Perche' sono orgoglioso di essere italiano

25/02/2011

"Perché sono orgoglioso
di essere italiano"

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“Perché sono orgoglioso d’essere italiano?” E’ la domanda che vi poniamo. Pochi giorni fa una maestra in una scuola elementare del Veneto ha dato un tema per casa ai suoi alunni. Il titolo era assai simile alla nostra domanda iniziale: “Perché mai è bello essere italiani?” Uno dei bambini, tra gli altri motivi, ha elencato: “Perché mi chiamo Leonardo come Leonardo da Vinci”; “perché facciamo la pizza”, ma anche “perché mi piace la focaccia genovese”; “perché i nonni da noi sono importanti”; ma anche “perché i figli sono tutti uguali”; “perché gli Svizzeri c’hanno il cioccolato, ma noi la Nutella”; “perché in Italia ci si diverte… un mondo”; “perché c’è chi può parlare ladino, francese o arabo ed è comunque italiano”; “perché abbiamo le Frecce tricolori’”, ma anche “perché accogliamo chi si rifugia”; “perché siamo ‘made in Italy’” e, chiusa deliziosa, “perché sogno in italiano”. Nella sua perfetta ingenuità infantile, proprio una bella iniezione d’ottimismo e speranza in una Patria migliore.   

Roberto Benigni a Sanremo.
Roberto Benigni a Sanremo.

Roberto Benigni ci è viene in aiuto, rispondendo da par suo alla stessa domanda in una memorabile serata sanremese. La sua “esegesi” dell’inno di Mameli, esemplare lezione di storia del Risorgimento e insieme dissacrante, elegiaco pamphlet sull’Italia d’oggi, ha compiuto un piccolo miracolo: risuscitare quel sentimento per tanto tempo disprezzato, trascurato, perfino sbeffeggiato che si chiama amor patrio.   

     Il “professor” Benigni ci ha ricordato che l’Italia non è nata per caso, ma per  l’eroismo di alcuni, uomini e donne,  che per l’ideale dell’unità nazionale hanno dato la giovinezza, l’ingegno, la vita stessa. In pochi minuti, dal palco dell’Ariston, il “giullare” toscano ha sdoganato definitivamente  quel genuino sentimento di orgoglio nazionale, assai diverso dallo sciovinismo, che  altro non è se non l’amore per il luogo in cui si è nati e si vive. E che non è valore della destra o della sinistra, ma è valore e basta.       

    

    Spesso la nostra professione di informatori ci porta, invece, a evidenziare i motivi per i quali dovremmo vergognarci d’appartenere a questo Paese. Ci porta, doverosamente, a denunciare nefandezze e  storture, svelare imbrogli e  sconcezze. Per una volta,  proviamo a concentrarci sul perché possiamo ancora dire: “sono fiero d’essere italiano”, anche correndo il rischio di scivolare sul piano inclinato dei luoghi comuni, perché perfino dietro gli stereotipi più triti, del tipo “siamo un popolo d’artisti, santi e navigatori”, sta un frammento di verità.   

     E poi, non scordiamoci che l’indignazione o la vergogna scaturiscono necessariamente dal loro opposto: l’orgoglio e l’ammirazione spontanei, che un brutto giorno sono stati traditi e oltraggiati. Se non fossimo consci, ad esempio, del tesoro storico-artistico che custodiamo a Pompei e non ne andassimo orgogliosi, non ci vergogneremmo per il crollo della domus del Gladiatore.    E così, se non andassimo fieri dei nobilissimi ideali che infervorarono il giovane Mameli, donna Anita e tutti quei “giovani e forti” che “fecero l’Italia”, non saremmo, oggi, così intristiti davanti alle cronache quotidiane. Omaggiare i “Padri della patria” il 17 marzo con un giorno celebrativo a qualcuno può dispiacere, forse anche perché rivela impietosamente la distanza tra il “fare festa” e “fare festini”. E allora essere orgogliosi di sentirsi italiani val bene una festa.  Buon 17 marzo.

Alberto Laggia
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Postato da LUCA BUGA il 27/06/2012 14:50

Da quello che leggo emerge che siamo "orgogliosi di ciò che è stata l'Italia". Bisogna risalire ad alcuni decenni fa per trovare un motivo d'orgoglio. Mentre se guardiamo i giorni d'oggi, il futuro.. di cosa si può essere orgogliosi?

Postato da elcamero il 02/03/2011 08:19

Io mi sento Italiano e ne sono orgoglioso e per questo sono dispiaciuto perchè 150 anni è un bel traguardo per una nazione, ma mi piacerebbe poter vivere in qualsiasi parte d'Italia con le stesse regole, è chiedere troppo dopo150 anni? Questo è unire l'Italia in una unica nazione. In tanti abbiamo lavorato per unire questo nostro paese ma in molti altri hanno lavorato per disunirci memori del principio degli antichi romani "dividili e comanda su di loro". E' per questo che ritengo non sia ancora l'ora di festeggiare l'Unità d'Italia, l'Italia è fatta sulla carta ma non nella realtà del vivere quotidiano delle persone, ci sono ancora troppe differenze di trattamento da nord a sud, da est ad ovest. Ci sono tanti tipi di italiani in base a ciò che sta scritto sulla carta d'identità e ciò mi rattrista. Saluti.

