12/08/2012
Il campo profughi dell'Unhcr di Za'atri in Giordania.
Sabato
4 agosto sono sbarcati in 27, tra cui quattro donne e un bambino, a Palizzi,
nella Locride. Dopo un viaggio di cinque giorni, segnato dalla scarsità di cibo
e di acqua, a trenta metri dalla riva sono stati costretti a gettarsi in mare
da due scafisti, che hanno poi ripreso il largo. Sono profughi in fuga dalla Siria
a seguito della dura repressione scatenata dal Presidente Assad. Quattro giorni
dopo, a Crotone, un nuovo sbarco di 158 persone, tra cui 48 minori: molti erano
di nazionalità siriana. Uno di loro ha raccontato: “I nostri bimbi giocano in
strada tra i cadaveri”.
“Non
sono i primi, ma soprattutto di fronte a quello che sta accadendo in Siria non
sono certo un’emergenza”, ha dichiarato Laura Boldrini, portavoce dell’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). Infatti, se gli
arrivi in Italia di rifugiati siriani sono sporadici e numericamente poco
significativi, ben diversa è la situazione nei paesi confinanti con Damasco. Gli
scontri di questi mesi hanno costretto sempre più famiglie ad abbandonare le
proprie abitazioni per cercare un rifugio sicuro. Circa metà sono bambini, che
in alcuni casi si sono dovuti separare dai genitori.
“Fino
a tre mesi fa lavoravo come taxista in un villaggio nel sud della Siria. Ho
deciso di scappare lo scorso mese, quando mio fratello è stato ucciso dagli shabiha,
le milizie di Assad” – spiega Faek, 42
anni – “Cosa potevo fare? Ho preso mia cognata e i due figli e abbiamo passato
la frontiera giordana; ora siamo al campo di Ramtha”.
Qui, l’Unhcr ha
registrato nel solo mese di luglio 9.500 nuovi ingressi, arrivando ad ospitare oltre
38mila persone; il 38,4% ha meno di 12 anni. In tutta la Giordania, secondo il
Governo, dal marzo dello scorso anno, quando è iniziata la rivolta, sono giunti
oltre 150mila profughi siriani; gli operatori dell’Unhcr stanno lavorando di
notte (le temperature raggiungono i 45 gradi) per sconfiggere il
sovraffollamento del campo, allestendo nuove tende e installando gli impianti
idrici e igienico-sanitari.
Particolarmente
trafficata è anche la frontiera libanese. In media, ogni ora 528 siriani
entrano in Libano e 240 persone rientrano in Siria: la maggior parte delle
famiglie arriva in furgoncini con molti bagagli al seguito, mentre quelli che
rientrano in Siria sono perlopiù uomini soli che affermano di tornare per
controllare le proprietà. Oltre 35mila profughi
– soprattutto donne e bambini - sono assistiti dall’Unhcr nelle regioni
settentrionali e nella valle di Bekaa, dove vive una delle comunità tra le più
povere del Paese.
Ma i rifugiati siriani in Libano sono ben più numerosi: molti
di loro non si sono rivolti alle Nazioni Unite, ma hanno proseguito verso la
capitale Beirut o altre grandi città per stabilirsi presso famiglie, amici o in
appartamenti presi in affitto. In alcuni casi, ci sono state notizie di ingressi
negati; per questo, l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri dell'Unione
Europea, Catherine Ashton, ha invitato le autorità libanesi a non respingere
chi scappa dalla Siria.
È
chiusa al traffico commerciale, ma aperta a coloro che fuggono dalla repressione
di Assad anche la frontiera turca. Qui, soltanto negli ultimi giorni, sono
arrivate oltre 2mila persone da Aleppo, la città più popolosa della Siria, dove
sono in corso gli scontri più accesi. Hanno raccontano le difficoltà incontrate
durante il percorso, tra cecchini e posti di blocco stradali.
In tutta la
Turchia, i rifugiati siriani sono ben oltre 70mila, divisi in nove campi.
La
violenza degli scontri ha inoltre spinto un numero significativo di siriani a
chiedere ospitalità anche in Paesi da cui, fino a poco tempo fa, si scappava
per ragioni simili: si stimano, infatti,
oltre 13mila rifugiati in Iraq e tra i 10 e i 25mila in Algeria.
Secondo
l’Unhcr, tuttavia, “i più difficili da aiutare sono coloro che sono rimasti
all'interno del Paese (circa un milione e mezzo di persone), fuggiti da casa e
ospitati da famiglie o accampati in insediamenti di fortuna. Molti altri sono
rimasti bloccati, col timore di essere coinvolti nei combattimenti o aggrediti durante
la fuga”. Nel Paese, l'Agenzia delle Nazioni Unite, grazie al decisivo aiuto
della Mezzaluna rossa araba siriana (SARC), continua a consegnare aiuti
fondamentali affinché le famiglie possano allestire alloggi temporanei.
Riuscire a raggiungere le persone
bisognose costituisce il problema maggiore.
Ad Aleppo, da cui sono fuggite
oltre 200mila persone, la situazione è particolarmente grave: “Migliaia di
abitanti terrorizzati, che non hanno potuto lasciare la città, cercano riparo
in scuole, moschee ed edifici pubblici”, ha spiegato la portavoce Unhcr Melissa
Fleming. In base ai dati forniti da SARC, infatti, 45 scuole e 6 dormitori
della città ospitano complessivamente 7.200 persone. Molti si stanno spostando
di villaggio in villaggio per cercare di sfuggire alla violenza. Il personale dell’Unhcr
operativo ad Aleppo ha inoltre riferito che è stata completamente interrotta la
copertura delle reti di telefonia mobile e internet.
Stefano Pasta