26/10/2012
Il presidente della Corte Edoardo D'Avossa e i giudici a latere Teresa Guadagnino e Irene Lupo entrano in aula per la lettura della sentenza del processo Mediaset (Ansa).
La condanna di Silvio Berlusconi da parte di un tribunale era scritta da decenni nei timori di chi lo ha seguito con tanto amore (politico, s’intende). E, dunque, nel momento in cui viene letta la sentenza, non fa notizia che i berluscones parlino di “magistratura a orologeria”, di “sentenza già scritta”, di “accanimento giudiziario”. A furia di ripetere queste frasi, infatti, non ci si fa più caso.
Al contempo, sa di piccolo mondo –oh!, ma quanto antico!- l’antiberlusconismo che si è nutrito per anni di fatue scommesse su come sarebbe arrivata la caduta, sul quando e sul perché. Nei momenti topici dell’avventura berlusconiana, infatti, un pullulare interminabile di analisi politiche, economiche, finanziarie e, last but not least, boccaccesche, usciva da bocche sapienti di sinistra e da altre meno adeguate ma sempre ideologicamente mancine.
Così, ai tempi della semestrale presidenza Ue di Silvio Berlusconi, anno 2003, (governo Silvio II) circoli di sinistra discettavano allegramente sull’ormai prossima, inevitabile, uscita di scena del Cavaliere dopo lo scontro con Martin Schulz, capo della delegazione tedesca dell’Spd, a cui il nostro premier diede del “kapò”, scandalizzando tutti. Erano, per la sinistra, giornate di fuoco e fiamme: chi si preparava a improvvise e salutari elezioni anticipate (“Vedrai che adesso cade dopo ’sta sparata vergognosa”) e chi tentava di rappezzare lo sbrego inferto con ciniche dosi di pragmatica diplomazia… pro domo sua, della sinistra: “Lo scenario è semplice. La Germania premerà per scuse ufficiali che il Nostro non darà mai. I socialdemocratici europei spingeranno il Pds (allora si chiamava a così) verso una dura battaglia per una crisi politica, sostenuta dai Paesi più avanzati del continente. E finalmente ce ne libereremo”. Ovviamente, certi sogni sono potentissimi solo fino all’ora del risveglio.
E se non cade sulla politica estera, allora cadrà sull’economia, pensò qualcun altro. Macché, anche su quel versante la tenuta stagna del Cavaliere era più che provata. Si sospirò molto, in attesa di un segnale ma sembrava che, per un bizzarro sortilegio, quanto più Berlusconi si esponeva a gaffe e passi falsi, tanto più si doveva ammirare la prontezza di riflessi di quella parte d’Italia sempre all’erta per ri-spiegare e ri-tradurre il Verbo, nonché ri-rassicurare sulla tenuta della maggioranza, accompagnando tale visione futurologa col braccio a ombrello versus gli avversari-nemici-disfattisti-comunisti, etc.
E venne anche la speranza di una giustizia pronta a mettere in gattabuia il grande capo, ma senza costrutto perché se è vero, come la sinistra predicava, che il Parlamento è sovrano, le varie leggi approvate andavano sempre nella stessa direzione, a favore di B. Sovrano anche in questo caso, dunque...
Ad personam le hanno chiamate, mentre nei bar volavano scommesse su chi avrebbe pagato il caffè: “Scommetto una tazzina che entro 48 ore lo arrestano”. Quanti baristi hanno servito caffè pagati per quelle scommesse perse sul futuro nero del Cavaliere!
E anche quando, per esaurimento di argomenti politici, si è trattato di svergognare Berlusconi per fatti di donne con annesse e connesse la vita dello Stato e la sua sicurezza, a sinistra s’è notato un aumento improvviso di ulcere da eccesso di caffeina: “È finito, adesso è troppo. Non lo difende più nessuno, ormai”. Infatti… Il Parlamento del Paese della legge Bossi-Fini è subito corso a dire che certo, eccome no, quella era la nipote di Mubarak, chi altri se no?
Ma a nessun avversario è venuto in mente che Berlusconi potesse però cadere sulle tasse, su quest’argomento così italicamente scivoloso e su cui perfino lui, anzi Lui, si permise di dire che beh, sì, insomma, una certa dose d'evasione la si poteva pure capire.
Invece, dopo aver subito anche insulti pesanti e accostamenti con personaggi non certo probi della storia italoamericana, alla fine proprio sul fisco, come certi nostri immigrati d'altri tempi, è arrivata la prima condanna. Lui diceva a destra e a manca che nonostante le migliaia di inchieste, non aveva mai subito condanne. E dove la va a pescare la condanna che fa il botto? Proprio lì, sui soldi.
Perché evidentemente i futurologi della sinistra, che tanti caffè hanno scommesso su come sarebbe caduto Berlusconi e su come avrebbe ricevuto una condanna (ancorché non definitiva, va sempre detto) non hanno fatto tesoro di quella frase che proveniva dall’altro capo del mondo: “Segui i soldi”. La giustizia ha seguito i soldi, evidentemente, mentre per quasi un ventennio la sinistra ha seguito i propri svolazzi pindarici tra un caffè e un aperitivo. Paga chi perde, s’intende…
Manuel Gandin