Nozze gay, la Francia torna in piazza

Seconda manifestazione, dopo quella del 13 gennaio, per dire no al disegno di legge sul matrimonio tra omosessuali. Dal 4 aprile la discussione in Senato

25/03/2013
Il ministro della Giustizia francese Christiane Taubira durante il dibattito all'Assemblea Nazionale sulle nozze gay (Reuters)
Il ministro della Giustizia francese Christiane Taubira durante il dibattito all'Assemblea Nazionale sulle nozze gay (Reuters)

Se mancava la conferma dopo la manifestazione di domenica 24 marzo è arrivata: la mobilitazione popolare contro il disegno di legge sulle nozze gay in Francia non riguarda solo i cattolici ma è trasversale (e questo lo si era visto già il 13 gennaio scorso) ma soprattutto chi protesta non ha alcuna intenzione di mollare e smettere di farsi sentire.

Il matrimonio tra omosessuali e lo stravolgimento del diritto di famiglia con l’abolizione dei termini "padre" e "madre", sostituiti da "genitore 1" e "genitore 2", alla stragrande maggioranza dei francesi non piace. Da un sondaggio lanciato da Le Figaro, ad esempio, è emerso che l’80 per cento pensa che il governo dovrebbe fare marcia indietro, ritirare il provvedimento e sottoporlo al giudizio popolare tramite referendum. Molti pensano anche che Hollande dovrebbe occuparsi di più della grave crisi sociale ed economica che sta investendo il Paese con la disoccupazione in costante aumento. «Vogliamo lavoro, non matrimoni gay», è stato uno degli slogan più gettonati tra i manifestanti. «La priorità è Aulnay, non il matrimonio gay!», c’era scritto su un altro cartello. Il riferimento è al comune a nord di Parigi che oggi attraversa enormi difficoltà a causa della chiusura dell'impianto locale della Citroen che dava lavoro a migliaia di persone del posto.  

Momenti di tensione – Domenica scorsa, quindi, centinaia di migliaia di francesi (famiglie con bambini, preti, suore, molti vescovi, varie femministe ed esponenti delle associazioni gay, leader delle altre religioni) hanno invaso per la seconda volta in pochi mesi il centro di Parigi per rivendicare che il matrimonio può essere soltanto tra un uomo e una donna. Alla fine c’è stata la solita schermaglia sulle cifre: 300 mila manifestanti secondo la polizia di Parigi; oltre un milione e mezzo per gli organizzatori della manifestazione. Non sono mancati momenti di tensione quando la polizia ha sparato lacrimogeni contro un centinaio di dimostranti che tentava di raggiungere i centralissimi Champs Elysees, off limits perché la prefettura di Parigi aveva negato il permesso di manifestare sull'arteria più famosa della Capitale.
Alla fine il ministro dell'Interno, Manuel Valls, ha annunciato che sono state fermate sei persone. Valls ha puntato il dito contro militanti di estrema destra che hanno lanciato bulloni contro le forze dell'ordine, il cui comportamento, ha detto, è stato «controllato e professionale». Alla manifestazione hanno partecipato, tra gli altri, anche il vescovo di Saint-Etienne, Dominique Lebrun, e il cardinale di Lione, Philippe Barbarin che ha spiegato:  «Non rende un servizio al Paese chi modifica la realtà delle cose».  

Via stretta al Senato – Perché si è deciso di scendere in piazza di nuovo? Nei manifesti di convocazione della  manifestazione si leggeva «Non è troppo tardi» e «Liberiamo la democrazia dal pensiero unico». La proposta di legge, infatti, è stata approvata a febbraio dall’Assemblea Nazionale dopo una maratona di 10 giorni, quasi 110 ore di dibattiti e più di 5 mila emendamenti discussi. Alla fine la vittoria del sì è stata netta, con 329 voti a favore, cento di più dei voti contrari, 229, 10 gli astenuti. 
Al Senato, però, dove sbarcherà dal 4 aprile, il cammino del disegno di legge si preannuncia più ostico e meno scontato. I socialisti e le sinistre dispongono solo di sei voti in più della maggioranza prescritta per l'approvazione. Una pressione popolare importante potrebbe anche indurre Hollande a fare dietrofront.
Il governo socialista per evitare intoppi ha rinunciato a una serie di emendamenti che proponevano l’accesso garantito alla fecondazione assistita per le coppie formate da persone dello stesso sesso e la liberalizzazione degli uteri in affitto. Ha previsto però il diritto all’adotion plenière. Questo significa che una coppia omosessuale sposata regolarmente secondo la legge francese potrebbe ricorrere alle tecniche di fecondazione artificiale o anche all’utero in affitto per avere un figlio. In quel caso il neonato, figlio di uno dei due componenti della coppia, verrebbe adottato dall’altro secondo quanto prevederà la legge.

Antonio Sanfrancesco
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Postato da PaolaSchiavetti il 29/03/2013 16:12

Se per l'appunto la priorità dei francesci (così come per gli italiani ;-) è il Lavoro e non il matrimonio Gay, a che pro accanirsi contro una legge che sta già facendo il suo corso e che di buona grazia non costerà un euro al paese?

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