivi. 


La sede della Banca centrale europea (Bce), a Francoforte, in Germania. Foto Reuters.
La sede della Banca centrale europea (Bce), a Francoforte, in Germania. Foto Reuters.

Rimangono due preoccupazioni per l’immediato futuro. La prima è quella di una generale vulnerabilità del mondo bancario, a cui si sta cercando di rispondere con gli strumenti di cui abbiamo accennat e con una proposta di direttiva della Commissione presentata pochi giorni fa. La seconda è la approvazione del Meccanismo di stabilità europeo (che prevede impiego di fondi pubblici nazionali ma decisioni europee) alla Corte Costituzionale tedesca, normalmente molto rigida in ogni caso di cessione parziale di sovranità. 

Nelle prossime settimane si vedrà se la Corte di Karlsruhe darà semaforo verde o inibirà le buone scelte europee. Nel frattempo osserviamo con preoccupazione le prime conclusioni della procura di Trani che ha avviato una indagine per verificare se nel comportamento delle agenzie di rating possa configurarsi il reato di aggiotaggio, cioè la diffusione di informazioni tendenziose con lo scopo di ottenere aumenti o riduzioni dei prezzi o dei valori di borsa o dei loro interessi, ovviamente per poterne beneficiare anche indirettamente. E’ l’ennesima vicenda di questo tipo, che segue di pochi giorni lo scandalo dei tassi Libor, il tasso definito dalle maggiori banche internazionali che influenza l’intera struttura dei tassi di interessi internazionali, modificato artificialmente per poterne trarre vantaggio. 

Ci auguriamo che le indagini non rivelino alcuna responsabilità penale. Rimane la grave perplessità nei confronti di un sistema finanziario che nei fatti è estremamente vulnerabile, sempre più alla mercè delle parole e delle azioni di una oligarchia (agenzie di rating o grandi operatori) che può disporre delle informazioni discrezionalmente a proprio beneficio, senza cura del bene della comunità.

Riccardo Moro, economista, docente di Politiche dello sviluppo, Università Statale, Milano
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Postato da Libero Leo il 18/07/2012 00:50

Spesso i professori di economia sono come un chirurgo che ha studiato e conosce bene tutto ciò che c'è da sapere, ma che non ha mai preso in mano un bisturi. Io non mi farei operare da un chirurgo siffatto ....

Postato da DOR1955 il 16/07/2012 14:58

Un'altro dato per il prof. "moro": oggi (16/07) sembra che il debito pubblico sia oltre 1966 Miliardi di Euro; un aumento di oltre 17 Miliardi fra aprile e maggio. Ma dove vede segnali positivi prof. moro? Resto in attesa (sarà vana?) di risposte concrete!

Postato da DOR1955 il 16/07/2012 10:26

"L'Italia migliora, nonostante Moody's" è la più fantasiosa frase che ho sentito negli ultimi tempi. Ma detta da un'economista è la verità. O no? Egregio prof. Moro, mi spiace non condividerla e le ragioni sono semplicissime; nella sua analisi prende in considerazione, come unico elemento importante per la stabilità di un Paese, la situazione finanziaria delle banche. Dimenticandosi, come il suo collega "super-mario-fmi" che un Paese è composto da PERSONE (esseri umani se non sa chi sono), con le loro necessità reali, in primis il Lavoro e i diritti sanciti dalla Costituzione, tipo la Salute, Istruzione, Sicurezza. Ma problemi di questo genere lei e il suo collega "super-mario-fmi" non li avete. Avete mai pensato che quelli in errore siete voi con le vostre teorie?

Postato da giogo il 15/07/2012 16:50

Giustamente come scrive il Prof.Moro si stà avvicinando il 2013 per la nuova tornata elettorale...e che fa il ns. sultano...annuncia una nuova discesa in campo (e qui capisco gli investitori) Non le basta di aver semidistrutto il Paese, seminato corruzione, essere il portabandiera del bunga-bunga, averci coperto di ridicolo agli occhi del mondo, ancora oggi dominare la tv privata e pubblica(beninteso pro domo mea),sfuggire impunemente a tutte le inchieste, con uno stuolo di bravi e premiati avvocati...solo per decorrenza dei termini. Se il nostro fosse un Paese serio un "mariuolo" del genere andrebbe processato PER ALTO TRADIMENTO con una condanna esemplare....Saluti

Postato da Libero Leo il 15/07/2012 11:21

Se si valutano i fatti economici con prospettiva di breve termine (“l’asta dei titoli ... è andata molto bene”), se si ha simpatia per il governo attuale (“riforme che hanno l’appoggio dell’opinione pubblica”!?), se si ha fede assoluta nel cosiddetto ‘scudo antispread’, è inevitabile che si arrivi alle conclusioni ottimistiche di Riccardo Moro. Però vi sono motivi di grande perplessità: 1) Lo scudo antispread è una soluzione di ripiego. Recentemente persino Prodi ha ammesso che l’euro va rinforzato con gli eurobond e con una banca centrale che faccia veramente la banca centrale; provvedimenti che da molto tempo propongono gli economisti non influenzati da amicizie e/o simpatie politiche. 2) Nel lungo termine i provvedimenti recentemente presi dal Consiglio Europeo, a cui fa riferimento Riccardo Moro, hanno poco effetto. Servono a tamponare il disastro attuale, provocato in gran parte dalla debolezza che l’euro ha fin dalla sua nascita, che, come detto, finalmente persino Prodi ha rilevato. Ma i problemi di fondo sono altri. E dovevano essere affrontati prima di vincolarci all’euro. La moneta comune non fa l'unione. Se non c'è una vera unione socio-economica, la moneta comune crea problemi e può causare spinte verso l'abbandono dell'unità europea. Prima di fare la moneta unica europea bisogna fare gli europei. E gli europei si fanno con una lingua comune, con una politica estera comune, con una politica economica e tributaria comune, con una burocrazie ed una gestione della giustizia il più possibile simili e, soprattutto, con una cultura del lavoro affine. Fino a quando vi saranno popoli con culture del lavoro completamente diverse (alcuni che considerano il lavoro soprattutto un dovere, ed altri che lo considerano quasi esclusivamente un diritto al posto di lavoro fisso ed inviolabile; alcuni che considerano altamente meritevoli gli imprenditori creatori di posti di lavoro, ed altri che considerano gli imprenditori come sfruttatori), la vera unione europea non si farà e la moneta unica creerà problemi (come il carro davanti ai buoi) soprattutto in termini di sviluppo disomogeneo con aree fortemente operose, sviluppate e ricche, ed altre aree di sottosviluppo impegnate sempre a chiedere la solidarietà delle aree più operose e ricche. Probabilmente l'Italia sarà un'area di sottosviluppo. Ed allora è naturale porsi la domanda: è meglio essere una delle aree povere e, di fatto, sottoposte al potere della Germania; oppure essere autonomi ed artefici del proprio destino? Per chi non ha fiducia negli italiani, forse è meglio la prima alternativa; per chi ha fiducia negli italiani, forse è meglio la seconda alternativa.

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