Napolitano: fermiamo la nuova violenza

Nella Giornata dedicata alla Memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi il presidente della Repubblica invita a superare i momenti difficili

09/05/2013
Giovanni Ricci pronuncia il suo discorso in Senato
Giovanni Ricci pronuncia il suo discorso in Senato

Da Emanuele Petri, l’agente  della Polfer ucciso dieci anni fa ai fratelli Mattei, morti nel rogo di Primavalle 40 anni fa è un lungo elenco di caduti. Nell’aula del Senato, alla presenza del capo dello Stato si leggono nomi, luoghi e date degli anniversari “tondi”. La memoria di quello che è accaduto 15, 20, 35 anni fa viene rievocata alla presenza dei familiari delle vittime e delle istituzioni. Una Giornata fortemente voluta da Giorgio Napolitano e che, per la prima volta dopo cinque edizioni al Quirinale, si volge in un luogo diverso “perché i cittadini capiscano”, dice il capo dello Stato, “che se il Quirinale è la casa degli italiani, anche i due rami del Parlamento sono il luogo dove essi possono esprimersi ed essere rappresentati. Non sono i palazzi del potere”. Il presidente della Repubblica sottolinea i pericoli e i rischi che corriamo. “Oggi non possiamo stare tranquilli”, sostiene aggiungendo che “la violenza va fermata prima che si trasformi in eversione”.

Prima della cerimonia, Napolitano aveva conferito 15 onorificenze, tra gli altri anche ad Agnese Moro, Benedetta Tobagi, Silvia Giralucci. Tra i nuovi cavalieri della Repubblica anche Ilaria Moroni, alla cui tenacia si deve il rafforzarsi del progetto della rete degli archivi, e Alberto Conci, che, insieme con la moglie Natalina Mosna e a Paolo Grigolli, ha condotto un lavoro molto serio sulla memoria di quegli anni con i ragazzi delle scuole superiori di Trento. E proprio i ragazzi sono stati tra i protagonisti della Giornata. Premiate infatti molte scuole che, sugli anni di piombo e sull’uso della violenza politica, hanno costruito progetti  e iniziative. Sotto le tre parole affrescate sulla volta dell’aula del Senato – giustizia, fortezza, diritto – i parenti delle vittime, per bocca di Giovanni Ricci, Giampaolo Mattei e Giovanna Maggiani Chelli, sono tornati a chiedere non solo la verità su quelle morti, ma anche una presa in carico da parte delle istituzioni delle proprie responsabilità e di un passo verso l’avvenire. “Non si può delegare tutto alla magistratura”, ha spiegato la portavoce dell’Associazione fra i familiari delle vittime di via dei Georgofili, “queste vicende chiamano all’appello tutto il corpo sociale”.  “Chiediamo verità, giustizia e memoria”, le fa eco il fratello di Stefano e Virgilio Mattei, i due ragazzi “che oggi avrebbero 66 e 50 anni”, ricorda Giampaolo, “morti nel rogo cosiddetto di Primavalle”. “I colpevoli”, dice con rammarico, “rei confessi dopo 34 anni non hanno scontato neppure un giorno perché la pena era prescritta”. Occorre “rilettura e riflessione” su quegli anni, dice Giovanni Ricci ricordando suo padre Domenico e i suoi colleghi di lavoro che persero la vita in via Fani il 16 marzo. “Una rilettura serena. A via Fani il terrorismo perse la sua battaglia più importante uccidendo persone del popolo. E il popolo non li ha seguiti”. E poi conclude con una testimonianza che diventa monito anche per gli altri: “Dopo tanti anni ho sentito la necessità di lasciare l’odio e il rancore. Di non far ruotare la mia vita attraverso quel fotogramma degli ultimi istanti della vita di mio padre. Importanti sono stati tanti incontri con tante persone, in particolare quelli con i ragazzi delle scuole”. Ai quali Giovanni Ricci spiega le conseguenze della violenza politica e l’importanza della partecipazione alla vita democratica. “Più che un costruttore mi sento un giardiniere. Il costruttore finisce il suo edificio, io invece vorrei continuare a coltivare, a fare il giardiniere della nostra memoria collettiva, soprattutto davanti alle nuove generazioni”.

Annachiara Valle
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