Postato da anna69 il 28/02/2011 20:44

Continuerò a sentirmi orgogliosa di essere italiana anche per il fatto che in Italia c'è una scuola statale che funziona ( nonostante qualcuno faccia di tutto per denigrarla ), senza tralasciare l'importanza di quella cattolica, poichè penso perseguano lo stesso obiettivo: educare, dal latino ex ducere, vale a dire valorizzare le capacità innate di una persona e rafforzare le sue potenzialità. Quel che mi sembra stonato è invece questo forte desiderio di attaccare le istituzioni che si sono formate proprio con l'unità d'Italia. Forse che si tratti di un nostalgico desiderio di ritornare ai tempi del fascismo quando nelle scuole si inneggiava solo al duce? Per esperienza personale, poichè ci lavoro e non si tratta solo di un lavoro, ma di una vocazione maturata fin da piccola, posso testimoniare che sì, la scuola italiana può anche avere anche i suoi difetti, nessuno è perfetto, ma ha ancora la libertà di poter insegnare quanto sancito dalla Costituzione o anche questa è di ispirazione comunista? Assurdo! L'orgoglio sta nel poter riempire questi involucri delicati, come solo lo possono essere i bambini, non di falsi ideali, ma di ciò che un insegnante può offrire: la sua cultura, la sua costante ricerca di nuove conoscenze e di nuovi metodi per agevolare gli apprendimenti, ma soprattutto l'esempio che non è mai predicare bene e razzolare male o, soprattutto, dare il cattivo esempio. Questo ci chiedono quegli occhi innocenti e pieni di gratitudine verso chi li rispetta, anche dal punto di vista educativo.

Postato da RT57 il 28/02/2011 20:07

Sono orgoglioso di essere italiano perché veniamo da una storia e una cultura importanti, radici religiose indelebili, uniti dalla stessa lingua e religione cattolica. Il Signore ci ha dato una terra magnifica: il mare, i monti e le colline, dove il sole e la pioggia sono sempre abbondanti. Abbiamo ereditato città bellissime come Roma, Venezia e Firenze. Una terra di artisti, letterati e santi, di scienziati famosi e importanti che ci invidia tutto il mondo. Una nazione dove il bene non fa notizia, ma le persone sono migliori delle cricche che le governano; dove nonostante il berlusconismo, sta maturando una nuova consapevolezza che ci sta riunendo e ci farà superare le tenebre che ci stanno oscurando.

Postato da cattolico il 28/02/2011 18:20

Io sono molto legato all'Italia perche' e' la terra dove sono nato e perche' ritengo che ancora oggi abbia qualcosa di ineguagliabile. Il mio problema e' che spesso invece che essere orgoglioso sono costretto a vergognarmi di essere italiano. La storia del paese ha mostrato che esistono le forze e le capacita' nel paese per esprimere il meglio. Ma da Parri, De Gasperi, De Nicola, Einaudi, La Pira, Dossetti, ecc. siamo passati a questo: RISPOSTA: Non mi ha raccontato nel dettaglio che tipo di rapporto sessuale, mi diceva però che andare a letto col Presidente era stressante. DOMANDA: Scusi, le chiese che cosa significava ‘stressante’? RISPOSTA: Sì, mi diceva che durava un bel po’ perché il Presidente aveva rapporti sessuali non solo con Aris, ma contestualmente anche con altre donne. Quindi mi si chiede se nel momento in cui ho accettato di andare ad Arcore io sapevo che cosa mi sarebbe potuto capitare, cioè di fare sesso col Cavaliere anche in presenza di altre donne, rispondo: Si, lo sapevo, ero preparata psicologicamente, ma quando sono arrivata lì è prevalsa, come dico, la mia timidezza. E poi, vedendolo di persona sinceramente, nonostante il denaro che avrei potuto ricevere dal Presidente, io sinceramente non me la sono sentita.

Postato da maurinbortolizio il 28/02/2011 16:23

Perchè sono orgoglioso di essere Italiano? Perchè 20 anni fa, in uno sperduto pesino d'Etiopia, un vecchio etiope mi disse in Italiano: "ma perchè voi Italiani ve ne siete andati? Noi vi volevamo bene!". Perchè in oltre 30 anni di lavoro ho girato il mondo in lungo e in largo e dovunque ho trovato rispetto e deferenza per la nostra cultura, per la nostra arte, per la nostra cucina, per la nostra intelligenza. Chi è sempre rimasto chiuso nel suo quartierucolo non può capire: andate all'estero e capirete chi siamo e cosa valiamo. Vedrete come è bella l'Italia, dopo aver visto gli altri Paesi. Per questo motivo, con fierezza ed orgoglio, il prossimo 17 marzo innalzerò la Bandiera Italiana alle note di Fratelli d'Italia!

