12/06/2012
I mercati hanno aperto anche oggi in ribasso (foto Ansa. Foto di copertina: Reuters).
Dunque
abbiamo meno di tre mesi per salvare l’euro. Ce lo dice a gran voce Christine
Lagarde, presidente del Fondo Monetario Internazionale, in un’intervista alla
Cnn. Dichiarazioni un po’ apocalittiche, che però rendono bene il clima. Se saranno necessarie ulteriori misure per
salvare la divisa europea, ha spiegato
l’ex ministro dell’Economia di Sarkozy, queste devono essere varate subito, "in
meno di tre mesi". E ha aggiunto: "I
mercati ritengono che stia avvenendo troppo lentamente e questo è ovviamente il
messaggio che mandano". Ma quali sono le misure? Se ne parla ormai da anni,
dopo che si è versato mare di prestiti al sistema bancario (circa 500 miliardi)
in ordine sparso, senza un piano preciso, come acqua sul fuoco. Anche i 100
miliardi spesi per salvare le banche spagnole non bastano. La speculazione
internazionale continua a fare il bello e il cattivo tempo aggredendo come un
branco di avvoltoi una volta la Spagna, una l’Italia, una il Portogallo e via
dicendo.
Se le banche spagnole tirano il fiato, ecco che vengono prese di mira
le banche del Paese vicino, come l’Italia. “La verità”, scrive il Sole 24 Ore,
“è che con la congiuntura in frenata, con crediti sempre più deteriorati e con
bilanci pieni zeppi di titoli di Stato, le banche italiane hanno ormai troppi
punti deboli”.
Il
meccanismo infernale è il seguente. Gli istituti di credito italiano, per
abbassare lo spread, hanno ricevuto dalla Banca centrale europea soldi per
acquistare titoli di Stato. Ormai detengono il 20 per cento dei titoli, così
che i propri bilanci coincidono con il rischio-Italia: simul stabunt, simul cadent. Una spirale negativa che non finisce mai. Per salvare
Madrid l’Italia ad esempio contribuisce con il 20 per cento del fondo Salva
Stati. Dove trova queste risorse? Aumentando il suo debito pubblico. E così il
cane continua a mordersi la coda. Il
discorso non è molto diverso per Francia o Germania. Tutte le banche oggi sono
estremamente vulnerabili. E i mercati lo sanno.
Manca
una cabina di regia comune.
L’Europa è un’Idra con troppe teste, incapace di
contrastare efficacemente la speculazione.
Sullo sfondo l’ennesimo vertice degli Stati europei di fine giugno. In quelli
precedenti non si è deciso praticamente nulla. Poiché il problema è politico.
Da una parte i Paesi in difficoltà, gravati dai debiti sovrani, con una
crescita debole, che chiedono interventi comuni, come gli eurobond e l’unificazione dei debiti pubblici europei,
misure per lo sviluppo e la crescita. Dall’altra la virtuosa Germania, già in
piena ripresa, orgogliosamente ferma nei
suoi no ad ogni proposta che possa scalfire il suo sistema finanziario, con
qualche scheletro nell’armadio ben chiuso, come la gran quantità di titoli
tossici nelle sue banche. Incurante del fatto che il 60 per cento delle sue esportazioni finisce nei mercati dell'Unione. A farne le spese è la moneta unica.
Stiamo in pratica assistendo al suicidio economico dell’Europa. Un suicidio
annunciato. La pistola è una Mauser, di marca tedesca, naturalmente.
Francesco Anfossi