01/01/2012
Il presidente Napolitano durante il discorso alla nazione pronunciato davanti alle telecamere.
La crisi. Il futuro dei giovani. Le riforme. L’Europa. La lotta alla corruzione e all’evasione.La “rigenerazione” della politica. Nel discorso alla nazione del Capo dello Stato Giorgio Napolitano (che Famiglia Cristiana ha eletto "Uomo dell'anno 2011"), pronunciato l’ultimo giorno del 2011 davanti alle telecamere, c’è tutto il Paese reale, con le sue difficoltà i suoi progetti e le sue speranze. Il discorso più difficile e complesso dei suoi anni di presidenza, pronunciato in un momento cruciale per la vita dei cittadini. “L’Italia può e deve farcela”, è il concetto chiave del presidente. Napolitano non nasconde la drammaticità della situazione in cui viviamo (ed è uno dei maggiori meriti di questo presidente, quello di aver riportato gli italiani coi piedi per terra, di averli messi, a cominciare dalla sua classe dirigente politica spesso molto distratta, di fronte alla situazione e alle proprie responsabilità).
I riferimenti storici citati nel discorso da Napolitano fanno capire la dimensione del momento in cui stiamo vivendo: il Dopoguerra, la crisi del “tragico” 1977 (quando l’inflazione era al 20 per cento), gli anni bui del terrorismo. Ma il Capo dello Stato insiste anche sulle qualità tipiche dell’Italia, che le hanno permesso al popolo italiano di risollevarsi: “Lo sforzo di risanamento del bilancio culminato nell'ultimo, impegnativo decreto, deve essere portato avanti con rigore. Ma siamo convinti che i frutti non mancheranno. I sacrifici non risulteranno inutili. Specie se l'economia riprenderà a crescere: il che dipende da adeguate scelte politiche e imprenditoriali, come da comportamenti diffusi, improntati a laboriosità e dinamismo, capaci di produrre coesione sociale e nazionale”.
Dalla crisi “la nostra società deve uscirne più severa e più giusta, più dinamica, moralmente e civilmente più viva, più aperta, più coesa”. Ne va del futuro dei giovani. “Si è diffusa ormai la convinzione che dei sacrifici siano inevitabili per tutti: ma la preoccupazione maggiore che emerge tra i cittadini è quella di assicurare un futuro ai figli, ai giovani. È questo l'impegno cui non possiamo sottrarci”. Ma nel discorso di fine anno si coglie il punto centrale nel dialogo con le parti sociali. Il presidente, anche per la storia da cui proviene, sembra aver percepito il rischio più grave e imminente del 2012 che ci accingiamo a vivere: le tensioni e i conflitti sociali che possono scaturire da una manovra tutta lacrime e sangue come quella appena varata. Nel suo appello ai sindacati c’è tutta la preoccupazione per questo rischio. “Occorre definire nuove forme di sicurezza sociale che sono state finora trascurate a favore di una copertura pensionistica più alta che in altri Paesi o anche di provvidenze generatrici di sprechi”.
Bisogna “ripensare e rinnovare le politiche sociali”, certamente senza rinunciare al modello europeo e senza intaccare dignità e diritti del lavoro. Per questo il presidente ha ricordato la sua estrazione politica e sociale. “Sento molto le difficoltà di chi lavora e di chi rischia di perdere il lavoro”. Ma rivolgendosi ai sindacati, molto critici sull’operato del governo Monti, auspica che i lavoratori e le loro organizzazioni esprimano “slancio costruttivo nel confronto”, con una “visione e ruolo nazionale”. Al tempo stesso Napolitano chiede di sviluppare il “dialogo con le parti sociali e un rapporto aperto con il Parlamento”. Colpisce il suo riferimento (mai fatto dai suoi predecessori) alla grande patologia italiana: “una massiccia, distorsiva e ingiustificabile evasione fiscale”. Che ci si debba impegnare a fondo per colpire corruzione ed evasione fiscale, “è fuori discussione” (in allegato il testo integrale del messaggio).
Francesco Anfossi