30/03/2012
Risse tra manifestanti e polizia in Spagna (foto Reuters).
Fabbriche chiuse, quasi 700 voli cancellati per le quattro compagnie aeree iberiche, negozi con le saracinesche abbassate a metà, trasporti pubblici e servizi della sanità garantiti al minimo essenziale. Spagna paralizzata nel primo grande sciopero generale dell'era Rajoy, il 29 marzo, in coincidenza dei primi cento giorni del nuovo Esecutivo, per protestare contro il piano di misure lacrime e sangue pianificato dal Governo che prevede, fra l'altro, la possibilità per le imprese di licenziare più facilmente. Secondo l'Ugt e il CCOO, i due principali sindacati spagnoli che hanno proclamato la mobilitazione (l'ottavo sciopero nazionale in Spagna dal ritorno della democrazia) l'adesione ha raggiunto il 77 per cento: 97 per cento nei settori dell'industria, dei trasporti e dell'edilizia, 57 per cento nella pubblica amministrazione; più limitato è stato invece il coinvolgimento del mondo del commercio. In cifre, si tratterebbe di quasi dieci milioni e mezzo di lavoratori che hanno incrociato le braccia in tutta la Spagna.
Nella giornata di mobilitazione nazionale, in molte città spagnole la gente si è riversata per le strade e nelle piazze per manifestare il proprio dissenso. A Madrid marcia lungo la Gran Via e grande raduno, ancora una volta, a Puerta del Sol, dove quasi un anno fa partì il movimento degli indignados. Secondo i dati del quotidiano El País, nella capitale la mobilitazione avrebbe portato in piazza 170 mila persone, 275 mila a Barcellona, 250mila a Valencia. Per il Governo i manifestanti in tutto il Paese sarebbero stati 800 mila, secondo i sindacati 900 mila soltanto a Madrid e 800 mila nella capitale della Catalogna, con il consueto conflitto di cifre che segue sempre gli scioperi e le grandi manifestazioni popolari. A Barcellona la mobilitazione ha avuto dei risvolti violenti, con scontri tra i manifestanti e la polizia, feriti e arresti.
In un Paese con 5,2 milioni di disoccupati, dove quasi un giovane su due sotto i 25 anni non trova lavoro, la riforma del lavoro punta all'obiettivo ambizioso di far scendere il rapporto deficit/Pil al 5,3 per cento per il 2012 (nel 2011 era l'8,5 per cento) con un piano di austerità fiscale e pesanti tagli di spesa (si prevede, fra le altre cose, un ulteriore taglio alle spese dei ministeri, dopo quello del 15 per cento già attuato nel 2011). Ma queste misure potrebbero non bastare a far riemergere la Spagna dal baratro e abbattere il tasso di disoccupazione, arrivato al 23 per cento. Oggi il Consiglio dei ministri approva una manovra finanziaria considerata di portata storica per la Spagna. Ma i sindacati hanno lanciato un chiaro avvertimento al premier Mariano Rajoy: se entro il primo maggio il Governo non accetta di rivedere il piano di riforme l'inasprimento del conflitto sociale sarà inevitabile.
Giulia Cerqueti