11/02/2011
In queste foto: la drammatica situazione sul molo di Lampedusa.
Lampedusa sta vivendo una delle sue peggiori emergenze umanitarie. Ma il
Centro di prima accoglienza rimane ostinatamente chiuso. Lì ci sono almeno
800 letti, docce, servizi igienici, una mensa, uffici, magazzini. Anche
il personale del centro è mobilitato ma i cancelli della struttura diventata il
simbolo della politica dei respingimenti, devono rimanere chiusi.
In questo assurdo e folle paradosso si sta
consumando un dramma disumano. Sono migliaia, in maggioranza uomini, ma anche
donne e bambini. Ne sono arrivati duemila in due giorni. Abbandonati per ore e
ore sul piccolo molo dell’isola, in condizioni igienico-sanitarie spaventose.
Non esistono docce o vestiti di ricambio. Gli unici due bagni chimici sono
fuori uso. Una piccola squadra di volontari appartenenti alle organizzazioni
umanitarie (Save the children, Acnur e Oim) e della Lampedusa
Accoglienza distribuisce generi di
prima necessità. C’è una sola ambulanza per duemila persone. Carabinieri e
polizia si prodigano in maniera straordinaria, hanno rinunciato a compiere le
operazioni di identificazione e prestano solo soccorso. Ma le forze sono minime
rispetto a quella folla di immigrati che promette di ingrossarsi di giorno in
giorno.
I “nuovi profughi” arrivano tutti dalla Tunisia. Sono i reduci della rivolta che ha infiammato il Paese. La centrale operativa della capitaneria di porto ha avvistato almeno venti “carrette del mare” cariche di esseri umani dirette verso l’isola siciliana del canale di Sicilia. Lo stesso ministro degli Interni ha detto che ci troviamo di fronte a una vera "emergenza umanitaria". Ma allora perché il centro di accoglienza rimane chiuso e gli uomini rimangono bocconi sul molo, all’ammasso?
La prima moltitudine di mille profughi è arrivata il 9 febbraio. Il ''rito'' e' sempre lo stesso: i barconi, affiancati dalle motovedette della Guardia Costiera o della Guardia di finanza, giungono al molo Favarolo, i migranti scendono e si siedono per terra o sui muretti, in attesa di essere prelevati e condotti in aeroporto, dove gli aerei militari decollano e atterrano senza sosta. Ma senza riuscire a pareggiare i numeri: gli arrivi superano le partenze. Il traghetto della Siremar, che collega l'Isola con Porto Empedocle, fa quello che può. I profughi hanno dormito sul molo, nel freddo della notte che raggiunge in questa stagione anche gli otto gradi. Più di mille tra l’altro ieri e ieri sono stati trasferiti con otto ponti aerei in altri centri di accoglienza che si trovano a Bari, Crotone Brindisi, Foggia e altri via nave a Porto Empedocle. Tra questi cinquanta minori.
Nel frattempo ne sono arrivati altri
mille. Sono scoppiate delle piccole rivolte per contendersi quei pochi posti
letto messi a disposizione negli alberghi, in enormi capannoni e in altri
luoghi di accoglienza provvisori. Ma il paradosso è che il Centro di
accoglienza non si può aprire. Perché? Forse perché è un simbolo? E in nome di
quel simbolo migliaia di persone devono passare le notti in condizioni disumane?
Francesco Anfossi