24/12/2011
Da sinistra: Casini, Giovanardi, Berlusconi, il premier Monti, il ministro Cancellieri e Bersani.
Se
i capi dei partiti dicono in privato una cosa e in pubblico una cosa diversa,
se i medesimi capi litigano in pubblico ma in privato cercano accordi, l’uomo
della strada commenterebbe che così succede da sempre. E non solo in politica.
Grande finanza, banche, imprenditoria, mondo sindacale, dovunque l’apparenza
tende a mascherare la sostanza. Ma non divaghiamo.
Qui si parla dell’Italia che si affaccia al
2012, del primo ministro Monti che dai partiti riceve “più sostegno di quanto
lascino credere”, dei leader che in Tv polemizzano ma in casa loro si sentono e
si telefonano “molto più di quanto voi pensiate”. Dove il “voi” sta per noi
cittadini, troppo ininfluenti per essere a nostra volta consultati. Il fatto è che noi gente qualsiasi non
vorremmo limitarci a “pensare”, ma gradiremmo “sapere”. E non perché ci
scandalizzi più del solito la doppia faccia dei politici, alla quale abbiamo
fatto l’abitudine.
Se
chiediamo stavolta un minimo di chiarezza è perché, diversamente dagli ultimi
decenni, il gioco politico non riguarda soltanto i suoi protagonisti. Ogni
decisione dall’alto investe in modo nuovo il presente degli adulti e il futuro
dei giovani, l’economia delle famiglie, la minaccia ai risparmi, addirittura i
quattro soldi per arrivare alla fine del mese. Ora sarebbe stupido sostenere che i
politici ignorino tutto questo. Lo sanno benissimo, e spesso lavorano per
migliorare davvero le cose. Però non vogliono renderci partecipi della loro
azione. Per quale motivo? Vediamo un po’ di ragionare.
Ovvio che, dopo scontri che si
protraggono dal remoto dopoguerra, i partiti non possono passare di colpo all’embrassons nous. Però non è solo questione di vertici politici. Anche la gran
massa degli elettori soggiace a influssi, suggestioni, parole d’ordine,
mitomanie di ogni genere. Non è quindi da escludere, anzi è altamente
probabile che il riserbo dei leader derivi soprattutto dal timore che la loro
passata propaganda sia stata assai più dannosa che utile.
Quelli di destra
hanno convinto i seguaci che la controparte è comunista. All’inverso, guerra ai
reazionari. Sono stati d’animo radicati come stratificazioni geologiche. Vagli
a dire, oggi, che Berlusconi e Bersani potrebbero anche mettersi d’accordo,
almeno sulle prospettive fondamentali. Al contadino, insomma, non far
sapere quanto è buono il formaggio con le pere.
Una conciliazione degli animi,
come da gran tempo la auspica Napolitano, è materia da maneggiare con le molle.
Presto o tardi, tuttavia, dovranno pur cominciare a scottarsi. Questo per le
attuali forze (o debolezze) di maggioranza. Ma non dimentichiamo quel risvolto
grottesco, e a suo modo speculare, che è costituito dal maggior gruppo
d’opposizione, la Lega.
Anche Bossi e soci hanno i loro buoni
villici, disorientati e bisognosi di convinzione. Al contrario però di Pd e
Pdl, non stanno scegliendo la gradualità, un passo alla volta. Dimentichi di
aver governato fino a due mesi fa, attribuiscono al neonato ministero tutti i
mali del presente, inneggiano alla secessione padana, schiamazzano in quel
Parlamento dove conservano seggi e privilegi, non rinunciano a lucrose
prebende, irridono agli antichi alleati (antichi fino all’altro ieri), fanno
insomma i dinamitardi dopo un decennio da pompieri.
Se
i capi leghisti si limitassero ad associarsi a quanti deplorano il maggior peso
che grava sulle famiglie, e la vessazione fiscale ai soliti noti, nessuno
avrebbe obiezioni. Ma nel loro zelo scomposto accusano tutti, e di tutto,
assolvendo solo se stessi e anzi encomiandosi. Roba da vergognarsi, se
conoscessero il rossore.
Giorgio Vecchiato