18/03/2011
A Bengasi, i ribelli anti-Gheddafi fanno il segno della vittoria dopo l'annuncio della Risoluzione Onu.
Con la Risoluzione 1973, approvata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu con il "sì" di 10 Paesi e l'astensione di Russia, Cina, Germania, India e Brasile, la comunità internazionale ha disconosciuto in modo definitivo e irreversibile il regime di Muhammar Gheddafi. La Libia, da ieri, è di fatto equiparata all'Iraq di Saddam Hussein (dove la no fly zone venne istituita nel 1991), alla Bosnia assediata dai serbi (1993) e al Kosovo occupato da Milosveci (1999).
Il documento, come ormai si sa, autorizza la realizzazione di una "no fly zone" (zona sottoposta a blocco aereo) e l'uso di "tutte le misure necessarie" per "proteggere i civili e le aree civili popolate sotto minaccia di attacco in Libia, compresa Bengasi". La stessa Risoluzione impone misure ancora più di embargo militare ed economico (compreso il blocco delle finanziarie libiche e della compagnia petrolifera nazionale) ma esclude qualunque forma di occupazione armata.
Un Tornado, uno dei velivoli che la Nato potrebbe impiegare contro l'aviazione di Gheddafi.
Fronte atlantico contro Paesi emergenti
Il provvedimento è di incerta efficacia, come i precedenti dimostrano:
Gheddafi lo sa e infatti ha subito proclamato un "cessate il fuoco" che
non gli impedisce azioni più mirate e difficili da rilevare. La
Risoluzione, inoltre, arriva tardi, dopo settimane di esitazioni e
trattative diplomatiche. Forse troppo tardi per salvare quell'abbozzo di
Governo alternativo a Gheddafi che nel frattempo si era formato a
Bengasi, ma comunque in tempo per dare il colpo di grazia alla
sopravvivenza politica del regime del Rais.
E' degno di nota il fatto che la Risoluzione è stata promossa e
appoggiata dal tradizionale "fronte Atlantico" formato da Usa e Gran
Bretagna e dalla Francia di Sarkozy, mentre è stata tiepidamente
tollerata dai Paesi economicamente emergenti, senza distinzione di
continente. L'astensione di Germania e Russia (Europa), Cina e India
(Asia) e Brasile (America del Sud) indica con chiarezza la
preoccupazione che la sponda Sud del Mediterraneo, con la sua ricca dote
di rilevanza geostrategica e ricchezze energetiche, possa diventare una
sorta di "protettorato" americano, viste le salde teste di ponte
politiche che la Casa Bianca, negli ultimi tempi, è riuscita a costruire
nell'Egitto della cacciata di Hosni Mubarak e nella Tunisia della
cacciata di Ben Alì. Al contrario, l'adesione compatta dei Paesi
dell'Africa (nel Consiglio di sicurezza siedono, come membri temporanei,
Nigeria, sudafrica e Gabon) testimonia dell'esatto contrario, e
dell'insofferenza maturata nei confronti di Gheddafi.
Giovani sostenitori di Gheddafi a Tripoli.
Europa con le ossa rotte
L'Europa esce da questa crisi con le ossa rotte. Due Stati
dell'Unione Europea la rappresentano el Consiglio di Sicurezza, Germania
e Francia: hanno votato in modo diverso. La Russia, altro membro
permanente del Consiglio, si è schierata col fronte asiatico, memore dei
propri interessi petroliferi. Difficile peraltro aspettarsi un esito
diverso da quando, con le elezioni del 2009, il Governo dell'Unione è
passato in larga parte a partiti di centrodestra fino ad allora
palesemente euroscettici o a movimenti di destra a forte carattere
nazionalista o, addirittura, localista. Mai l'Unione Europea è stata
così lontana dall'avere una politica estera comune.
Resta ora da vedere che cosa potrà concretamente avvenire sul
terreno, in Libia. Se la Risoluzione Onu sarà applicata con vigore, i
ribelli di Bengasi avranno respiro e potranno riorganizzarsi. Gheddafi,
per converso, resterà leader, ma di un Paese amputato di una parte non
secondaria. In prospettiva, gli Usa potrebbero voler ripetere le
esperienze del Kosovo (diventato, di fatto, un governatorato Usa) e del
Sud Sudan, portato all'indipendenza da una lunga e tenace opera
diplomatica. Ma questo è già un ipotetico futuro. L'oggi parla di un
Gheddafi ancora capace di tenere in scacco le stesse nazioni che si
erano precipitate a rifornirlo di armi e quattrini e a nominarlo custode
unico della politica migratoria dell'Europa.
Fulvio Scaglione