02/02/2013
Uno scorcio del paesaggio delle Langhe-Roero e del Monferrato (Thinkstock).
Per fortuna qualcuno nel nostro Paese sa riconoscere il valore del patrimonio culturale e ambientale e cerca di tutelarlo e farlo conoscere al mondo. Suggerisce questa riflessione la candidatura dei paesaggi vitivinicoli del Piemonte, ovvero di Langhe-Roero e Monferrato, a patrimonio mondiale dell'umanità presentata nei giorni scorsi all'Unesco, attarverso gli uffici di rappresentanza italiana. Quante volte abbiamo declamato la bellezza di queste dolci colline, coperte di vigneti da cui sgorgano vini pregiati e venduti nei mercati di tantissimi Paesi? Una delle tante eccellenze italiane, costituita dall'armoniosa collaborazione fra una natura generosa e la sapienza dell'uomo, nutrita di tradizione, artigianato, gastronomia, soprattutto amore per la terra. Bene ha fatto dunque la Regione Piemonte a farsi promotrice di questa iniziativa e a presentare la richiesta all'Unesco.
I paesaggi vitivinicoli del Piemonte, ricchi di una storia millenaria, sono il museo a cielo aperto della cultura del vino, che si tramanda di generazione in generazione, aperta alle innovazioni della scienza e delle tecnologie. Il progetto, avviato nel 2009, comprende sei aree per un'estensione complessiva di 10.789 ettari e 29 Comuni, all'interno di una più vasta area di protezione che interessa 101 Comuni.
Il dossier presentato sarà valutato nei prossimi mesi, per arrivare alla decisione finale prevista nel giugno del 2014. Per essere inserito nella World Heritage List (la lista del patrimonio mondiale) un sito deve possedere un valore universale e dimostrare di essere depositario di un significato culturale unico. Affinché si creino tali condizioni, è necessario da una parte avere avuto in dote dalla storia o dalla natura un patrimonio di valore, dall'altro aver dimostrato di saperlo riconoscere, proteggere e sviluppare.
I paesaggi vitivinicoli del Piemonte l'hanno saputo fare, c'è da augurarsi che decine di altri "beni" del nostro Paese raggiungano la stessa coscienza.
Paolo Perazzolo