Montagna Longa, il dossier misterioso

Quasi 40 anni fa, a Palermo, si verificò uno dei disastri aerei più sconvolgenti. E forse non fu un incidente. I familiari delle vittime chiedono di riaprire le indagini sulla strage.

08/09/2010
Un'immagine del  Dc8 dell’Alitalia che il 5 maggio del 1972 si schiantò nei pressi dell’aeroporto palermitano di Punta Raisi, causando la morte di 115 persone.
Un'immagine del Dc8 dell’Alitalia che il 5 maggio del 1972 si schiantò nei pressi dell’aeroporto palermitano di Punta Raisi, causando la morte di 115 persone.

Il 5 maggio del 1972 un Dc8 dell’Alitalia si schiantò nei pressi dell’aeroporto palermitano di Punta Raisi, causando la morte di 115 persone. Per troppo tempo, la strage di Montagna Longa fu archiviata come una tragica sciagura, come un drammatico “incidente” attribuibile a cause naturali oppure a errori umani del pilota. Dalla cortina fumogena di silenzi, omissioni, depistaggi, insabbiamenti e complicità istituzionali, emerse il coraggio di un integerrimo funzionario della Polizia di Stato, il vicequestore di Trapani Giuseppe Peri.

    Diffidente nei confronti della versione ufficiale e ostacolato dai colleghi e dalle istituzioni, Peri avviò una “controinchiesta” ed elaborò, nel 1976, uno scottante dossier, dove ipotizzava che il procuratore generale di Genova Francesco Coco fosse stato ucciso dai terroristi neri (e non dalle Brigate Rosse) e che la strage di Montagna Longa fosse uno dei tasselli del mosaico della cosiddetta “strategia della tensione”. Secondo il vicequestore, infatti, non si sarebbe trattato di un incidente casuale, ma di un attentato di matrice “neo-fascista”, inquadrato in un inquietante contesto di inconfessabili rapporti tra mafia, eversione nera, servizi segreti deviati e poteri occulti.

    Per tanti anni, l’opinione pubblica ignorò l’esistenza di quel dossier, riscoperto, negli ultimi tempi, dai familiari della strage di Montagna Longa, grazie alla caparbietà di Maria Eleonora Fais, sorella di una delle vittime. In virtù del rapporto Peri, ma anche di un video che proverebbe l’ipotesi dell’attentato, i familiari delle vittime auspicano la riapertura delle indagini sulla sciagura aerea.

    In quella drammatica sera di maggio del 1972, morirono 108 passeggeri e 7 membri dell’equipaggio. Tra le vittime di Montagna Longa vi furono cittadini comuni e personaggi illustri: il magistrato Ignazio Alcamo; il regista Franco Indovina; i giornalisti Angela Fais, Alberto Scandone e Francesco Crispi; il figlio dell’allora allenatore della Juventus, Cestmyr Vycpaleck; l’ispettore generale del Banco Di Sicilia, Carmelo Valvo; ma anche professori universitari, studenti, medici, ingegneri, commercianti e imprenditori.

    A distanza di anni, alcuni giornalisti si soffermarono sulla presenza del magistrato Ignazio Alcamo (apprezzato per il suo rigore contro i mafiosi e i collusi) e della giornalista Angela Fais (brillante segretaria di redazione dei quotidiani L’Ora e Paese Sera). In particolare, Angela Fais stava approfondendo il tema delle trame “neofasciste” in Sicilia ed era in stretto contatto con il giornalista Giovanni Spampinato (corrispondente dei quotidiani L’Ora e L’Unità, assassinato nel 1972 da un rampollo della borghesia nera di Ragusa).

    Quando il vicequestore Peri iniziò ad indagare sulla strage di Montagna Longa, si soffermò su alcune “circostanze obiettive” che provavano la tesi dell’attentato: “Quella sera era l’ultimo giorno della campagna elettorale; parecchi cittadini di Carini, mentre erano in piazza a sentire l’ultimo comizio, insolitamente videro un aereo che sorvolava la zona e, come scrisse la stampa, già in fiamme; il pilota del DC 8, sorvolando Punta Raisi, diede la precedenza all’aereo proveniente da Catania ritardando, pertanto, di dieci minuti l’atterraggio; i cadaveri, secondo i medici legali, si presentavano disintegrati, cosa che non avviene, invece, a seguito di urti violenti; non fu identificata l’ultima vittima”.

