26/08/2011
Il Governo libico ad interim durante la conferenza stampa di ieri a Tripoli, in cui il nuovo "ministro" delle Finanze Ali al-Tarhuni ha annunciato che l'esportazione di greggio potrebbe riprendere entro due settimane.
La maggior parte dei giacimenti petroliferi libici sono sfruttabili per oltre il 90%, essendo stati danneggiati dalla guerra solo in maniera ridotta. Lo ha stimato
Ali Tarhouni, il funzionario responsabile delle questioni petrolifere del governo dei ribelli libici, una sorta di ministro delle Finanze del Consiglio nazionale transitorio, che guarda già oltre il conflitto e alla pacificazione. Ecco il video dell'intervento ieri a Tripoli con il nuovo Governo "ombra" che potrebbe a breve prendere le redini dela nuova Libia:
«La condizione dei giacimenti è molto migliore di quello che ci si aspettava», ha detto Tharuni esprimendo la speranza che l'esportazione di greggio possa riprendere entro due settimane, tornando a livelli normali in circa un anno. Ha anche affermato che la Libia continuerà a rispettare i contratti sottoscritti con le compagnie petrolifere.
Intanto, la Libia che nasce dalle ceneri del regime e della guerra
civile ha disperato bisogno di soldi e chiede 5 miliardi di dollari per
ripartire. Ma l'Onu ne ha concessi per ora solo 1,5 miliardi. Mentre a
Tripoli e in altre parti del Paese, compresa Sirte, la città natale di Gheddafi, i combattimenti infuriano ed è in corso la
caccia senza quartiere al Colonnello, da Doha, in Qatar, a dare
voce alla richiesta di fondi è stato Aref Ali Nayed, rappresentante presso il Gruppo
di contatto del Consiglio nazionale transitorio (Cnt), l'organo
politico degli insorti, che ha sollecitato il Consiglio di sicurezza a
sbloccare cinque miliardi di dollari, prelevabili dall'enorme tesoro accumulato dal regime (e bloccato dalle Nazioni Unite), perchè siano
disponibili entro la fine del mese. «Chiediamo lo sblocco di cinque
miliardi di dollari di asset libici - ha dichiarato Nayed - per
cominciare a ricostruire il Paese. Ci saranno altre richieste in futuro,
ma adesso abbiamo urgentemente bisogno di questi soldi per sorreggere
l'economia».
Una richiesta alla quale oggi ha fatto da sponda Ahmet Davutoglu,
ministro degli Esteri turco da Istanbul, dove si è riunito il
Gruppo di contatto sulla Libia: «Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite deve fare i passi necessari per venire incontro alle esigenze
finanziarie del popolo libico». Poi in serata l'accordo a Palazzo di
Vetro, frutto di un'intesa tra Stati Uniti e Sudafrica, che all'inizio si
opponeva alla misura. Quelli sbloccati, tuttavia, sono soltanto fondi trattenuti
nelle banche statunitensi, 500 milioni dei quali andranno a gruppi umanitari
internazionali, 500 al Consiglio nazionale transitorio libico per pagare i salari e i servizi essenziali,
500 per acquistare carburante e altri beni di prima necessità. L'Italia
da parte sua, come ha promesso il premier Silvio Berlusconi al primo ministro
del Cnt, Mahmud Jibril, sbloccherà i fondi trattenuti negli istituti di credito italiani, con una prima tranche subito disponibile di 350 milioni di
euro.
Ora la comunità internazionale deve trovare gli altri 3 miliardi di
dollari circa per raggiungere l'ammontare chiesto dal Cnt per la prima
tranche di aiuti. Somma che è comunque una goccia nell'oceano del tesoro dei
fondi sovrani creati dal regime di Gheddafi durante gli oltre 40 anni di potere: soldi sparsi nel mondo - con diramazioni anche in
società italiane - che si stima possano ammontare a 160-170 miliardi di dollari.
I primi aiuti dovranno poi essere seguiti da investimenti massicci: infrastrutture capaci di attirare investimenti, far ripartire
l'industria petrolifera e dare una più decisa spinta all'economia. Serviranno almeno altri 100 miliardi di dollari, 20 l'anno per il prossimo quinquennio, stima Lahcen Ashy, del Carbegie
Middle East Center di Beirut, interpellato da France Presse.
Il nuovo governo dovrà ripartire dalla tabula rasa lasciata
da oltre 40 anni di regime totalitario e corrotto, che ha dilapidato
gran parte dei proventi del petrolio. La Libia,
che dispone di riserve stimate in 44 miliardi di barili di greggio di
buona qualità, prima dell'inizio della guerra civile esportava fra 1,5 e
1,8 milioni di barili il giorno. Secondo recenti dichiarazioni del
presidente della Compagnia petrolifera libica (Noc), Shukri Ghanem, «non
sarà possibile riprendere la produzione immediatamente... ci vorranno
forse tre o quattro mesi per ricominciare, forse due anni per tornare
alla produzione precedente». Fino ad allora la Libia potrebbe non avere
introiti.
Intanto Gheddafi non si arrende e incita alla guerra santa contro i ribelli e gli occidentali a Tripoli. Ecco il video diffuso ieri nelle stesse ore in cui i ribelli annunciavano di avere circondato il probabile nascondiglio del Rais:
Pino Pignatta