No allo straniero, sì al suo lavoro

Mentre la politica riscopre la paura degli immigrati, le aziende li cercano per resistere sul mercato. L'Italia li teme ma ne ha bisogno e non vuole ammetterlo.

21/08/2010
Una manifestazione di lavoratori stranieri.
Una manifestazione di lavoratori stranieri.

Al primo odore di elezioni anticipate, i politici italiani hanno ripreso ad agitare lo spauracchio degli immigrati. Prima il ministro La Russa (anche allo scopo di mettere in crisi un Gianfranco Fini di colpo giudicato "buonista"), poi il ministro Maroni, ansioso forse di non farsi sottrarre la palma dell'intransigenza dal presidente francese Nicolas Sarkozy. Maroni si è spinto ad annunciare di voler chiedere all'Unione Europea "la possibilità di espellere anche cittadini comunitari", aggiungendo (con rimpianto, sembrerebbe dal tono dell'intervista al Corriere della Sera) che "da noi molti sinti e rom hanno cittadinanza italiana. Loro hanno diritto a restare, non si può fare niente".

     Bene ha fatto, quindi, monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana, a puntualizzare attraverso la Radio Vaticana due concetti fondamentali: il primo è che "il Governo italiano non può autonomamente decidere in riferimento a una politica europea che invece stabilisce sostanzialmente il diritto di insediamento e di movimento"; e il secondo, non meno importante, è che "l'azione che avviene contro i rom oggi, non è un'azione di politica migratoria - non dimentichiamo che anche in Italia, l'80% dei rom è italiano - ma è una politica discriminatoria nei confronti di una popolazione che, sostanzialmente, non si è riusciti a gestire attraverso canali che sono soprattutto di tipo sociale".

     La prontezza della politica nel servirsi della leva anti-straniero e anti-immigrato dice tutto della schizofrenia di questa nostra Italia. Perché i politici parlano in un modo (e magari i cittadini li votano) ma la realtà va esattamente in senso  opposto. Nel 2009, in piena crisi occupazionale (526 mila italiani in più senza lavoro), gli occupati stranieri sono cresciuti di 147 mila unità. Mentre la Fondazione "Leone Moressa", analizzando i dati Excelsior-Unioncamere, già ci dice che la tendenza proseguirà nel 2010: sono 181 mila i nuovi assunti stranieri previsti per l'anno in corso, pari al 22,6% di tutte le assunzioni previste. A far la parte del leone saranno le imprese sopra i 50 dipendenti, che cercano manodopera straniera da impiegare nei servizi alle persone (21,8%), lavoratori con esperienza nel settore (54,6%) e qualificati nel commercio e nei servizi (27%).

    In poche parole: non vogliamo gli stranieri, ma ci piace che il loro lavoro dia un contributo decisivo alla tenuta del nostro sistema produttivo e, di conseguenza, al benessere di tutto il Paese. Quando capiremo che le due cose non stanno insieme sarà sempre troppo tardi.

Fulvio Scaglione
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Postato da FRANCO PETRAGLIA il 23/08/2010 15:47

Caro Direttore,
le recenti dichiarazioni del nostro ministro dell'Interno Roberto Maroni, che si era detto pienamente d'accordo con Sarkozy sull'espulsione dei Rom, anche se comunitari, mi lasciano sconcertato e indignato. Bene ha fatto la Cei a far sentire la sua voce:”I rimpatri di gruppi rom decisi dalla Francia sono illegittimi, perchè riguardano sostanzialmente persone che hanno il diritto di movimento in Europa e d'insediamento”. Analoga risposta è stata fornita dall'Ue: “Si stanno violando i diritti sulla libera circolazione delle persone”. Personalmente, senza assumere atteggiamenti e toni cattedratici, mi sento di dire che le norme Ue non si toccano. E chi pretende di alterarle andrebbe contro il diritto internazionale. Sono sempre dell'avviso che è necessario aprirsi agli altri per poter crescere insieme: fonte di ricchezza morale, spirituale, culturale ed economica. Non riesco a capire come mai queste forme-atteggiamenti leghiste, a volte anche violente, di intolleranza e di rifiuto siano così irrazionali e profondamente radicate nel loro spirito. Diamo, invece, la giusta accoglienza-integrazione a questi nostri fratelli sfortunati che vengono da noi in cerca di pane e di lavoro per loro e le proprie famiglie. Non dimentichiamoci di essere stati anche noi (ricordo la mia personale permanenza in Gran Bretagna nel periodo 1961-1971), tra la fine Ottocento e primi del Novecento e, più tardi, negli anni Cinquanta, un Paese di emigranti. Non badiamo esclusivamente all'importazione di quelle badanti, colf e baby sitter che curano i nostri vecchi-anziani e assistono bambini, per lunghissime ore, senza contratti e contributi,lontane dai propri nuclei familiari e dai loro affetti per interessarsi delle nostre faccende. Insomma, caro ministro Maroni, in Italia c'è bisogno di una solidarietà “vigile” che promuova questi stranieri, che ne rispetti la dignità e li ponga in condizioni di superare i momenti di disagio. La furia iconoclastica, dettata dalla politica populistica attuale, ci fa dimenticare di essere figli dello stesso Padre, con gli stessi diritti ad una vita decorosa. Usciamo dal bozzolo dell'egoismo: uno dei mali peggiori del nostro tempo. O ci si volge al principio kantiano del “governo mondiale dell'umanità” oppure si va verso l'abisso. Che a me sembra, socialmente e politicamente parlando, a breve raggio. Ringrazio vivamente della cortese attenzione e porgo molti, molti cordiali saluti.
Franco Petraglia - Cervinara (AV)