    In base ad altri elementi, Peri ipotizzò che “anche il disastro di Montagna Longa, come la strage del treno Italicus ed altre stragi del Nord attribuite a trame eversive (come quella di Piazza della Loggia a Brescia nel giugno del 1974, o di Piazza Fontana a Milano nel dicembre del 1969), fosse un anello della Strategia della tensione”. Secondo il vicequestore Peri, inoltre, forze reazionarie e antidemocratiche organizzarono, alla vigilia di importanti elezioni, gli omicidi eccellenti del procuratore capo di Palermo, Pietro Scaglione (5 maggio del 1971), del giudice romano Vittorio Occorsio (10 luglio del 1976) e del procuratore generale di Genova, Francesco Coco (8 giugno del 1976).

    “La storia insegna – si legge nel dossier - che, nell’attuale Repubblica Italiana basata su istituzioni democratiche, per discreditarle e sovvertirle sono stati uccisi diversi Procuratori della Repubblica, colpendo, così, lo Stato al cuore, nei suoi Organi più rappresentativi”. Dopo avere trascorso gli ultimi anni della sua vita a decifrare i misteri degli anni Settanta e dopo essere scampato al sabotaggio della sua auto, il vicequestore Peri morì nel 1982, senza che le autorità dell’epoca prendessero in considerazione il suo dossier. Oggi, invece, quel rapporto scottante e dimenticato potrebbe contribuire a riaprire le indagini sulla strage di Montagna Longa e a rendere giustizia alle 115 vittime.

Pietro Scaglione
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Postato da aquila reale il 16/09/2010 14:52

Invece di credere alla versione ufficiale (stando alla versione ufficiale, Piazza Fontana sarebbe opera degli anarchici e non dei fascisti, come poi accertato!) e a criticare il povero pilota che non si puo' più difendere, invito Frassinello a leggere cosa scrisse Enrico Bellavia su Repubblica il 26 aprile del 2001: "Palermo Az 112, è sulla vostra verticale e lascia 5000 e riporterà sottovento, virando a destra, per la 25 sinistra", disse Roberto Bartoli, il comandante. "Ricevuto il vento è sempre calmo" rispose Palermo. "Ok, Bartoli". Poi fu il buio, il vuoto. Non ci fu altro perché il nastro della scatola nera era strappato. Non registrò un accidente di niente e di quello che successe a bordo dopo quell’ annuncio di discesa non si seppe nulla. A nessuno venne in mente di frugare, di cercare, di capire il come e il perché di un nastro che doveva esserci e non c’ era. Eppure quell’ assenza era il necessario corredo di un aereo caduto per disgrazia. Non venne in mente di analizzare i corpi, di verificare se avessero addosso tracce di esplosivo. L’ autopsia, poi. L’ autopsia la fecero a due cadaveri soltanto. Collo spezzato e intestini a vista. Poteva essere il risultato di un impatto? E quella borsa esplosa dall’ interno, come se una misteriosa forza dal di dentro ne avesse scardinato le cerniere, torcendo un barattolo di latta come se lo avessero preso a martellate? Poteva essere tutto questo compatibile con un impatto imprevedibile e imprevisto? Ma perfino il generale Lino dovette ammettere che con il nastro strappato rimaneva un mistero: "L’ analisi conduce a formulare le ipotesi di una situazione particolare determinatasi all’ interno della cabina di pilotaggio per l’ intervento di persone estranee oppure di un’ avaria che possa avere distolto per quasi due primi l’ equipaggio".... Bartoli era atterrato a Punta Raisi il 13 aprile precedente, conosceva a menadito quell’ aereo, aveva al suo attivo 8500 ore di volo e sul Dc 8 ne aveva fatte 737.......

