25/01/2011
Il crollo di Pompei, che tante polemiche attirò contro il ministro Bondi.
Domani pomeriggio alle 17 la Camera voterà la mozione di sfiducia presentata contro il ministro per i Beni Culturali, Sandro Bondi, sempreché, come si sente dire insistentemente, lo stesso Bondi, che oltre ad essere ministro è anche uno dei tre coordinatori nazionali del Pdl, non decida di dimettersi prima del voto per non far correre al suo leader un pericolo.
Gli artisti del conto sono già all’opera, ma è ovvio che il passaggio è molto insidioso: se Bondi si ritira prima del voto è un segnale di debolezza; se affronta il voto, la maggioranza che lo appoggia non può rischiare di perdere dopo aver sbandierato ai quattro venti l’apporto decisivo del cosiddetto gruppo dei responsabili. Nel frattempo prosegue il braccio di ferro con il Presidente della Camera Fini che si vorrebbe far dimettere in virtù di ulteriori notizie pervenute dall’estero che dimostrerebbero comportamenti poco ortodossi di Fini nella storia dell’appartamento monegasco lasciato in eredità all’ex-partito del Presidente della Camera.
Guerre, scaramucce e chiacchere di giorni poco edificanti, di una contesa che non ha per sfondo la politica e il Governo del Paese, ma scandali grandi e piccoli. Ma la politica c’è e passa fuori dai contesti ufficiali; l’ha messa in moto il leader della Lega Bossi che da qualche settimana sta tessendo la tela fra i partiti dentro e fuori la maggioranza governativa. C’è da far passare il federalismo fiscale dei comuni che tanto interessa alla Lega, ma intorno a questo problema si stanno sperimentando forme di collaborazione politica che irritano assai il Capo del Governo. Quando si parla con gli altri e si sperimentano forme di intese, qualcosa accade sempre.
Ed infine, scandali a parte, c’è anche un assillo ben peggiore per il Capo del Governo: si chiama Giulio Tremonti, un nome sul quale, Lega a parte che lo considera candidato da sempre, stanno convergendo gli interessi del blocco finanziario e industriale del Nord, la Confindustria, i centristi di Casini e Fini e da ultima anche la benevolenza della gerarchia ecclesiastica italiana. Per questo il voto di domani è un passaggio delicato perché se accadesse qualcosa, sarebbe come mettere in moto una frana. E per questo meglio un Bondi che si dimette prima del voto, piuttosto che una frana inarrestabile.
Guglielmo Nardocci