Migranti: l'Italia fa dietrofront

Il "Primo piano" di Famiglia Cristiana numero 8. La politica e il massiccio arrivo di stranieri sulle nostre coste: c'è qualcosa da rivedere circa clandestini e respingimenti.

16/02/2011
Alcuni stranieri sbarcati sull'isola di Lampedusa in attesa di essere identificati. Foto Ciro Fusco/Ansa.
Alcuni stranieri sbarcati sull'isola di Lampedusa in attesa di essere identificati. Foto Ciro Fusco/Ansa.

Anticipiamo il testo del "Primo piano" in uscita con il numero 8 di Famiglia Cristiana. 

È giusto dare atto al Governo e al ministro Maroni di essersi mossi con tempestività per fronteggiare l’ondata migratoria in arrivo dalla sponda Sud del Mediterraneo, sconvolta dai rivolgimenti politici. Non sono mancate le sbavature: dal Centro di accoglienza di Lampedusa, tenuto inspiegabilmente chiuso per tre giorni, alle insistite polemiche contro l’Unione europea (criticare chi dovrebbe aiutarci non è una strategia vincente!), ma non si può dire che la crisi umanitaria ci abbia colti impreparati.

Quello che, invece, si deve dire è che la giusta reazione di questi giorni costituisce, nei fatti, una smentita alla politica che lo stesso Governo ha tenuto, fino a ieri, sul tema dell’immigrazione irregolare, culminata nel cosiddetto “pacchetto sicurezza” e nella strategia dei “respingimenti”. Quelli che, oggi, chiamiamo con rispetto “profughi” sono gli stessi che ieri chiamavamo con disprezzo “clandestini”. Uguali i barconi. Identiche le ragioni: trovare pace, lavoro e una speranza in Europa. Anzi, a rigor di termini, i “profughi” di oggi avrebbero, paradossalmente, meno ragioni per essere accolti rispetto ai “clandestini” che, solo ieri, trascinavamo fino alle carceri del colonnello Gheddafi.

L’ondata attuale è costituita soprattutto da tunisini: certo, vivono una fase inquietante, la fine di un regime, la transizione verso un futuro ancora poco chiaro. Ma la quota di Pil (cioè della ricchezza nazionale) per persona in Tunisia è di 9.500 dollari l’anno, mentre in Eritrea è di 700. E in Somalia addirittura di 600, il che vuol dire vivere con poco più di 50 centesimi al giorno. In Tunisia ci sono stati pochi giorni di disordini, in Somalia c’è la guerra da vent’anni e in Eritrea un regime che si regge con la tortura e i gulag. Eppure, eritrei e somali sono stati “respinti”. E ancora pende contro l’Italia, presso la Corte europea di giustizia, la causa intentata da ventiquattro eritrei e somali che furono, appunto, ricacciati verso la Libia.


La crisi del Maghreb pone all’Italia e all’Europa due ordini di problemi. Il primo è politico: può il continente, e il nostro Paese in primo luogo, rivolgersi alla riva Sud del Mediterraneo con puro timore e chiusura, quando non rimpianto per dittatori insopportabili ormai ai loro popoli? Il secondo, ancor più importante, è insieme civile, culturale e religioso. Monsignor Luciano Monari, vescovo di Brescia, ha toccato con grande realismo il problema nella sua Lettera sulla pastorale per gli immigrati. Non possiamo accogliere tutti o respingere tutti, scrive il vescovo. Che, però, avverte: «Chi nel suo cuore disprezza gli altri o li considera inferiori o li esclude dalla sua amicizia, perciò stesso diventa incapace di annunciare loro il Vangelo».

A dispetto dei troppi, inutili, proclami sui valori e sulle radici cristiane.

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Postato da Elena K. il 20/02/2011 14:39

Desidero chiedere un chiarimento sul fatto che in Tunisia non ci sia una guerra civile. Da quanto appreso dai mezzi di comunicazione c'è mezzo mondo arabo in subbuglio. Egitto, Tunisia, Libia sono paesi in cui, se non ho capito male, è in corso una rivoluzione, i potenti lasciano sotto la spinta di grandi moti di piazza, "i fratelli mussulmani" incalzano, ci sono state repressioni, in Libia sono morti a centinaia. Se non ho capito male, e quanto suddetto è vero, l'esodo da questi paesi oggi potrebbe avere caratteristiche diverse, anche in termini quantitativi, rispetto ai flussi migratori registrati fino ad alcuni mesi fa. Mi sembra che questi aspetti non possano essere sottovalutati dalla politica. Il vero problema è che in Italia non c'è politica, ma continue emergenze.

Postato da antonel il 18/02/2011 19:48

Mi permetto di aggiungere che il giochino dialettico tra profughi e clandestini è solo un espediente polemico, ma non corrisponde al vero. In realtà questi sono profughi nel senso stretto, tunisini in fuga da una guerra civile, seppur in stallo. Senza contare che arrivano da un Paese amico con il quale siamo in grado di trattare una volta passata l'emergenza. Ben diversi sono i flussi incontrollati di persone che arrivano da ogni dove senza una prospettiva. Si tratta di clandestini e bisogna evitare che la situazione sfugga al controllo perché non siamo in grado di affrontare un esodo biblico. E non tiriamo in ballo "le esigenze della nostra economia". Quest'anno il decreto ammette centomila flussi, ma la disoccupazione straniera è in aumento. E di molto.

Risposta di: Fulvio Scaglione (vice direttore FC)

Caro Antonel,

grazie per l'intervento. Mi sento obbligato, però, a correggere alcune Sue affermazioni che, a dispetto del vigore polemico, non corrispondono al vero.

1. i profughi tunisini "fuggono da una guerra civile". Non mi risulta che in Tunisia ci sia una guerra, ma comunque... Gli eritrei e i somali e i sudanesi che abbiamo respinto verso Gheddafi (a proposito: forse anche in Libia c'è una "guerra civile", o no?) fuggivano anche loro da guerre, fame, torture, violazioni dei diritti civili, dittature. Però li abbiamo respinti ugualmente.
2. non è vero ciò che Lei scrive, e cioè che "la disoccupazione straniera in Italia è in aumento. E di molto". Mi spiace ma è vero esattamente il contrario: il XVI° Rapporto nazionale sulle migrazioni della Fondazione Ismu attesta che tra nel 2010 "gli occupati stranieri sono saliti da 1 milione e 741mila a 1 milione e 924mila, con un aumento di oltre il 10% (e addirittura del 14% per quanto riguarda la componente femminile)".
3. sempre su questo tema: Le segnalo il Rapporto sul mercato del lavoro 2009 del Cnel, coordinato da Carlo Dell'Aringa, economista all'Università Cattolica di Milano e presidente Ref (Ricerche per l'economia e la finanza). Esso dice: i lavoratori immigrati sono indispensabili per far fronte al calo demografico, senza di loro l’Italia rimarrebbe a corto di manodopera.

Grazie ancora, a presto

Postato da antonel il 18/02/2011 19:38

L'Europa ha prima finto di aver ricevuto un rifiuto, poi ha stanziato - pare - cento milioni di euro. Maroni ha fatto bene, anzi benissimo a mandarli a quel paese. La politica dei sudditi succubi di Bruxelles non paga e non ha mai pagato. Quando Prodi era presidente della Commissione siamo stati dileggiati da tutti. Il Financial Times lo ha massacrato. E noi zitti a subire. Meglio tenere la schiena diritta e farsi rispettare, poi i risultati arrivano. Questo non significa non essere europeisti, significa solo non essere europei di serie B.

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