Milano e oltre, la normalità del male

Niccolò Savarino, vigile urbano, muore travolto dal disprezzo per le regole, sempre più diffuso ai piani alti e bassi di un Paese che ha troppo bisogno di eroi per essere normale.

13/01/2012
Niccolò Savarino, il vigile urbano ucciso a Milano (copertina e questa foto: Ansa).
Niccolò Savarino, il vigile urbano ucciso a Milano (copertina e questa foto: Ansa).

Da ora in poi all'elenco di funzionari di Stato morti per affermare il diritto sul sopruso, dovremo aggiungere Niccolò Savarino, un vigile urbano. Morto travolto volontariamente dal conducente di un suv a Milano, semplicemente per avere tentato di fermarlo per un controllo, semplicemente per aver fatto il proprio dovere.

E' un elenco molto lungo: consta di 24 magistrati, di un numero enorme di rappresentanti delle forze dell'ordine, di amministratori non disposti a piegarsi al malaffare, uccisi dalla mafia, dal terrorismo, ma anche da un corpo contundente fuori da uno stadio, da una pallottola volante in una rapina.

Il vigile milanese è morto di una forma di violenza figlia, nella sua tragica sproporzionata futilità, soprattutto di una diseducazione. E’ morto ucciso dal delirio di impunità, ucciso dal disprezzo esibito per ogni forma di controllo di legalità, un rifiuto rinfocolato dal cattivo esempio di un Parlamento che insulta Corte costituzionale, magistrati  e financo il presidente della Repubblica, ogni volta che osano ricordare – titolati a farlo dalla Costituzione repubblicana ­- che anche il gioco del potere, in democrazia, ha delle regole e dei limiti.

     Salvo poi invocare i diritti costituzionali, per far rientrare l’insulto becero nell’insindacabilità delle opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni, protetta dall’articolo 68, anche quando per rintracciare il legame con le funzioni occorrono acrobazie.
 
      Un Parlamento che fa quadrato gridando al fumus persecutionis ogni volta che la giustizia chiede conto di un comportamento non trasparente a uno dei suoi membri, anche quando gravato da sospetti che lo rendono oggettivamente e politicamente indifendibile. E’ morto simbolicamente mentre il Parlamento votava contro l'arresto di Nicola Cosentino. E a volte le coincidenze portano un tragico senso.

     «Sventurato il Paese che ha bisogno d'eroi», faceva dire Brecht al suo Galileo. Non è mai stato così vero. Da ora in poi dovremo ammettere che ce ne vorranno non solo per andare in prima linea contro la criminalità organizzata, ma anche per affermare il diritto di mettere una multa a chi commette un'infrazione.  Con conseguenze facili da immaginare.

Elisa Chiari
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