06/06/2011
Quanto ci costerà la propaganda leghista contro gli immigrati? Non è quesito di poco conto se si considera che lo Stato potrebbe essere costretto a pagare spese e danni conseguenti al “pasticcio” combinato sulle domande di emersione dal lavoro irregolare. Meglio noto come la “sanatoria per le colf e le badanti”, il provvedimento ha generato una serie di situazioni ambigue cui adesso occorre dare risposta.
Dopo le sentenze del Consiglio di Stato (che chiariscono che «l’essersi lo straniero trattenuto illegalmente nel territorio dello Stato in violazione dell’ordine impartito dal Questore» di allontanarsi non è elemento ostativo al rilascio del permesso di soggiorno) il ministero dell’Interno aveva emanato una prima circolare datata 24 maggio. Agendo, come si dice giuridicamente, in «autotutela», ossia per salvaguardare la pubblica amministrazione, come si legge nella circolare, «da ulteriori pregiudizi a carico dell’erario derivanti sia da soccombenza reiterata, sia da possibili e più gravi ipotesi risarcitorie», il Ministero chiedeva di procedere all’accoglimento delle domande ancora in sospeso o dichiarate inammissibili perché ostacolate dal solo reato di “clandestinità”.
Per 48 ore è sembrato tutto chiaro e gli immigrati, che nei mesi scorsi avevano protestato per ottenere risposte positive alle loro aspettative di regolarizzazione, avevano tirato un sospiro di sollievo. Finché il ministro Maroni ha deciso di ribaltare la situazione con un’altra circolare datata 26 maggio, con la quale invita a «considerare momentaneamente sospese le indicazioni contenute nella circolare nr. 3958 del 24/5/2011».
«A chi giova tutto questo?», si chiede la costituzionalista Adriana Apostoli, autrice, tra l’altro, di un efficace libricino dal titolo Diritti senza scuse: «Certo non alle casse dello Stato. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che il reato di inottemperanza all’ordine questorile di allontanamento dal territorio nazionale è incompatibile con il diritto comunitario. Per consolidata giurisprudenza, il primato del diritto comunitario si impone su tutte le istituzioni nazionali. Dunque il legislatore, i giudici e le pubbliche amministrazioni sono tenuti tutti ugualmente a dare immediata applicazione alle norme comunitarie e a disapplicare le norme interne incompatibili. Nel caso specifico sono tenuti a rilasciare il permesso di soggiorno in tutti i casi in cui il diniego o la sospensione della domanda derivavano dal reato di cui stiamo parlando".
"A questo punto", conclude l'Apostoli, "è evidente che non è più una questione di diritto ma una scelta politica. Il diritto è molto chiaro e la sua non applicazione espone l’amministrazione a responsabilità sia nei confronti degli immigrati sia dell’Unione europea per inadempimento comunitario».
E a quel punto, se a incassare qualche voto per l’ostruzionismo agli immigrati sarà la Lega, a pagarne le spese saremo invece tutti noi.
Annachiara Valle