16/05/2011
Siamo ancora a metà pomeriggio: dopo i primi exit poll cominciano a giungere previsioni un poco più ragionate, mentre i dati del ministero degli Interni riguardano circa il 10 per cento delle sezioni. Parliamo dei probabili risultati con Luca Comodo, Direttore del Dipartimento Politico-sociale della Ipsos, azienda nota per i sondaggi d’opinione.
Quella che si prefigura è una piccola rivoluzione?
"Sì. Due le questioni a mio avviso principali: la mancata disaffezione al voto e i primi scricchiolii della base sociale che guarda a Berlusconi, nonostante che il premier si sia speso molto in vista di questa tornata elettorale".
La gente è tornata a votare.
"Sì. A Milano l’affluenza del 2011 è tornata ad essere quella del 2006. A Torino ha votato l’1,8 per cento in più. Segnale che è stata battaglia vera. Il voto locale mobilita maggiormente rispetto a quello nazionale e in qualche modo lo anticipa: i cittadini si sentono più vicini e meglio rappresentati dagli amministratori, un po’ come in Francia dove non puoi diventare un uomo politico di primo piano se non hai governato localmente. La gente è stufa di incomprensibili massimi sistemi e non stima il “politico” di professione".
Tiriamo un bel sospiro di sollievo, allora.
"Indubbiamente. In tutte le rilevazione dei mesi scorsi vedevamo crescere la distanza tra la politica e la gente: la prima sempre più incomprensibile, la seconda alla prese con problemi concreti sempre più scottanti. Una situazione davvero preoccupante. Poi ci sono altre conferme.
Quali?
"La “sofferenza” dei candidati percepiti come appartenenti al “ceto politico”. A sinistra, ad esempio, trafitti dai Grillini. A Milano, dove la candidatura Pisapia mostrava chiaramente un distacco dai partiti (e dal partito Pd) i Grillini non hanno sfondato. A Bologna sono al 10 per cento".
E il cosiddetto terzo Polo?
"Non ha inciso: a Torino Terzo Polo e Grillo hanno gli stessi voti, il risultato di Palmeri a Milano (5 per cento) non è entusiasmante, a Bologna il Terzo Polo è al 5 per cento con i Grillini, l’abbiamo detto, al 10".
L’altra grande questione, diceva, è lo scricchiolare del sostegno a Berlusconi.
"I segnali ci sono tutti ma si tratta, appunto, di segnali: non di una rivoluzione. L’impressione comunque è che un riassetto complessivo degli equilibri politici del Centro Destra sia dietro l’angolo. Ma, per valutare la situazione occorre attendere i voti dei Comuni nel quali la Lega corre da sola: Varese, Gallarate, Busto Arsizio…
I partiti non hanno saputo ascoltare i segnali deboli…
"A Milano la Moratti ha sbagliato a radicalizzare la campagna elettorale negli ultimi giorni ma le nostre rilevazioni la vedevano già in difficoltà a marzo, già allora testa a testa con Pisapia. Aspettiamo di vedere i voti di lista: ricordo che già nel 2006 91 mila elettori milanesi (non pochi: quasi il 10 per cento) votarono per un candidato sindaco ma non per un partito. Allora il candidato di sinistra, l’ex prefetto Ferrante, ottenne il 44,6 per cento. Vuol dire che anche il centrosinistra non è andato molto avanti: trascina il candidato, non il partito".
Per tornare a Berlusconi…
"Una cosa è chiara: si è logorata moltissimo, negli elettori, la percezione di un governo “del fare”. Dopo il governo Prodi considerato, a torto o a ragione, imbelle e litigioso, gli italiani hanno chiesto un governo che governasse, che facesse. Oggi emerge in tutta la sua drammaticità la difficoltà del governo a far seguire i fatti alle parole".
Mauro Broggi