10/06/2011
Il logo della campagna Noppaw.
In queste ultime settimane sono state moltissime le iniziative e gli incontri in cui, ancora una volta, la nostra attenzione si è concentrata sulla grande ricchezza del mondo femminile, specie della donna africana. Così come sono emerse le tante contraddizioni che esistono nella nostra società, dove la donna è ancora considerata non come risorsa di mente e di cuore, ma semplicemente per i vari servizi che può offrire, tra cui quello manuale e soprattutto sessuale.
In alcuni di questi incontri erano presenti e coinvolte le stesse donne africane che chiedono alle nostre istituzioni e alla nostra Chiesa più attenzione e rispetto, libertà e dignità, riconoscimento e apprezzamento. Durante il viaggio intrapreso con due suore nigeriane in varie regioni d’Italia abbiamo potuto approfondire sul campo il problema della tratta di esseri umani per lo sfruttamento sessuale, costatare di persona il lavoro fatto per il contrasto di questo fenomeno, ma soprattutto renderci conto di quanto rimane ancora da fare per sconfiggere la prostituzione coatta di tante donne, specialmente nigeriane.
Negli stessi giorni ho partecipato all’incontro organizzato, presso il ministero degli Affari Esteri a Roma, per la presentazione della Campagna di NOPPAW per il conferimento del Premio Nobel per la Pace 2011 alle donne d’Africa. Contemporaneamente tale candidatura veniva presentata direttamente al Comitato a Oslo. Moltissime erano le delegazioni di donne africane desiderose di offrire il loro contributo per una società giusta e pacifica, fondata su giustizia, equità, rispetto, dignità.
L’immagine più bella e vera che è uscita dalla presentazione di questa campagna è quella di una donna gioiosa, laboriosa, intuitiva, intraprendente, profondamente religiosa e costantemente in cammino. Ben venga dunque il Premio Nobel alle donne africane. Ma dobbiamo essere consapevoli che non potremo godere di questo traguardo se non avremo sconfitto la schiavitù di tante, troppe donne africane, costrette a vivere e a consumarsi sui nostri marciapiedi ad uso e consumo dei clienti del sesso a pagamento.
Non è possibile riconoscere alle donne africane il loro grande valore e apporto alla società, con la loro intraprendenza, tenacia e coraggio, senza ricordare anche tutte coloro che sono umiliate e sfruttate, costrette a vendere il loro giovane corpo insieme ai loro sogni, alla loro giovinezza e alla loro voglia di vivere una vita dignitosa e utile per loro e per la loro famiglia. Solo sconfiggendo la tratta di esseri umani, la nostra campagna per il Premio Nobel per la Pace 2011 avrà senso e valore. Perché anche le donne sfruttate potranno goderne, giacché loro stesse si saranno riappropriate del premio più grande: la loro dignità e libertà.
Suor Eugenia Bonetti