Matteo Renzi, l'incursore del Pd

Il sindaco di Firenze piace anche a Berlusconi per via del suo ruolo di incursore nelle fila moderate del Pd. I dirigenti della sinistra lo detestano. Ma lui prosegue imperterrito.

16/09/2012
Il camper di Matteo Renzi.
Il camper di Matteo Renzi.

Dunque anche il redivivo Cavaliere, sbarcato a Bari dalla nave da crociera del Pdl, tifa per Matteo Renzi, il Gianburrasca del Partito democratico, l’outsider che sfiderà Bersani e che sta percorrendo l’Italia su un camper per la campagna d'autunno per le primarie del Pd. Facile capire perché. Renzi opera come un guastatore tra le linee nemiche, succhia consensi tra i moderati del Pd a Bersani e dunque lo indebolisce nella sfida con il Pdl. Naturalmente non piace solo a Berlusconi il sindaco di Firenze, detto  «il rottamatore» per via della sua teoria sul pensionamento anticipato della dirigenza del Pd. Anche molti grillini lo amano. E in effetti, cone le sue affermazioni “tranchant”, con il suo carattere fumantino da fiorentino di razza, pare proprio interpretare il “grillismo” all’interno del Pd.

Pier Luigi Bersani in un primo momento lo aveva lasciato fare, pensando che si sarebbe fatto male da solo. Ora invece si è accorto che dietro lo «stil novo» (dal titolo della sua autobiografia) di questo autocandidato alle primarie che gira veloce in camper per le strade della Romagna tra una festa del Pd e l’altra, si cela un serio problema. “Uè, ragazzi, siam mica qui ad agganciare le roulotte ai camper”, avrebbe forse detto Crozza facendone l’imitazione… 


Renzi, da buon fiorentino, è privo di timori reverenziali. Proviene dall’ala cattolica del Pd. La sua disinvoltura da incursore politico nelle fila del Pd ha una ragione ben precisa. Non c'è solo l'età. provenendo dalla Margherita, una delle due anime del Pd, non cade nei ricatti della sinistra radicale, la costola che va sempre recuperata per i postcomunisti come D’Alema o Bersani, cresciuti alla scuola delle Frattocchie. Nichi Vendola, infatti, lo considera come il fumo negli occhi. Infine Renzi non ha conosciuto la Dc (anche se è figlio di un consigliere democriostiano del paese natio, Rignano sull'Arno), ma è cresciuto alla scuola dell'assocazionismo cattolico, la nuova frontiera della politica.

Culturalmente e politicamente va annoverato in quel filone che fa capo a La Pira (come il sant'uomo – su cui peraltro ha fatto la tesi di laurea – siede sulla prima poltrona di Palazzo Vecchio) e a Nicola Pistelli, il giovane democristiano animatore della rivista Politica, scomparso in un incidente stradale, padre del parlamentare Lapo. Quanto al programma, non se ne sa molto. Il critico televisivo Aldo Grasso, sul Corriere, ironizza che il suo, più che un programma, sia un “format”, anche per via del suo spin doctor, l’ex manager di Mediaset Giorgio Gori.

Tra una tappa e l’altra del suo viaggio, continua a mollare affondi e sganassoni a destra e soprattutto a manca, con incursioni nel terreno dell'antipolitca. L'establishment reagisce in modo scomposto. D'Alema: «Non mi sembra in grado di unire il nostro partito, costruire una coalizione, guidare il Paese». Bersani: «Esigo rispetto dai giovani». Non piace nemmeno agli ex margheritini, come la Bindi o Fioroni, che pure con lui condividono l'area di provenienza.

Molti hanno ironizzato sulle sue probabilità di guidare un partito ampio e complesso come il Pd o addirittura di diventare premier, sedendo, a 37 anni, accanto alla Merkel e Hollande nei vertici internazionali. Probabilmente anche il Cavaliere la pensa così, e lo appoggia solo in virtù del suo ruolo di guastataore. Nel frattempo lui sembra infischiarsene di tutto e tutti e con il suo programma di rottamatore prosegue con il suo camper. Che D’Alema e Veltroni vedrebbero volentieri rottamato a sua volta.

Francesco Anfossi
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