Postato da frassinello il 14/09/2010 20:12

Chiedo scusa. Il pilota cui mi riferivo era il comandante Cerrina, torinese, responsabile del disastro del 22 dicembre 1978. Questo nulla toglie a quanto ho scritto. Mi permetto di allegare parte delle motivazioni della sentenza del processo per la sciagura di Montagna Longa. "In merito alle condizioni fisiche del comandante Bartoli, le visite di controllo semestrali effettuate presso l'Istituto di Medicina Legale di Roma avevano evidenziato un rapido deterioramento delle condizioni visive del Bartoli, cui in data 7 gennaio 1972 era stato riscontrato un visus naturale ridotto di 5/10 in ciascuno dei due occhi per ipermetropia (ed astigmatismo), ragion per cui si era fatto obbligo al soggetto di fare uso di lenti correttive non a contatto. Non risulta che il Bartoli, siccome prescritto, fosse in possesso di due paia di occhiali e che, siccome i colleghi riferivano, abitualmente ne facesse uso in volo.... mentre su Punta Raisi era stato istallato, dopo solo due giorni di prova, altro radiofaro di avvicinamento (PRS 329), avente minore potenza del primo, un settore di inattendibilità, dichiarato sui notams, compreso fra 95° e 210° (in pratica i quadranti a sud dell'aeroporto). Lo spostamento (e sostituzione del vecchio radiofaro), per quanto regolarmente segnalato sui notams e sulle cartine di bordo in dotazione agli aeromobili, non era stato recepito a dovere da tutti i piloti, con la conseguenza che nei primi tempi taluni piloti avevano corso il pericolo di tenere una rotta di avvicinamento all'aeroporto che presupponeva l'istallazione dell'NDB 355 ancora su Punta Raisi (ndr: precedente radiofaro)... L'infelice ubicazione del nuovo radiofaro in rapporto alle vicine montagne, la minore potenza dello stesso, ed altri particolari tecnici dell'impianto (vedi antenna) per i piloti che su di esso si regolavano erano spesso fonti di inconvenienti diversi... Sui predetti inconvenienti, peraltro incostanti nello spazio e nel tempo, riferivano, fra l'altro, i piloti Gìambalvo (f. 59 P.M.), De Lio (f. 58), Passerotti (f. 50), D'Alba (f. 51), Lusenti (f. 64), Volpi (f. 89), Conturi (f. 74), Atza (f. 73), Pattaro (f. 74). Quest'ultimo aveva rilevato il fenomeno della « falsa verticale » in data 4 maggio 1972 — il giorno prima dell'incidente — allorché era atterrato di notte a Punta Raisi con un volo proveniente da Napoli (gli aghi degli ADE si erano invertiti a circa 7 NM a Sud Sud-Ovest dall'aeroporto ed a 5 NM ad Ovest, Nord-Ovest dal VOR di Monte Gradara). Il mattino successivo, durante altro volo in avvicinamento all'aeroporto di Palermo, il Pattaro notava altre irregolarità del radiofaro..."

Postato da super80 il 14/09/2010 15:49

X Frassinello il secondo pilota aveva ben 1774 ore di volo sui DC-8! Era della provincia di Arezzo e proveniva dall'Aviazione Militare, come potete evincere da qui: http://www.montagnalonga.it/Rel_Tec_Form/Relazione%20Tecnico%20Formale%207.html Non stava facendo per nulla pratica.

Postato da aquila reale il 12/09/2010 17:36

Formulo i miei complimenti alla redazione di Famiglia Cristiana per questo appassionante articolo che ha dimostrato ancora una volta come Famiglia Cristiana sia un ottimo giornale, che ancora intenda il giornalismo come inchiesta e come approfondimento, in un mondo in cui il giornalismo sta diventando troppo spesso sinonimo di velinismo, di megafono del potere o di dossieraggio contro gli avversari.
     Venendo al merito dell'articolo, da siciliano mi sento in dovere di difendere l'articolo, perche' da sempre "vox populi" non e' convinta della tesi dell'incidente per il disastro aereo di Montagna Longa. Quindi ben vengano articoli come quello di Famiglia Cristiana che smuovono le acque sonnolente del Paese. In relazione alle critiche di un altro utente, invito Frassinello a leggere meglio l'articolo. La tesi di fondo non e' che la strage sia stata concepita per uccidere una "segretaria di redazione" (oltretutto la Fais era nota a Palermo come una delle migliori giornaliste del glorioso giornale L'Ora di Vittorio Nistico'), ma per attuare la strategia della tensione iniziata con Piazza Fontana. Prima di esprimere giudizi affrettati, leggete meglio gli articoli.
     Inoltre, credo che non sia delirante Famiglia Cristiana che riapre con coraggio un caso cosi' delicato, ma sia delirante attaccare chiunque osi dubitare della versione ufficiale dell'incidente, che fa acqua da tutte le parti). Cordiali saluti per la redazione di Famiglia Cristiana: mi raccomando, continuate a riaprire le ferite mai chiuse della nostra democrazia!

Postato da frassinello il 10/09/2010 17:35

Cari signori di Famiglia cristiana, questo è un articolo delirante. Sembra scritto da chi nega lo sbarco dell'uomo sulla Luna o la tragedia delle Torri Gemelle. Che un aereo con 115 persone a bordo sia stato fatto saltare per uccidere una segetaria di redazione...per favore!! Mi pare, tra l'altro, di ricordare che quell'aereo era pilotato in fase di atterraggio dal secondo, un pilota di piccoli aerei privati, torinese, che stava facendo pratica. Spesso la verità è più semplice di quanto si pensi.

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