15/07/2011
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il ministro dell'Economia Giulio Tremonti.
Il presidente Napolitano ha parlato di miracolo, e in effetti c’è da strabiliare. Una manovra economica varata nei tempi che intercorrono fra il sedersi su uno scanno parlamentare e l’alzarsi per il voto: non si era mai visto. E chissà – ma è assai dubbio - se accadrà ancora. Evento memorabile, insomma. E non è il solo. Per esempio i quaranta miliardi in gioco sono diventati di colpo un’ottantina, senza che nessuno battesse ciglio. Si converrà che è una stranezza. A pagare dazio saranno le famiglie italiane: e se quelle che evadono il fisco non hanno preoccupazioni, per i nuclei a reddito fisso, già gravati da tasse e balzelli, sarà ancor più faticoso arrivare alla fine del mese. Ma tutti zitti, così vogliono i mercati.
O meglio. A protestare è stata l’opposizione, ma sappiamo in che modo. Più si denunciavano alle Camere le nequizie vere o presunte della manovra (vere, ripetiamo, per le famiglie), più si andava di fretta per approvarle. Sempre per via dei mercati, e dell’Europa che se ne fa portavoce, è probabile che non si potesse agire in modo diverso. E’ lecito tuttavia un sospetto di doppiezza. Gli attuali reclami serviranno a futura memoria, quando dalle parole si passerà agli esborsi. Ma, per intanto, lasciamo che le cose seguano il loro corso. Se la manovra andrà male, ci sarà ampio modo per recriminare. Se andrà bene, sarà meritorio l’averla favorita.
In verità la tecnica del rinvio non ha mai avuto estimatori. Ma aspettiamo per giudicare. La maggiore incognita, anche a parte i risvolti economici, riguarda un duplice ordine di problemi: non solo la tenuta della maggioranza ma pure quella dell’opposizione. Chi legge i giornali e ascolta la tv avrà notato l’invadenza di un vocabolo che nessuno usa nelle normali conversazioni. Non si osa parlare di schieramenti o partiti “compatti”, aggettivo che farebbe ridere. No. Si ricorre a quest’altro termine, “coesi”. In famiglia ci sentiamo uniti, o affiatati, o solidali. In politica si dicono coesi.
E’ vero che in fatto di termini come compattezza e coesione i dizionari non sottilizzano troppo. Qualcuno li presenta anzi come sinonimi. Se però si va ad approfondire, una distinzione esiste, e non da poco. In senso figurato, compattezza vuol dire unità rigorosa di intenti e vedute. In petrografia, proprietà delle rocce prive di vuoti e scissioni, per capirci il granito. La coesione è un’altra cosa. Deriva dal latino dotto, e più o meno significa “essere attaccati”. Per certi partiti, o schieramenti, meglio sarebbe dire “appiccicati”.
Se così è, i cttadini gradirebbero che in avvenire i partiti si mostrino compatti, non coesi. Come appunto il granito, che fa massa; non come elementi tenuti insieme con la colla. Oggi si dice coesa una destra litigiosa che oltre tutto, per una settimana e passa, ha visto assente il primo ministro. Si dice coesa una sinistra che non riesce nemmeno a esprimere sindaci del Pd ma deve ricorrere a prestiti esterni. Quindi attenzione, quando si sente la fatal paroletta. Coesi, ma chi mai parla così fra la gente comune. Coesi, cioè appiccicati con un attaccatutto pronto a sciogliersi.
Marin Faliero