09/10/2011
La vendemmia al Bistrot Mélac.
"Si sta come d'autunno, sugli alberi, le foglie". Crise oblige, il tempo delle castagne, dei pampini e dei grappoli quest'anno rischia di essere decisamente meno allegro, anche in una metropoli frenetica come Parigi. Un giorno di fine settembre, tuttavia, le cose cambiano e i sorrisi ritornano. E' tempo di raccolta delle uve e la capitale francese, che non vuole farsi mancare niente, sebbene si stenti a crederlo, ha le sue vendemmie.
Una, la più celebre, é quella che ha luogo a Montmartre, nel fazzoletto di vigna ai piedi del Sacre Coeur, sul versante Nord della collina, a due passi dal leggendario cabaret del Lapin Agile. Danze popolari, sfilate di tamburini, canti e concerti ritmano i fine settimana della raccolta. Il tutto é gioioso e pittoresco, sebbene più di un visitatore, assediato dalla folla euforica, abbia catalogato l'evento come "roba da turisti".
E poi c'é la vendemmia del bistrot Mélac. Qui, di turisti neanche l'ombra, anche perché, se ci si avventura in questo angolo operaio del quartiere di Bastiglia, una certa dose di famigliarità con la Ville Lumière bisogna averla. Eccoli riuniti al Mélac, dunque, i parigini, quelli senza spocchia, quelli che sembrano usciti dalle fotografie in bianco e nero di Robert Doisneau; eccoli riuniti attorno alle lunghe tavole imbandite per strada, in occasione della vendemmia del bistrot.
Una pergola di pampini adorna l'entrata del caffé, gli acini bruni sembrano maturi e a una certa ora del mattino Jacques, il proprietario, coi suoi lunghi baffi a manubrio che lo fanno sembrare una versione bucolica di Napoleone III, dà il via alla raccolta, megafono alla mano. E' il momento atteso da un nugolo di fanciulle di tutte le età, che in bilico sui tacchi, si precipitano sulle scale a pioli, armate di cesoie, e cominciano a infierire sui grappoli. La folla per strada é una festosa baraonda impegnata a incitare le raccoglitrici. Arriva anche il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoe: la sua berlina dai vetri scuri e i suoi uomini di scorta incutono soggezione per qualche istante, ma é davvero questione di un attimo, il tempo che il sindaco colga il primo grappolo e la festa ritorna, più rumorosa di prima.
Il pique nique sul marciapiede
Jacques
Mélac ammira la scena dietro il bancone di zinco, lisciandosi i
baffoni, l'aria sorniona e soddisfatta. Nel 1979, dalla sua regione
natale, l'Aveyron, ha portato qui una vite e l'ha piantata nella cantina
del bistrot. Il ceppo ha attecchito e, sbucando dal marciapiede, la
piccola vigna ha invaso tutta la facciata del bistrot. Da lí é
cominciata l'avventura di Monsieur Mélac e del suo "Chateau Charonne",
nome ironico affibiato al suo vino e ispirato alla via animata e
trafficatissima presso la quale sorge il bistrot.
Ogni anno, in
occasione della vendemmia, l'isolato viene chiuso alle automobili, la
gente arriva presto per accaparrarsi un posto a tavola e i ritardatari
si accontentano di sistemare una coperta in mezzo alla strada o sul
bordo del marciapiede, per improvvisare un pique nique urbano di tutto
rispetto. Al quadro si aggiunge puntuale un' orchestrina di strada, con
tutte le intenzioni di scandire il ritmo della giornata, gli avventori
gustano il rosso dell'annata precedente e le danze vengono aperte da
Mélac e signora.
La spremitura al Bistrot Mélac.
I vignaioli di città
In disparte, una Citroen d'epoca sonnecchia al sole, come un luccicante
capodoglio spiaggiato su un'isola incantata. Ballerini su di giri
volteggiano al suono della fisarmonica e ogni tanto urtano gli
specchietti della vettura durante le loro spericolate giravolte. Gli
eleganti parafanghi neri dalle forme bombate sembrano sdegnare la
confusione, anche se ormai servono a guisa di portabicchieri. La vecchia
Citroen non é lí per caso: servirà fra a poco a percorrere Parigi per
raccogliere le microproduzioni dei "vignerons de ville", i vignaioli di
città, ossia quegli animi metropolitani con un debole per l'enologia,
che non hanno proprio resistito nel piantare sul proprio balcone, sui
tetti, o addirittura su un davanzale, una vite capace di produrre
qualche grappolo e di dare l'illusione di essere fra i pendici della
Borgogna.
Il vecchio capodoglio si muove sbuffando e i vignaioli di città
aspettano il suo arrivo coi cesti pieni dei propri grappoli. Anche
questi finiranno nei tini del Chateau Charonne, per la grande gioia dei
bambini. Sí, perché saranno proprio questi ultimi ad arrotolarsi gli
orli dei pantaloni e a tuffarsi nelle tinozze per pigiare l'uva. Mentre
alcuni di loro sguazzano nel mosto mettendosene fin sopra i capelli, il
resto della banda di marmocchi aspetta trepidante l'arrivo della nuova
uva annunciato dal buffo clacson della Citroen.
Intanto, un bassorilievo colorato raffigurante Bacco, veglia sulla festa
con uno sguardo benevolo. Jacques ricorda che fu suo padre ad
acquistare il bistrot. "Come il grande Molière, morí sulla scena" ama
ripetere. In effetti Mélac padre si congedò da questo mondo a causa di
una brutta caduta sulle scale della cantina, dove era sceso a prendere
una bottiglia di bianco per preparare un kyr alla moglie.
Ogni anno, il 15 gennaio, anniversario della nascita di Molière, la
Comédie Française espone la sedia di cuoio nero su cui Molière recitò
per l'ultima e fatale occasione, Il Malato immaginario. Jacques Mélac
non ha voluto essere da meno con la memoria di suo padre, inventando e
dedicandogli ogni anno, la vendemmia del Chateau Charonne. Roba da
scriverne una commedia.
Eva Morletto
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