23/01/2012
Il governo Monti ha probabilmente davanti a sé una settimana cruciale. Non solo per il voto in Parlamento del decreto sulle liberalizzazioni (osteggiato da molte categorie e lobby, ben presenti alla Camera e al Senato) ma per le proteste sociali che stanno infiammando il Paese. L’Italia sembra essere tornata al clima degli anni ’70. Lo sciopero degli autotrasportatori, la cosiddetta “protesta dei forconi” contro i rincari di gasolio, autostrada e ticket previsti dalla manovra ha paralizzato mezza Penisola, dopo i moti siciliani della scorsa settimana. “Nulla esclude che questi malesseri possano sfociare in manifestazioni di tipo diverso», commenta il ministro degli Interni Annamaria Cancellieri. E ha ragione. Non sono soltanto le strade e i caselli paralizzati a inquietare.
C’è soprattutto il rischio che la protesta degeneri in qualcosa di ancora più grave. Nei pressi delle uscite autostradali di Caserta Sud, Capua e Santa Maria Capua Vetere, tanto per fare un esempio, la protesta degli autotrasportatori è sostenuta dai volontari dei centri sociali del casertano. I disagi sono infiniti, dalla Puglia alla Sicilia, dal Piemonte alla Lombardia. Anche in Sardegna gli artigiani del Sulcis, sul piede di guerra, spiegano che “la nostra è una rivolta verso le istituzioni incompetenti che non sono capaci di dare risposte.
Alle proteste degli autotrasportatori, che annunciano che la protesta andrà avanti per almeno cinque giorni, si sovrappongono le manifestazioni indette dei farmacisti e dei taxisti, che oggi hanno quasi completamente bloccato il servizio. Venerdì dovrebbero incrociare le braccia anche i ferrovieri, per il primo febbraio è annunciata invece la serrata delle farmacie. Restano da definire i 10 giorni di sciopero proclamati dai benzinai. Un quadro che non promette nulla di buono e che rischia di acuire i disordini sociali.
Francesco Anfossi