Postato da giogo il 28/02/2011 15:38

Certo x persone come ROCAMBOLE....mi vergogno di essere Italiano ....e purtroppo ce ne sono TROPPI! Saluti

Postato da cristina1950 il 28/02/2011 14:19

Sono orgogliosa di essere italiana perchè il nostro è il paese più bello del mondo, ma sono indignata verso chi attualmente la governa. Vorrei tanto che la Chiesa, che fà sentire giustamente la sua voce in tanti campi, la alzasse altissima per dichiararsi pur essa indignata. Indignata perchè in Italia il cittadino non è più al centro dell'interesse di chi governa. Indignata perchè i nostri giovani hanno diritto a esempi più edificanti. Indignata, perchè Gesù lo sarebbe. Vorrei tanto sentire la voce del papa, il nostro riferimento, a difesa della nostra martoriata e indifesa patria.

Postato da rocambole il 28/02/2011 13:26

Come fanno gli italiani ad essere orgogliosi di esserlo se tengono in considerazione che in Italia i comunisti e i catto-comunisti che si sono travestiti da persone "perbene" nel vano tentativo di scordare o far scordare i loro trascorsi criminali e quelli dei regimi ai quali si sono sempre ispirati raggiungono e superano il 30%? Avere dei compatrioti del genere, come un Bersani per esempio, non è certo motivo di essere orgogliosi di essere italiani, ma semmai è motivo di sentire vergogna e disonore.

Postato da ironyman il 27/02/2011 23:19

Caro Rocambole ti confesso che aspetto con ansia i suoi interventi e non lo dico con tono ironico. Sono ovviamente in disaccordo su tutto tranne che sull’affermazione che il perdente non ha molto appeal; eppure credimi, le mie simpatie vanno sempre in direzione dei perdenti. Questo è l’aspetto principale che ci differenzia perché credo che tu ritenga senz’altro più comodo stare con i vincitori e del resto chi oggi potrebbe darti torto. Io ho una vocazione quasi innata, istintiva per i perdenti. Ti confesso che non mi riesce proprio, nemmeno se me lo imponessi, a prendere le parti dei vincitori. Ma non è solo per spirito Cristiano. Credo che anche tu non voglia interpretare il discorso della montagna di nostro Signore come una condanna senza appello all’emarginazione sociale. Riguardo alle vicende storiche cui io ho fatto riferimento e proprio per restare in tema di perdenti ti suggerisco la lettura di un bellissimo ed illuminante libro “La pelle” di Curzio Malaparte. Vi si narra l’epopea degli italiani, in particolare del popolo napoletano, nell’immediato dopo-guerra; un intero popolo affamato e prostrato dalla Guerra in condizioni di miseria indescrivibili e che per poter sopravvivere era costretto a ricorrere ad ogni espediente, accattonismo, truffe, mercato nero, prostituzione ecc.. L’autore, che vive in prima persona quegli avvenimenti come ufficiale di collegamento dell’esercito italiano con gli alleati, non può fare a meno, ed io con Lui, di essere profondamente solidale con i perdenti. Ma, mi dirai, cosa c’entra questo con i valori del patriottismo. C’entra eccome! So che sto per dire qualcosa che ti scandalizzerà, ma a mio avviso sono stati gli italiani umiliati e sconfitti della guerra, mi riferisco anche a quelle prostitute ed a quei furfanti, che hanno ricostruito l’Italia, e non tanto dal punto di vista materiale ma dal punto di vista morale e non ti sembri contraddittorio. Quegli italiani che avevano sperimentato sulla propria pelle l’oppressione di un regime dittatoriale e le nefaste conseguenze delle guerre coloniali prima e della grande guerra poi avevano maturato gli anticorpi per gettare le fondamenta per la rinascita morale di una nazione Italia unita, coesa e solidale. E così è stato. Quel patrimonio di rigore morale e di patriottismo gli italiani l’hanno poi man mano disperso ed oggi ci troviamo a fare i conti con un movimento politico che lavora per disgregare la nazione, con il bunga-bunga e con l’immagine dell’Italia a livello mondiale deturpata profondamente. Avevamo un tesoro e l’abbiamo sciupato senza nemmeno renderci conto del suo valore. La fase di ricostruzione post-bellica e la nascita della Repubblica sono state tappe fondamentali nel processo di consolidamento dei vincoli che ci uniscono e che ci fanno sentire una sola comunità. Io credo che gli spezzoni di vita raccontate in quel libro siano atti di eroismo ma di un eroismo diverso da quello dell’epopea risorgimentale, perché meno eclatanti, quasi legati alla quotidianità, non inquadrabili in singoli episodi, non meritevoli di assurgere agli onori della cronaca storica, ma che tuttavia non sono costati meno sacrificio. Eroi sono stati anche i tanti combattenti per la liberazione ed i tanti che sono stati costretti ad abbandonare tutto, Patria, casa e famiglia per andare a guadagnarsi duramente il pane in Paesi lontani con rinunce inimmaginabili. Riguardo alla tua ricostruzione delle vicende storiche osservo solo che una volta questa era rimessa all’analisi degli storici che la approcciavano con metodo e sufficiente distacco. Adesso la storia è diventata argomento di disputa politica ed è ad appannaggio dei partiti che la modellano in funzione delle propri esigenze di propaganda e quasi non si contano più i tentativi di riscriverla. Ovviamente non sostengo che non si possa discutere e esprimere opinioni personali sugli avvenimenti storici, ma a mio modo di vedere, bisogna tener ben distinta la ricostruzione storica che va riportata sui libri di storia, affidata appunto agli esperti, dalle opinioni personali. Non è un caso che il tema della scuola, e dunque di quello che vi si insegna, sia tornato in queste ultimissime ore agli onori della cronaca. Per il potere il sistema più efficace per auto conservarsi è il controllo della formazione scolastica e dei media, ma di ciò ne è perfettamente consapevole solo Berlusconi. Penso perciò che nella scuola di oggi debba essere imposta la lettura di un libro come la Pelle perché ripercorrere quegli eventi può aiutarci, più dell’esegesi dell’Inno di Mameli di Benigni a ritrovare il significato profondo dello stare insieme e a capire meglio la realtà che stiamo vivendo. Capiremmo forse che allora come oggi vi sono motivi per sentirci umiliati e delusi che ora come allora vi sono furbi e depravati ma che però le diverse condizioni storiche e sociali suggeriscono delle chiavi di lettura diverse. Probabilmente le prostitute dei bassi napoletani del dopo-guerra sono escort ante-litteram ma nessun paragone è proponibile tra Noemi Letizia o Ruby rubacuori e quelle disgraziate. Gli espedienti e l’orgoglio delle persone costrette a tirare avanti, le tante, troppe umiliazioni a cui si sottoposero allora non possono essere paragonate allo squallore abissale degli eroi moderni. La fierezza di un popolo che è vinto e si deve piegare solo per necessità, per salvare la pelle è qualcosa che deve farci riflettere quando sentiamo di padri che farebbero il diavolo a quattro per portare le proprie figlie su un piatto d’argento in pasto all’orco di Arcore.