Postato da Rosario Sasso il 23/08/2010 09:23

io parlerei di Persone, a prescindere dall'avere un documento "regolare". Bisogna rispettare tutte le persone a prescindere dalla provenienza, dalla religione etc. E poi come la mettiamo con i nostri cittadini "regolari" che utilizzano (sfruttano) gli immigrati nelle nostre campagne per lavori che i nostri cittadini "regolari" non vogliono più fare? come la mettiamo con chi, nonostante siano irregolari, affittano loro appartamenti senza pagare le tasse? Un po di coerenza non guasterebbe.

Postato da FrancescoGRASSI il 23/08/2010 00:13

Prima di parlare di immigrati regolari o irregolari, ricordiamoci che stiamo parlando di persone. E noi "cittadini italiani regolari" dovremo ricordarci l'insegnamento di un uomo che prima di finire sulla croce ci ha lasciato: "In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato". (Lc 18,9-14) Io mi sento un italiano peccatore, mi sento di avere la fortuna di vivere in una società ricca e di non fare abbastanza per i fratelli che sono nella povertà.

Postato da Andrea Annibale il 23/08/2010 00:03

Nel nostro passato storico, i movimenti migratori potevano significare un attentato alla sicurezza pubblica, vere a proprie guerre, con una scia di stupri, saccheggi e crimini efferati. Oggi possiamo, abbiamo l’occasione intendo, di governare i flussi migratori con civiltà, razionalità e fervore evangelico. E’ una grande occasione che ci si offre! Si cita spesso il passo della Bibbia per cui l’ospite è sacro, in quanto in base alla Storia ebraica, anche il popolo di Israele fu straniero (schiavo/ospite) in terra d’Egitto. Tuttavia, questo passo della Bibbia può fare riferimento ad una ospitalità temporanea verso un ospite di passaggio. Oltre al sempre citato Matteo, 25, 31-46, mi sembra si debba far riferimento al concetto di giustizia sociale come richiamato dal Vangelo delle Beatitudini: “beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati” (Matteo, 5,6). Questa “giustizia” cristiana impone che ci si adoperi perché i movimenti migratori avvengano alla luce della dignità dell’uomo e della sua sicurezza. La dignità e la sicurezza di tutti gli uomini, l’ospite attivo (chi ospita) e quello passivo (chi viene ospitato). Domandiamoci: è colpa dell’immigrato se gli italiani non fanno figli e non accettano più i lavori che gli immigrati invece accettano? Questo concetto di giustizia del Vangelo delle Beatitudini che include senz’altro anche la giustizia sociale non esclude il concetto di sostenibilità sociale dell’immigrazione dato, che, come ho scritto, l’esistenza delle Nazioni con i loro confini ha un senso anche cristiano ed il cristianesimo non equivale né ad anarchia, né ad un universalismo irresponsabile che non sa vedere oltre alle istanze di giustizia sociale, le istanze di sostenibilità legale e sociale dei flussi migratori. E’ giusto il sistema delle quote, ma come gestirlo in concreto? Perché non organizzare centri di smistamento all’estero, finanziati son fondi europei, che sostituiscano certe prigioni disumane? Perché non organizzare all’estero centri di selezione per il lavoro in Italia e per la valutazione del diritto d’asilo? Oltre che valutazioni evangeliche di giustizia sociale, l’esigenza di gestire i flussi migratori con civiltà, dignità e giustizia è imposto anche dai Trattati internazionali. I cristiani non possono lasciare che accada mai più nella Storia che i socialisti, i comunisti, i marxisti siano gli unici ad avanzare istanze di civiltà e giustizia sociale, ma, alla luce del Vangelo delle Beatitudini e di Matteo, 25, devono affermare un senso cattolico della solidarietà e della giustizia sociale, proponendolo a tutti gli uomini di buona volontà, sulla base delle Encicliche sociali che si sono succedute e sulla base del Vangelo. Il cattolicesimo deve mostrarsi come movimento di avanguardia sui temi della integrazione scolastica, sociale, umana, lavorativa, culturale, psicologica degli immigrati extracomunitari e non, secondo il mio modesto parere proprio alla luce del concetto di “giustizia” di cui parla il Vangelo delle Beatitudini oltre che di Matteo, 25. Ciao

Postato da Libero Leo il 22/08/2010 09:47

Fulvio Scaglione parla genericamente di immigrati. Per evitare equivoci e polemiche pretestuose (sempre che si vogliano evitare e non alimentare) sarebbe bene distinguere sempre tra immigrati regolari ed immigrati irregolari. E' probabile che coloro che sono criticati da Scaglione intendano riferisi agli immigrati irregolari, mentre Scaglione faccia implicito riferimento agli immigrati regolari. Sarebbe bene che Scaglione chiarisse che cosa ritiene opportuno fare relativamente agli immigrati irregolari.

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