02/03/2012
Un recente incontro tra il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano en Lucio Dalla, al Teatro Comunale di Bologna, in occasione dello spettacolo "Note di solidarietà" (foto Ansa).
Può un direttore dell’Orchestra di Sanremo guidare i musicisti e allo stesso tempo cantare con uno degli artisti in gara? Sì, se quel direttore si chiamava Lucio Dalla. L’ultima immagine che abbiamo di lui è questa: un po’ smagrito, ma felice come un bambino di ritrovarsi nel “giocattolo” Sanremo che lo aveva consacrato 41 anni fa con “4/3/1943”. Ecco qui sotto quella sua storica partecipazione al Festival di Sanremo:
Era la sua data di nascita: fra pochi giorni quindi avrebbe compiuto 69 anni, ma un infarto se l’è portato via in Svizzera, a Montreaux, dove si trovava per il suo nuovo tour. All’Ariston aveva presentato “Nanì”, una delle canzoni più commoventi del Festival, su un giovane che si innamora di una prostituta e cerca di toglierla dalla strada. L’aveva scritta con Pierdavide Carone, di cui ha prodotto l’ultimo disco. Come tutti i grandi cantautori della sua generazione, negli ultimi anni l’ispirazione si era un po’ affievolita, ma Lucio, che probabilmente ne era consapevole, ha deciso di non riposare sugli allori, tentando di ripetere stancamente i fasti del passato. Aveva cercato altre strade: la regia, la collaborazione con il vecchio amico Francesco De Gregori con cui ha dato vita a un fortunatissimo tour a trent’anni da “Banana Republic”, l’attività di talent scout con Carone, anche se a dire il vero già in passato aveva scoperto o valorizzato artisti come gli Stadio, Luca Carboni e Samuele Bersani.
Gianni Morandi e Lucio Dalla all'ultimo Festival di Sanremo (foto Ansa).
Del resto, la versatilità è stata da sempre la sua cifra stilistica. Ha iniziato come raffinato jazzista, si è affermato come interprete di canzoni il cui testo era scritto da altri (da “Il cielo” a “4/3/1943” a “Piazza Grande”). Ha conosciuto negli anni ’70 una stagione più sperimentale con i testi
del poeta Roberto Roversi che hanno prodotto perle come “Nuvolari” o “Il
motore del 2000”, fino alla decisione di fare tutto da sé che l’ha
portato alla definitiva consacrazione. Canzoni come “L’anno che verrà”,
“Futura”, “Anna e Marco”, “Caruso” resteranno fra i capolavori assoluti
della musica leggera italiana.
Lucio Dalla negli anni Settanta (foto Ansa).
Anche l’uomo è stato sempre ricco di sfaccettature: comunista ma non marxista, cattolico tanto da cantare per papa Giovanni Paolo II in ben tre occasioni e da musicare i Salmi. In un’intervista a Rai Vaticano del 2009 aveva dichiarato: «La vera dinamica dell’uomo è questo processo di maturazione o di semplificazione del proprio “io religioso”. Non riesco a capire il fenomeno dell’ateismo, che non vuol dire vivere senza Dio, ma, in modo infantile, non pensarci, o vederlo dall’altra parte del fiume. E invece Dio è talmente dentro di noi. E’ una scoperta che possiamo fare tutti e che possiamo vivere nella sua leggerezza». Nel 1979 cantava: «Quale allegria, cambiar faccia cento volte per far finta di essere un bambino». Non hai fatto finta, in fondo sei sempre rimasto un bambino, caro Lucio.
E questa è la sua ultima partecipazione al Festival, come autore e direttore d'orchestra del brano presentato dal giovane Pierdavide Carone. Una delle canzoni più belle dell'ultimo Sanremo, come testi e come musica, ma scarsamente considerata anche dai critici:
Eugenio Arcidiacono