Medio Oriente: un Natale difficile

E' sempre critica la situazione dei cristiani, in Egitto e soprattutto in Irak. Ma la Palestina e la Penisola arabica offrono segnali positivi.

24/12/2010
Addobbi natalizi a Baghdad (Irak).
Addobbi natalizi a Baghdad (Irak).

In Medio Oriente i cristiani sono 16 milioni e mezzo di persone, pari al 4,6% della popolazione della regione. I cattolici, poi, sono 5,7 milioni, l'1,6% della popolazione totale. Una piccola minoranza, dunque, spesso silenziosa e tormentata. Una minoranza, però, cui la storia hga assegnato un grande compito: essere, come scrive padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, nell'introduzione al volume Abana - Sguardi sui cristiani del Medio Oriente (Edizioni di Terra Santa), "un gesto iniziale di evangelizzazione".
 
     Non a caso il Custode ispira la propria frase alle parole di monsignor Luigi Padovese, ucciso quest'anno in Turchia. Per i cristiani, il Medio Oriente è ancora terra di potenziale martirio. In Turchia, oltre al vescovo Padovese, fu ucciso nel 2006 anche don Andrea Santoro, nonostante che laggiù i cristiani siano ormai solo 100 mila su 75 milioni di abitanti.

    In Egitto, al contrario, la minoranza cristiana è piuttosto corposa, circa 10 milioni di persone. Ma anche lì i cristiani copti devono lottare ogni giorno per difendere i propri diritti. Ma la situazione più preoccupante, oggi, è certamente quella dell'Irak. La mai raggiunta pacificazione del Paese dalla guerra cominciata nel 2003 ha più che dimezzato la comunità cristiana (da più di 800 mila a poco più di 400 mila persone), l'anello debole di un Irak che nella sostanza (anche se non nella legge) è ormai tripartito: il Nord ai curdi, il centro (con l'eccezione della capitale Baghdad) ai musulmani sunniti, il Sud ai musulmani sciiti.

     Negli ultimi tempi, poi, i cristiani iracheni sono stati messi nel mirino dagli eredi di Al Qaeda. Che il 31 ottobre hanno compiuto una strage nella cattedrale siro-caldea di Baghdad (55 morti, dei quali 44 tra fedeli e prelati) e nei giorni scorsi hanno inviato una lettera con nuove minacce all'arcivescovado di Kirkuk, retto da monsignor Louis Sako. Per sottrarsi alle provocazioni, i cristiani hanno rinunciato per Natale ad addobbare le chiese, le messe verranno celebrate solo nelle ore diurne e non vi saranno scambi di auguri con le autorità o cerimonie ufficiali.

    Quel "gesto iniziale di evangelizzazione", però, mostra ovunque una forza interiore e una capacità di resistenza forse inattese. In Palestina la minoranza cristiana si trova spesso presa nella morsa del contrasto tra le due maggioranze, musulmana ed ebraica, ma non ha certo perso lo spirito della Chiesa madre e il legame con le radici. Nuovi fermenti, poi, si registrano in Paesi per tradizione chiusi alle altre fedi e intoilleranti. Nella Penisola arabica, cioè tra le sabbie che videro nascere l'islam, cresce e si rafforza una presenza cristiana animata dai lavoratori che arrivano da altri Paesi.

     In Arabia Saudita si stima che i cristiani siano ormai 8 milioni, negli Emirati Arabi oltre 1 milione e mezzo. Sono comunità fragili, esposte all'influsso dei fattori economici e a leggi che reprimono ogni libertà di religione. Ma non sarebbe giusto trascurare il segnale che in ogni caso inviano a noi e al resto della Chiesa.

Fulvio Scaglione
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