Postato da mfenati il 27/02/2011 20:50

sono fiero di essere Italiano, di essere cristiano, ma mi vergogno di questo presidente del consiglio.

Postato da Nicola Cassone il 27/02/2011 20:23

Non esiste al mondo una Nazione che possa vantare l'arte e la cultura,i colori della nostra terra,la vitalità della gente che la popola,la gioiosa voglia di vivere nonostante le difficoltà. L'ingegno italiano ha sempre dato mostra del proprio valore nella storia dell'umanità e l'Italia rimane la culla della cristianità. Ecco perchè mi sento orgoglioso di essere italiano e per questo motivo che sul mio balcone ho esposto il tricolore con l'intento di lasciarlo in vista per tutto il 2011. Buon 150° anniversario a tutti.

Postato da anna69 il 27/02/2011 15:03

L' orgoglio di essere italiani ci sta tutto e si vede trasparire in chi opera ogni giorno per il bene degli altri o compie in silenzio il suo dovere senza pretendere niente, portando avanti, coerentemente e in piccolo, anche se per altri versi e motivi, ciò per cui si sono battuti i nostri nonni, bisnonni o avi: non per il servilismo ad una persona o al potere - denaro, ma per l'identità e la dignità di un popolo intero che dovrebbe avere il coraggio di ricordare l'altruismo di queste persone, senza tante polemiche. Ricordiamoci che se possiamo ancora esprimere liberamente ciò che pensiamo lo dobbiamo a chi si è sacrificato prima di noi e sarebbe un grande oltraggio alla loro memoria ed a quanto hanno fatto di tangibile, affossare tutto. Il passato non deve essere cancellato, ma rimanere da monito ed insegnamento per i giovani del futuro, i nostri figli. Senza passato da ricordare non c'è nè presente nè futuro. Questa festa dovrebbe essere un'esposizione dei colori nazionali degli italiani non di facciata ma del cuore, indipendentemente dai colori di parte.

