16/01/2012
Marine Le Pen a Metz, in Francia, durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali (foto: Ansa).
Parigi
Un elettore francese su cinque è deciso a votare per Marine Le Pen. Lo dicono i sondaggi a cento giorni dell’elezione presidenziale programmata per il 22 aprile (primo turno) e il 6 maggio (ballottaggio fra i due candidati arrivati in testa nel primo turno). Ma la bionda leader dell’estrema destra potrebbe rastrellare molti più voti di quanti gliene attribuiscono i sondaggi, visto che altre inchieste demoscopiche rivelano che un francese su tre afferma di aderire alle idee del Fronte Nazionale, il partito alla cui guida Marine è succeduta (un anno fa) al padre Jean-Marie Le Pen. Ancora più inquietante: in 12 anni si è dimezzata (dal 70 al 35 %) la percentuale dei francesi che si proclamano “totalmente opposti” all’ideologia del Fronte Nazionale.
Forse non è ancora il caso di parlare di un vento di panico, ma quello che è certo è che l’inquietudine cresce. Marine Le Pen costituisce ormai una seria minaccia sia per la destra che per la sinistra e anche, e soprattutto, per la Francia. Lo spettro del “sorpasso” tormenta lo stato maggiore del candidato socialista François Hollande e quello del presidente uscente Nicolas Sarkozy (il quale non ha ancora fatto atto ufficiale di candidatura, ma nessuno ha dubbi che sarà in pista per la corsa all’Eliseo). Per ora, Hollande è leggermente in testa nei sondaggi, con il 28% delle intenzioni di voto, seguito a ruota da Sarkozy (26%). Ma l’uno e l’altro cominciano a sentire sul collo il fiato di Marine. Il timore è che si ripeta il copione del 2002, quando l’anziano Jean-Marie Le Pen aveva sorpassato, nel primo turno delle presidenziali, il socialista Jospin, e si era ritrovato in ballottaggio con il neogollista Jacques Chirac. Alla fine quest’ultimo aveva stravinto con l’82% dei voti, ma l’effetto traumatico del sorpasso era stato tremendo, e aveva pesato per mesi e mesi sulla vita politica francese.
La cadidata dell'estrema destra francese a Parigi con il padre Jean-Marie Le Pen, fondatore del Fronte nazionale (foto: Reuters).
Certo le probabilità che Marine Le Pen possa entrare all’Eliseo sono scarsissime. Ma non c’è dubbio che la donna sia abilmente riuscita a cambiare il volto del Fronte Nazionale, a rendere più “presentabile” un’estrema destra che sotto la guida di suo padre si era per troppo tempo identificata con la retorica xenofoba, razzista, antisemita e sciovinista. Non che Marine sia sostanzialmente meno estremista e reazionaria di suo padre, ma forse proprio perché è una donna giovane ha saputo trasmettere un’immagine più moderna, un’immagine più “sociale” (più populista, dicono i suoi avversari) del partito, grazie anche a un linguaggio più terra terra e (almeno in apparenza) più vicino alle preoccupazioni della gente comune.
Non a caso, come rivelano i sondaggi, la bionda leader del Fronte Nazionale raccoglie sempre più consensi nei ceti “popolari”, negli ambienti operai, insomma in quei settori della popolazione che un tempo votavano per il partito comunista, o per il partito socialista, ma che sono stati delusi dalla sinistra. I discorsi contro l’immigrazione (“La Francia ai francesi”) e la crociata contro l’euro accusato di essere la causa principale della crisi, sono terribilmente efficaci, così come gli attacchi contro la globalizzazione il capitalismo e l’Unione europea, senza dimenticare le promesse demagogiche di ripristinare il protezionismo per difendere i prodotti “made in France” e di lottare contro i privilegi della “casta” per aiutare i più poveri. Poco importa a questo punto che gli economisti e i politici giudichino assurdo, per non dire surreale, il programma economico e sociale della leader del Fronte Nazionale. L’ascesa (irresistibile?) di Marine Le Pen si spiega anzitutto con il fatto che né Sarkozy né il suo avversario socialista Hollande riescono a proporre un progetto capace di ridare fiducia e speranza ai francesi massacrati della crisi. Finché non lo faranno, l’astro di Marine Le Pen è destinato a salire nel firmamento della politica francese.
Paolo Romani