04/10/2011
Ha parlato la Chiesa, ha parlato Confindustria.
È, di nuovo, intervenuto il capo
dello Stato, Giorgio Napolitano,
mentre alla Cassazione si depositavano un
milione e duecentomila firme di cittadini
per abrogare il “porcellum”. Cioè quel sistema
elettorale che ha espropriato i cittadini
del diritto di eleggere i propri rappresentanti,
affidandolo ai segretari di partito.
Il presidente della Repubblica, vero uomo
delle istituzioni, ha ripreso in mano le
redini di un Paese sfilacciato. Dopo un severo
richiamo all’unità d’Italia e contro la secessione
e un’inesistente nazione del Nord.
E ha sottolineato la necessità di una nuova
legge elettorale, che ripristini la fiducia della
gente nella politica. Mai così in basso.
È ciò che anche il presidente dei vescovi
italiani, cardinale Bagnasco, ha chiesto di recente,
nella sua prolusione al Consiglio permanente.
È arrivato il momento della verità.
L’Italia è alle prese con una crisi “vasta” e “devastante”.
Nasconderla non giova al Paese.
Nonostante lo zelo di servi e cortigiani che si
spendono per “soccorrere” chi ha perso di vista
il “bene comune” a vantaggio di interessi
personali e privati. La situazione è troppo
grave per non essere presa sul serio.
Le famiglie sono allo stremo. I giovani guardano al futuro con crescente preoccupazione.
L’inflazione, mai così alta negli ultimi
anni, erode stipendi e potere d’acquisto
di chi fa fatica a mettere anche il cibo sulla tavola.
Quattro Manovre finanziarie, nel giro
di poche settimane, non sono riuscite a dare
un minimo di serenità al Paese. Nel mese di
agosto, i costi dei mutui sulla casa sono aumentati
del 10 per cento.
Ma non si vedono all’orizzonte soluzioni,
né risposte. L’Italia è una nave senza timoniere,
in un mare in tempesta. Il potere, arroccato
nei Palazzi, si consuma tra litigi e faide.
Non ha coscienza dei drammi della gente e
dello sfascio del Paese. Se «togli il diritto», ha
ricordato Benedetto XVI, nel suo recente viaggio
in Germania, citando sant’Agostino, «nulla
distingue lo Stato da una grande banda di
briganti». Il “disperato ottimismo” di chi è
abbarbicato al potere è un danno al Paese e
un freno alla crescita. Ma anche un insulto
alle famiglie in difficoltà. O a chi denuncia
corruzione e comitati d’affari, che devastano
la vita sociale e politica.
L’appello del cardinale Bagnasco a “purificare
l’aria”, che si aggiunge a tanti altri “avvisi
al navigante”, non va lasciato cadere nel
vuoto. Tanto meno stemperato da solerti
“pompieri”, anche di una parte del mondo
cattolico, eccessivamente indulgente nei confronti
di comportamenti e stili di vita licenziosi,
in contrasto col decoro delle istituzioni.
E, soprattutto, col Vangelo.
Siamo al limite. Oltre c’è solo il baratro di
un Paese alla bancarotta. L’appello alle forze
sane della società civile è quantomai urgente.
In prima fila i cattolici, perché tornino, seriamente,
a fare politica. Quella “alta” del
servizio ai cittadini e al bene comune.