Postato da giorgio traverso il 26/02/2011 18:11

Premesso che non sono culturamente preparato per rispondere a certi argomenti. Però personalmente non sono per niente fiero,di essere italiano. Di motivi ce ne sono molti e li conosciamo tutti, il più importante è che purtroppo esistono ancora troppe persone come ROCAMBOLE.
giorgio traverso

Postato da rocambole il 26/02/2011 15:41

per ironyman: Tu dici:"...Ciononostante un forte senso di identità si è sviluppato anche grazie alla lotta partigiana e di liberazione, ed alla costruzione della Repubblica...". Ma quando mai! Ma di quale lotta partigiana e di liberazione parli? A prescindere che la lotta partigiana fu una barzelletta che non contribuì a scorciare l'avanzata delle truppe Alleate nemmeno di mezz'ora, è un dato di fatto che i c.d. partigiani erano al 95% comunisti che volevano instaurare una dittatura 'rossa' al posto di quella nera. Il numero dei partigiani, che fino ai primi di aprile 1945 era ridottissimo, ebbe un grande 'esploit' negli ultimi giorni di aprile quando i Nazi-fascisti avevano ormai deposto le armi e gli eserciti Alleati avevano raggiunto tutti i confini e non era più il caso di stare alla finestra per vedere chi avrebbe vinto. È risaputo che tutti vogliono salire sul carro del vincitore. Il perdente non ha molto 'appeal'. Lo stesso Cristo dopo che era stato frustato bene bene e condannato (ecce homo!) non ebbe grande successo e non per niente il popolo di Gerusalemme, che tre giorni prima lo aveva osannato con le palme, preferì Barabba e lo spedi sul Golgata. I partigiani del 1945 erano quelli che in camicia nera inneggiavano a Mussolini nel 1940 e fremevano per entrare in guerra con la Germania i cui eserciti stavano entrando a Parigi. Con Gheddafi succede la stessa cosa. Tutte le diplomazie aspettano per vedere come si mettono le cose e poi giù con il "crucifige"! È un classico!

Postato da ironyman il 26/02/2011 10:44

orgogliosi di essere italiani? Con l’animo disincantato e ingenuo di un bambino si può anche sperare di “sognare italiano” ma la realtà con la quale siamo chiamati a fare i conti oggi ci mostra con cocente disillussione quanto siano lontani i tempi in cui si il solo parlare dell’Italia ci creava un fremito. Eppure non sono certamente le dispute storiche, le analisi sociologiche, le dietrologie massoniche, gli istinti revisionisti dei fondamentalisti cattolici a deturpare ed appannare un sentimento che però sempre più istintivamente si tende a relegare in un anfratto dell’anima. Gli italiani hanno costruito un forte sentimento di fratellanza ed unione perché trascinati, ammaliati dallo spirito di eroismo e dal rigore morale dei padri della patria che li hanno spinti a superare differenze e diffidenze, quasi come epifenomi di un percorso comune. Certo di errori ne sono stati commessi. Penso ad esempio alla politica di annessione del Meridione ed alla amministrazione militaresca dei Savoia, alla ferita della repressione indiscriminata e senza prigionieri del brigantaggi ecc. Ma osservo che le analisi sono molto diverse a conferma che non vi è una identità di vedute sul Risorgimento. Ciononostante un forte senso di identità si è sviluppato anche grazie alla lotta partigiana e di liberazione, ed alla costruzione della Repubblica. Oggi quel forte sentimento di appartenenza e di patriottismo si è affievolito per alcune ragioni di carattere internazionali ed una tipicamente nostrana. Il mondo è ormai diventato un villaggio globale in cui popoli diversi interagiscono come mai prima era potuto accadere, con contaminazioni culturali, religiose e di costume evidenti e le miopi politiche economiche degli Stati più evoluti, ripiegate su se stesse, che non hanno favorito uno sviluppo armonico globale, hanno spinto in condizioni di miseria estrema gran parte dell’umanità ed adesso ci troviamo a fare i conti con orde incredibili di diseredati che premono ammassate ai nostri confini e che sono disponibili a tutto pur di scappare