05/04/2011
Le alzate d’ingegno della Lega hanno questo di buono. Sul momento fanno un botto come i petardi di carnevale, e magari qualcuno si impressiona. Dopo un po’ tuttavia ci si accorge che è solo uno scherzo. Simpatici buontemponi, questi leghisti, che un giorno mandano uno sgangherato commando nella laguna veneziana, un altro giorno mobilitano quattromila fucilieri bergamaschi, fanno capire che il federalismo vale come anticamera della secessione, progettano misure forti per espellere gli immigrati e, per buona misura, vogliono solo alpini di nascita padana.
Si noterà il linguaggio militaresco, petto in fuori e passo cadenzato. Nessuna meraviglia quindi se, dopo anni di petardi, la Lega fa esplodere adesso quello che vorrebbe essere un colpo di cannone: nientemeno che una proposta di legge per istituire eserciti regionali, mille uomini per ciascuna delle venti regioni italiane. Ventimila in tutto, dalle Alpi al mare Ionio.
Il ministro La Russa ha già detto che non se ne parla, l’esercito essendo uno solo, nazionale. Risposta cortese, come si usa nei rapporti fra alleati di governo ed anche fra alienisti e pazienti. Se uno è fuori di senno, meglio tenerlo calmo. Quando perciò la Lega pensa di affidare ai governatori le milizie regionali, si obietta pacatamente che per questo esistono i dicasteri e gli Stati Maggiori.
Per i casi di emergenza e l’ordine pubblico abbiamo la Protezione civile, la polizia e i carabinieri. Il reclutamento su base regionale, solo guerrieri del posto, fa pensare male. Poniamo che ci siano due partite fra Juve e Inter, i Mille piemontesi di fazione a Torino e, al ritorno, i Mille lombardi a Milano. Nel 1969, fra Honduras e El Salvador, dopo le legnate dei tifosi allo stadio scoppiò la famosa guerra del pallone, sei giorni di spari con morti e feriti. Non è un buon precedente.
Lasciamo perdere infine la parentela con la Guardia nazionale americana, che oltre a essere appunto nazionale è anche nota per quello strano ingrediente che è il patriottismo. Quando laggiù si intona l’inno, sotto la bandiera a stelle e strisce, le guardie non vanno in taverna a mangiare brioscine, come i leghisti lombardi. Si mettono sull’attenti, con la mano sul cuore, e cantano.
Insomma i promotori di certe iniziative vanno persuasi, con argomenti e maniere gentili. Una reazione più pesante, almeno a parole, dovrebbero averla semmai quei tanti militanti della Lega che giustamente si battono contro le cose che in Italia non funzionano, dal disordine politico a quello amministrativo. I gesti sciocchi e velleitari di qualche dirigente rischiano di squalificare anche la brava gente di base. Che meriterebbe, e non da oggi, di essere rappresentata meglio.
Giorgio Vecchiato