17/08/2010
L’immagine che più si addice alla politica
di questa torbida estate è il proverbiale
campo di Agramante di ariostesca memoria,
dove regna una discordia confusionaria
e suicida, mentre il nemico (lo spettro della
crisi) è alle porte. Dossier, minacce e ricatti
velenosi volano come stracci, in un’Italia ridotta
alle pezze. E con avversari da polverizzare,
con ogni mezzo, perché il potere assoluto non
ammette dissenso: non fa prigionieri, solo terra
bruciata contro chi canta fuori dal coro.
Veleni e schizzi di fango volano ovunque.
Con politici lontani dai problemi delle famiglie,
che stentano a vivere, ogni giorno alle
prese con povertà e disoccupazione, soprattutto
giovanile. Settembre riserverà un brusco
risveglio. La ripresa è debole, soggetta alla
pesante concorrenza dei nuovi mercati dell’Estremo
Oriente. A scuola, anche quest’anno,
la campanella suonerà a vuoto per decine
di migliaia di docenti precari. In attesa, da anni,
di una sistemazione.
Il Paese che si avvia a celebrare l’unità d’Italia
è stufo di duelli, insulti e regolamenti di
conti. Una politica responsabile, che miri al bene
comune, richiederebbe oggi, da tutti, un
passo indietro, prima che il Paese vada a pezzi,
e un’intesa di unità nazionale (e solidale)
che restituisca ai cittadini il diritto di eleggersi
i propri rappresentanti. Non più comparse da
soap opera, ma persone di provata competenza
e rigore morale. Minacciare il ricorso alla
piazza o tirare a campare con una “tregua armata”
non sana le profonde ferite di questi
giorni. Tantomeno ridà credibilità a una politica
offuscata da ampie zone d’ombra. Il Paese
è paralizzato. Sotto ricatto. Leggi e favori,
come al “mercato delle vacche”, sono oggetto
di baratto: federalismo in cambio di
intercettazioni. I dossier vanno e vengono
dai cassetti, con minacce di “bombe esplosive”
(ma chi sa, perché non parla già ora?). Manca,
come ha scritto il presidente del Censis Giuseppe
De Rita, «una cultura politica della complessità
e del suo governo». S’è perso di vista il bene
prioritario del Paese, come ha ammonito il
cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, nell’omelia
dell’Assunta.
Anche la questione morale è ormai arma di
contesa. Dalla politica “ad personam” siamo
al “contra personam”. Ma la giusta esigenza di
chiarezza vale per tutti. Sia per chi ha la pagliuzza
che per chi ha la trave nell’occhio. La
clava mediatica (o il “metodo Boffo”) contro
chi mette a nudo il re è un terribile boomerang,
in un Paese che affoga in una melma
di corruzione, scandali e affari illeciti.
Disfattista non è chi avverte il pericolo e fa
appello al senso etico, ma chi è allergico al rispetto
di regole e istituzioni. Nel campo di
Agramante italiano si alzano polveroni, utili
solo a fini propagandistici. Per soddisfare la
voglia d’una contesa elettorale che sbaragli,
per sempre, l’opposizione. Come in passato,
urge anche oggi l’appello di don Sturzo “ai liberi
e forti”. Prima che sia troppo tardi.