da condizioni di morte sicura. In questo contesto bisogna superare una visione dell’amor di patria suggerita da una certa destra, come difesa ad oltranza del nostro benessere e che è degenerata in puro nazionalismo. Occorrerà aprirsi alle sfide future, altrimenti ne saremo travolti. In questo senso recuperare il senso autentico dello spirito cristiano non può che aiutare soprattutto nell’inevitabile confronto tra civiltà. L’avversione del potere temporale della Chiesa all’unità d’Italia, che però noto ha ancora un anacronistico seguito, può adesso trasformarsi in un aiuto a questa transizione epocale ed un monito a superare atteggiamenti tiepidi se non ostili ad un processo di formazione di una cultura dell’accettazione dell’altro, dell’alterità, della accoglienza e della integrazione tra i popoli. La vittoria della fede in questo senso non può essere messa in ideologica contrapposizione con la vittoria della civiltà. Ricordiamoci piuttosto che la invadenza della fede nel campo di Cesare non sempre ha prodotto in passato frutti di cui possiam andar fieri. Ma questa è una questione che riguarda tutti i popoli e quelli che sono più avanti la stanno affrontando con sano realismo senza avvertire il bisogno di dare lustro con operazioni mediatiche a un sentimento patrio offuscato. In Italia purtroppo a queste difficoltà oggettive si aggiunge un vizio tipicamente nostrano e cioè noi non riusciamo a sviluppare un senso del bene comune e per di più pensiamo che il bene comune ci danneggi singolarmente. Questo egoismo nazionale ci ha porta ad asservirci incondizionatamente al potente di turno, che di volta in volta assume le vesti del democristiano clientelare della prima repubblica, del craxista della Milano da bere, del berluscones. Lo spirito di condivisione, nel quale si compenetra la carità di noi cristiani, può non solo conciliarsi ma addirittura identificarsi in un autentico sentimento di amore verso la comunità di cui facciamo parte. Ed invece in tanti pensano che la strada che ha uniti i nostri destini sia stata percorsa senza la guida di madre Chiesa, che perciò deve sottrarsi a questa deriva patriottica. Quegli stessi che poi, soggiaccendo agli impulsi più degradanti, ergono sul gradino della moralità pubblica un personaggio al quale sarebbero capaci, distorcendo con una indegna propaganda il messaggio evangelico, di perdonare qualunque nefandezza persino gli affondamenti dei barconi dei disperati. Sono ben lontani i tempi in cui le sorti della politica, che Paolo VI definì la forma più alta di carità, erano affidate nelle mani di uomini come Moro, De Gaspari, Berlinguer, Nenni, Amendola e tanti altri che pur con idee molto diverse erano accomunati da un sincero sentimento di amor patrio e soprattutto avevano una dirittura morale che li rendevano degni di rispetto ed ammirazione. E’ grazie a questi uomini che l’immagine dell’Italia si è affermata nel mondo. Rattrista e fa una profonda pena al cuore assistere oggi all’avvilente spettacolo di una grossa fetta della classe politica al soldo del capo-popolo e di tanti nostri concittadini che deturpano questa immagine e spendono il nostro senso dell’onore (le cui scorte si stanno man mano esaurendo) per difendere sulla scena internazionale un personaggio che all’estero hanno compreso molto bene. L’orgoglio di noi italiani si infrange crudelmente contro questa realtà, per la quale siamo fatti oggetto di derisione mondiale. Caro Alberto, è questa la ragione principale per cui oggi è davvero difficile continuare ad inorgoglirsi di essere italiani. Per restare però sulla domanda da Lei posta, io credo che la caratteristica di noi italiani di cui si possa ancora andar fieri è proprio questo forte e bel sentimento di umanità che ci differenzia dagli altri. Non sembri contraddittorio con quanto ho detto , ma purtroppo oggi questo sentimento ha perso decisamente vigore e trova espressione non tanto nella quotidianità ma solo in occasione di disastri o emergenze.

