Laurea, molto più di un pezzo di carta

Il titolo di studio in Italia è un'opportunità o una condanna? Il Belpaese ha sete di riforme per riparare l'"ascensore sociale"...

26/08/2012

Aleggere gli ultimi dati Istat, la laurea in Italia è come un “ascensore sociale” che va al contrario: schiacci il pulsante e anziché salire ti porta al piano di sotto. Come altro definire l’aumento esponenziale dei laureati senza lavoro (più 41,4 per cento) dei primi tre mesi del 2012? Un esercito di 300 mila dottori, di cui due terzi sotto i 35 anni. Al Sud i laureati disoccupati sono il 42,8 per cento, in gran parte donne. Dove vogliamo andare con cifre così? 

Il nostro Paese, oltretutto, è sempre meno attento a politiche familiari ma è sempre più familista: il 43 per cento di laureati che trovano lavoro lo fa grazie a familiari o amici, o amici degli amici. Con tanti saluti a chi è orfano o magari... introverso per natura e poco incline a crearsi reti sociali. E soprattutto a chi crede ancora nella meritocrazia, nel cimento dello studio che porta voti alti, e si ostina a inviare curricula in giro. 

Che fare dunque? Arrendersi di fronte alla progressiva inutilità del “pezzo di carta”? La risposta è no. La laurea rappresenta pur sempre la migliore delle opportunità, soprattutto quando si è dentro il mercato del lavoro. Anche in questo caso ci vengono incontro i dati Istat: i redditi medi infatti sono più alti per chi è dotato di un elevato titolo di studio.
Il problema è rappresentato dalle scarsissime misure fin qui adottate per favorire l’occupazione degli under 30, anche perché il mondo dell’insegnamento, tradizionale serbatoio della disoccupazione giovanile negli anni ’70 e ’80, ha chiuso le porte.

Il problema è complesso. Oltretutto ha dimensioni europee. Ma qualcosa di più il Governo del nostro Paese avrebbe potuto fare. Non basta certo aumentare le rette dei fuoricorso. La riforma del lavoro Fornero, come ha sottolineato anche l’associazione giovanile di Confindustria, favorisce la stabilizzazione e la protezione sociale dei giovani (cosa peraltro sacrosanta), ma fa poco o nulla per favorire l’assunzione dei neolaureati, ad esempio con sgravi fiscali per chi assume.
Il premier Monti e il ministro Fornero hanno più volte auspicato la partecipazione al tavolo governo- parti sociali delle associazioni giovanili. Che aspettano a realizzarla? Anche perché i sindacati di fronte a quest’emergenza paiono del tutto assenti. Forse a causa dell’età media dei loro iscritti.

Francesco Anfossi
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