Pavia, capitale del gioco d'azzardo

Una città che tenta la fortuna con le slot machine giorno e notte, dove un giocatore su quattro è donna. Nel 2011 ogni cittadino ha bruciato 2.879 euro con videopoker e macchinette.

18/07/2012
foto Thinkstock
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La prima volta già a 10 anni
I “demoni”, vale a dire le slot, sono disseminati ovunque: bar, sale giochi, tabaccherie, pub. Se ne trovano persino in una latteria e al distributore di benzina. In tutto fanno 520: una macchinetta ogni 136 abitanti. «Era la primavera del 2005. Entro in un bar. Subito mi attraggono le loro lucine e la nenia incessante che continuano ad emettere. Ne scelgo uno dei due e inizio a infilarci, una dopo l’altra, le prime monete da un euro. Non vinco nulla. Il giorno dopo ci riprovo. Cambio 20 euro in moneta e comincio». Andrea (nome di fantasia), 50 anni, racconta così l'inizio del suo incubo. Potrebbe essere l'incipit di tante altre storie di vite bruciate perché, si sa, nella miseria ogni vicenda si somiglia. Almeno all'inizio. Poi dipende da chi incontri sulla tua strada. «Per me la Provvidenza ha il volto di tutte quelle persone che mi hanno voluto aiutare», continua Andrea. Una di queste è Simone Feder, psicologo, che insieme ad un gruppo di volontari della “Casa del giovane” si occupa del recupero dei giocatori d'azzardo che per lo Stato restano dei fantasmi visto che la ludopatia non è ancora riconosciuta come una dipendenza da curare.

«Non so spiegarmi il primato di Pavia», spiega Feder che ha condotto di recente una ricerca sui minori da cui è emerso che tra i quindicenni, il 15 per cento ha giocato almeno una volta ai video-poker o alle slot. La prima volta è stata tra i 12 e i 14 anni ma l'8 per cento ha affermato di aver giocato prima dei 10. Nell'86 per cento dei casi la somma giocata è inferiore ai 10 euro ma c'è un 14 per cento che spende più di 51 euro. Altro risvolto inquietante: il numero maggiore di ragazzi con un genitore (solitamente il padre) che gioca, presenta altri comportamenti a rischio: il 30 per cento consuma alcol ogni giorno, l'11 fuma e fa uso di droghe leggere.
«È come se ci fosse stato un passaggio generazionale», prova a spiegare Feder, «fino a cinque-sei anni fa nei nostri centri d'ascolto arrivavano soprattutto anziani, oggi invece sono quasi tutti giovani e adolescenti. Anche se non mancano, soprattutto tra le donne, quelli della fascia d'età media che va dai 35 ai 55 anni».

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Una trappola per tutti
L'azzardo è uno spettro trasversale: divora tutti e non sembra dipendere dalla ricchezza, né da particolari contesti familiari o sociali. E la crisi? «Incide fino a un certo punto», dice Feder, «la motivazione del gioco data dai figli che hanno il padre che lavora o è disoccupato è la stessa: arricchirsi».
Le storie, su questo, dicono più delle cifre. C'è la figlia diciottenne di un titolare di una ditta d'idraulica che ha comprato un dispositivo satellitare Gps e lo ha piazzato di nascosto nell'auto del padre per monitorarne gli spostamenti. Quando s'avvicina a una slot machine scatta l'allarme rosso. Fino ad ora, ha dilapidato oltre 50 mila euro. «Alcuni ragazzi sono venuti da me per chiedermi di gestire il conto corrente dei genitori che si stanno rovinando con il gioco», racconta Feder. Poi ci sono adolescenti che per giocare hanno venduto di nascosto dalla madre tutto l'oro di famiglia, altri che i soldi per l'abbonamento dell'autobus lo sperperavano tutto alle macchinette.

Una madre disperata, invece, ha chiesto aiuto per il figlio di 23 anni. La mattina gli accreditavano lo stipendio, la sera, davanti alle macchinette, aveva già speso tutto. «In poche ore bruciava il lavoro di un mese», dice Feder, «ora per fortuna ha accettato di farsi curare». Come l'ex manager di 60 anni che è in comunità dopo aver perso ogni cosa: patrimonio, affetti, dignità. «Non mi spiego come si sia potuto ridurre così», afferma, «c'è un'adrenalina così attraente nel gioco che schiavizza esattamente come le sostanze stupefacenti. Questo, almeno, dicono le neuroscienze. Anche se resta ancora molto lavoro da fare per decifrare la psiche dei giocatori d'azzardo». Sarà. Pirandello nel Fu Mattia Pascal parlava di «certi disgraziati cui la passione del giuoco ha sconvolto il cervello nel modo più singolare: stanno lì a studiare il cosiddetto equilibrio delle probabilità... consultando appunti su vicende de' numeri: vogliono insomma estrarre la logica dal caso, come dire il sangue dalle pietre».

«Le donne sono molto agguerrite»
Come una Las Vegas al rovescio, la Pavia del gioco non si ferma mai. Neanche di notte. Non è raro alle due o alle tre del mattino veder giocare in alcune sale alcune mamme con il bimbo nel passeggino accanto. «Un giocatore su quattro è donna», afferma Feder aprendo uno squarcio su quella che, si presume, sarà la prossima emergenza. «Se in passato le giocatrici erano persone sopra i 60 anni che sperperavano la pensione», dice, «adesso il fenomeno coinvolge anche quelle di mezza età. Quelle dai 35 ai 55 anni sono le più agguerrite».

Istituzioni al contrattacco
Per una città che gioca, ce n'è un'altra che resiste. E va al contrattacco. A giugno numerose associazioni, con in testa il vescovo Giovanni Giudici, il presidente della Provincia Daniele Bosone e il sindaco Alessandro Cattaneo, sono scese in piazza contro l'azzardo. Da qualche mese è partita la campagna dei locali “obiettori” che non hanno macchinette e alla porta hanno affisso il cartello “Questo bar è No slot”. Finora sono circa una ventina. In consiglio comunale si discute di modificare il regolamento di polizia urbana mettendo paletti rigidi contro l'apertura di nuove sale giochi. «Se sui pacchetti di sigarette c’è scritto “Il fumo uccide”, dove si gioca d’azzardo dovrebbe essere scritto “il banco vince sempre”», tuona il sindaco Cattaneo, «e invece siamo bombardati da messaggi che invitano a tentare la fortuna per risolvere i problemi economici: messaggi che fanno enormi danni a disoccupati, giovani, anziani, alle fasce più vulnerabili della popolazione che buttano nel gioco i pochi euro che hanno e sprofondano in un baratro di disperazione». Gli fa eco Feder: «La pubblicità sui giochi è dannosa. Bisognerebbe vietarla per legge». Ma allo Stato biscazziere questo non interessa.

Antonio Sanfrancesco
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