Postato da rocambole il 25/02/2011 23:15

Comunque se non ci fosse stata Roma e l'Impero Romano costruito con tante guerre, stragi, occupazioni, eserciti ecc.ecc.ecc. col cavolo che il Cristianesimo si sarebbe propagato nel mondo allora conosciuto e sarebbe arrivato fino a noi....e non solo il Cristianesimo

Postato da Andrea Annibale il 25/02/2011 19:33

Oggi ci sono una varietà di concetti di cittadinanza. Come consumatori, siamo legati più alle multinazionali ed ai Paesi di appartenenza delle medesime che all’Italia. Poi, con la nascita dell’Europa, siamo anche cittadini europei. Poiché proveniamo da una o più Regioni d’Italia, siamo poi toscani, veneti, siciliani ecc. E infine, con il formarsi dell’Italia unita, siamo anche cittadini italiani, last but not least. C’è quindi un proliferare di cittadinanze di cui essere più o meno contenti. Personalmente non so se mi sento più italiano, bresciano, cuneese, o torinese (città di nascita). Torino, con lo sviluppo industriale ha ricevuto molta immigrazione, dal sud ma anche dal nord, specie dal Veneto. C’è quindi una multi appartenenza etnica, religiosa, geografica o dettata semplicemente dai consumi e dai costumi. Siamo molto oltre il concetto di Nazione, siamo approdati al concetto di mondializzazione. L’argomento della mera e semplice identità nazionale mi sembra un po’ retro. Io sogno un’Italia ricca di cultura, amica del mondo britannico (finirà il secolare pregiudizio di un certo cattolicesimo per il mondo dei nostri fratelli protestanti?), europea ed aperta al capitalismo internazionale, all’avanguardia nell’unificazione sostanziale del Paese, cioè quella delle infrastrutture, della cultura, dell’economia. Come piemontese di sangue e, in parte, di adozione vorrei dire Grazie ad un eroe locale, Pietro Micca, che come Gesù ha dato la vita per gli amici, fate le debite abissali distanze tra i due personaggi. Grazie all’Austria ed al Principe Eugenio di Savoia che hanno liberato il Piemonte dall’assedio francese nel 1706, assieme alla strenua ed eroica resistenza dei soldati locali piemontesi. Grazie a Napoleone III e alle potenze alleate che hanno permesso la nascita dell’Italia unita. Gli antichi romani erano grandi giuristi, grandi militari, grandi ingegneri. Questo primato è andato un po’ perso nell’Italia di oggi. Tuttavia, la tradizione giuridica romana rielaborata nell’età intermedia ha plasmato in diritti nazionali europei continentali. Anche l’Europa deve dirci grazie sotto questo aspetto. Quanto all’arte della guerra e all’ingegneria il primato è oggi statunitense, come anche nell’economia. Ancora per alcuni decenni questa è la situazione. Oggi nelle università italiane si studiano le tradizioni giuridiche britanniche, cinesi, islamiche, africane eccetera. Il mondo si fa sempre più piccolo. Chissà che non ritorni in auge l’unità dei cristiani di Occidente, europei, nordamericani e sudamericani di fronte all’emergere delle nuove potenze economiche non cristiane. Infine, come cattolico mi sento cittadino del mondo perché il mondo unisca gli sforzi e, per i meriti irrevocabili di Cristo, l’umanità sia sempre più benedetta nei progressi della giustizia sociale ed economica e nelle scoperte della scienza e della tecnologia che ci avvicinano alle cose promesse. Nella speranza e nella fede che Dio non si pentirà mai più di aver creato l’uomo sulla Terra. Ciao.

Postato da fenice il 25/02/2011 19:12

Forse Barbadoro esagera, anche se indubbiamente il Dio di Mameli è quello massonico, anticlericale, soprattutto antipapista. E Benigni ha schisciato. Detto ciò, si può essere orgogliosi di essere italiani senza dover per forza applaudire la performance del guitto e mentire esaltando l'Inno di Mameli. Tanto sappiamo tutti che è brutto. Però a leggere la Marsigliese o l'inno americano o quello inglese non è che ci troviamo di fronte a dei capolavori. E tutti ci cacciano dentro in qualche modo la divinità. Il Va' pensiero, poi, è una truffa, a meno di credere che il Giordano sia il fiume che attraversa la Pianura padana. Mi limiterei a fare una piccola considerazione: come si fa a credere al patriottismo di chi fino alla nascita della Lega opponeva l'internazionalismo al sentimento nazionale? E tutti quegli pseudointellettuali del Sud, improvvisamente diventati "italiani" dopo aver infangato in tutti i modi il Risorgimento? Diciamoci la verità, hanno paura di perdersi i vantaggi di Roma ladrona (vedi "Il sacco del Nord" di Luca Ricolfi).

Postato da spark il 25/02/2011 18:07

Ho letto e riletto con attenzione il commento del sig.Barbadoro. Sommessamente, vorrei fargli notare, che puo' continuare ad essere un nostalgico dello stato pontificio, ma che nel frattempo ci sono stati i patti Lateranensi (anche se non ne sono un estimatore) e il Concilio Vaticano secondo. Onestamente, devo dire, che non mi era mai capitato di assistere ad un esegesi cattolica dell'Inno dei Mameli! Niente di strano, se Benigni ha fatto un esegesi laica, nulla proibisce che se ne possa fare anche un cattolica, cosi come ha fatto il signor Barbadoro. Io purtroppo non sono in grado di confermare o negare se Goffredo Mameli e Michele Novaro, quando scrissero e musicarono l'Inno volevano o meno assoggettare Dio alla massoneria. Hanno avuto il torto di morire giovanissimi, per un Italia che non ha meritato il loro sacrificio, e quindi a pare mio e' difficile a 150 anni di distanza, affermare che "Questa frase potrebbe essere considerata, alla luce della Verità Evangelica, un insulto a Dio! Una bestemmia". So solamente che nonostante Cristo, come continua il signor Barbadoro, e' "il Liberatore da ogni schiavitù fisica e spirituale, ci richiama unicamente all’amore, all’amore anche per i nemici", la Storia ci insegna che purtroppo l'umanita' ha scelto strade diverse! Dalla violenza fisica della crocifissione di Gesu' fino alle ultime immagini che in questi minuti ci vengono dalla Libia, tutto ci mostra violenza, sopraffazione e morte! Tutti hanno partecipato a questo orrido secolare banchetto, non solo i massoni e i garibaldini, sig. Barbadoro, ma anche quelli che usavano il Padre Nostro, per ragioni molto meno nobili della sua, a partire dalle Crociate per passare attraverso l'Inquisizione ed infine per arrivare un poco piu' vicino a noi, quelli che benedivano i gagliardetti delle truppe mussoliniane in partenza per le varie opere di civilizzazione e di protezione della razza in Eritrea, Etiopia, Jugoslavia, Grecia, Russia etc, ce li siamo dimenticati? Sinceramenre sig. Barbadoro, non so se essere orgoglioso di questa Italia, ma riconoscente si, sono riconoscente a tutti quei giovani, che nel corso di questi 150 anni, hanno dato la vita (e non perche' erano violenti, ma perche' volevano un mondo senza piu' violenza, senza piu' sopraffazioni, con piu diritti) , per permettere anche a due persone come noi, di poter dialogare e confrontare civilmente le proprie opinioni in tutta liberta', con nome e cognome. Cordialmente.
Osvaldo Bardelli

Postato da rocambole il 25/02/2011 15:14

Si festeggia un falso storico. Il 17 marzo 1861 fu proclamato da parte di Vittorio Emanuele II il Regno d'Italia dei Savoia. L'unione di Trento e Trieste ebbe luogo nel 1918. La conoscono la storia patria i cervelloni si o no?

Postato da rocambole il 25/02/2011 15:07

Per me l'Italia è stata formata con la violenza, con le aggressioni e con i trucchi (i plebisciti).L'unità degli italiani è stata perseguita nelle caserme e in disastrose avventure belliche e si è principalmente espressa nella funesta retorica dei sacrari, dei monumenti ai caduti e dei cimiteri di guerra. Una cupa atmosfera mortifera ha da sempre fatto compagnia alla retorica unitaria e patriottarda che a Barbadoro piace tanto, dagli inni garibaldini ("si scopron le tombe, si levano i morti"), dal patriottico macello della Prima Guerra mondiale dove l'Italia ha aggredito proditoriamente l'Austria con cui era alleata (Triplice Alleanza), ai lugubri simboli fascisti. Tutto ciò non c'era mai stato prima della c.d.Unità voluta dai Savoia e dal Piemonte con l'ausilio della Francia contro tutti i legittimi Stati (compreso il Vaticano!) che esistevano pacificamente nella Penisola. A me andava benissimo il Granducato di Toscana, la mia Patria, uno Stato, un Popolo tra i primi al mondo in ogni campo e di cui uno poteva essere orgoglioso ed andarne fiero. Poi non più.

Postato da Cesare Barbadoro il 25/02/2011 00:20

L’inno nazionale di Goffredo Mameli caro alla destra, e che la sinistra ha recentemente riscoperto grazie alla commovente carica emotiva espressa da Roberto Benigni nel suo intervento a San Remo, tanto apprezzato anche da Antonio Socci nel suo recente articolo: “Ma ci voleva un comico per farci sentire un popolo?”, forse non tutti fanno caso che, e Benigni molto furbescamente non ne fa menzione, nelle simboliche parole d’arcaica nostalgia dell’Inno italiano si identifica Dio, non le divinità romane ma il Dio cristiano, come il creatore di una condizione: la schiavitù della Vittoria, la dove si intende per “Vittoria” il potere e la potenza temporale di una nazione. Vittoria schiava, per opera e volere di Dio, della città di Roma!: “Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò.” Dio, nella Sua infinita misericordia e giustizia, non pone condizioni al libero arbitrio, tantomeno alle potenze temporali della singole nazioni destinate, come tutte le umane imprese, a perire. Solo alla fine dei tempi saranno, da Lui, giudicate buone o cattive. Questa frase potrebbe essere considerata, alla luce della Verità Evangelica, un insulto a Dio! Una bestemmia. Cristo nel discorso della montagna esalta gli umili, i perseguitati, i poveri, i sofferenti: le vittime delle potenze temporali che da sempre si contendono il dominio del mondo. Cristo non celebra le vittorie delle imprese umane, da sempre causa di guerre e prevaricazioni dell’uomo sull’uomo, ma le condanna! Lui, il Liberatore da ogni schiavitù fisica e spirituale, ci richiama unicamente all’amore, all’amore anche per i nemici! Il voler conferire a Dio una volontà non propria ma nostra, è un’emerita bestialità generata da arrogante ignoranza. Quella divina volontà dell’inno nazionale, e che l’osannato comico Benigni astutamente tace, deve essere identificata come la volontà di quel “dio” del massonico potere anticlericale: quello risorgimentale, garibaldino e sabaudo, e non del popolo come sostiene Benigni, ma dei giovani della benestante e colta classe della carboneria italiana. Da credente, non mi sento di cantare quell’inno: “Come anch’io, quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino e ragionavo da bambino, ma quando sono diventato uomo, ho smesso le cose proprie da bambino“ ( I Corinti 13-11.) …ora io, come un alieno, ho un Inno, un solo Inno, un Inno nazionale, internazionale e universale, nessun’altro Inno all’infuori di questo: “ Padre nostro, che Sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il Tuo regno, sai fatta la Tua volontà come in cielo, così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.”
Cesare Barbadoro

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