Pizza e voto, le primarie a Boston

Una giornata tra i volontari del seggio per le primarie del PD allestito in un ristorante italiano della città americana.

25/11/2012
Un momento dello scrutinio a Boston (foto Federica del Monte).
Un momento dello scrutinio a Boston (foto Federica del Monte).

“C’è poco da fare: votare mi emoziona sempre un po’” dice Adolfo Gatti, 21enne studente di Economia e relazioni internazionali alla Boston University, prima di dire ufficialmente la sua - alla fine di una lunga serie di firme e dichiarazioni scritte – su chi il centro sinistra dovrebbe designare come candidato premier. Sarà l’età - a 21 anni non può aver votato molto – o la militanza da quando ne aveva sedici nei giovani del Pd romano, o magari il fatto che a 5 mila chiilometri da casa sia riuscito a partecipare in prima persona alla vita politica del suo Paese. Comunque sembra sincero, mentre infila la “scheda” (un foglio stampato a colori piegato in quattro) nell’ “urna” (una scatola di cartone di quelle da consegne di acquisti on line) dopo essere stato in “cabina” (il bancone dell’angolo pizzeria di “Pasta Beach”, ristorante dove è allestito il seggio, con la privacy garantita da un'altra scatola di cartone per la consegna, in questo caso di pizze da asporto).


“Non sapevano dove andare e gli ho dato volentieri una mano” racconta  Giovanni Ropol co-proprietario di quello che è ormai  considerato un  punto di riferimento gastronomico per i tanti italiani residenti in città. "Il consolato, essendo una cosa di parte non poteva giustamente farsene carico e allora l’hanno chiesto a me. Se me lo chiederanno quelli del Pdl … certo, lo farei anche per loro” aggiunge dopo una leggera esitazione, “tra italiani all’estero bisogna venirsi incontro". Considerato che dei 61 votanti molti si sono fermati a mangiare e gli altri – con il profumo irresistibile delle pizze appena sfornate che invadeva il “segreto dell’urna” – hanno sicuramente pensato di farlo (magari in un altro momento), il venirsi incontro è stato reciproco. Durante il giorno i 5 ragazzi – tutti ricercatori – incaricati del funzionamento del seggio avevano a disposizione un lungo tavolo vicino ai finestroni da dove si ammirano grandi scorci della città. 

Ma all’avvicinarsi dell’ora di cena (che qui comincia alle 6) come spesso succede, la politica ha dovuto arrendersi alla logica del business, cosicché’ schede, registro, presidente e scrutatori si sono ritrovati in un’”ansa” del corridoio che conduce al bagno del ristorante – che vista  la brezza marina a cinque gradi sotto zero è comunque meglio di molte “tende” italiane. Inevitabile la curiosità degli avventori di passaggio: una signora di mezza età sfrutta l’attesa per la toilette studiando le foto (bruttine in verità) affisse al muro del corridoio. “Se potessi voterei per questo” dice indicando il segretario Bersani, “perché’ sembra un attore”. Non le sarebbe dispiaciuto nemmeno Renzi ma in quella foto non stava guardando in camera . Potenza dell’immagine! 

“Mia nonna era italiana” dice un’altra ragazza in viaggio verso i servizi. “non basta” le rispondono. “Ma oggi è il mio compleanno” insiste avvicinandosi incerta su tacchi (e probabilmente una serie di brindisi) a cui non è evidentemente abituata. “Non basta nemmeno questo, sorry!” le dicono gentili i volontari. Il voto, corridoio o non corridoio, è una cosa seria. Infatti durante la conta finale, iniziata alle 8 in punto come previsto: tutti, non solo scrutatori ma anche blogger, votanti dell’ultim’ora e  curiosi assortiti sono piombati in un religioso silenzio. Niente commenti o battute di spirito (entrambi frequenti fino a quel punto). Occhi telecamere e telefonini puntati sul presidente di seggio, Maria Francesca Spadea, che una ad una apriva le schede e pronunciava ad alta voce la preferenza indicata. Anche i clienti di passaggio cercavano di fare piano, magari senza sapere il perché’.  Anche la democrazia, quella vera,  è una cosa seria e in sua presenza è inevitabile anche per i più cinici e smaliziati provare una certa soggezione. Non solo a 21 anni d’età.

Per qualche minuto sembra di essere al Viminale e le scritte “Men” e “Women” sulle porte non si vedono neanche’ più. Alla fine Boston (una delle 113 città nelle 19 nazioni dove sono stati allestiti seggi ‘Esteri’) da il suo verdetto: Renzi, vincitore con 25 voti (prevedibile vista la composizione demografica degli italiani residenti nella mecca mondiale dell’università e della ricerca), secondo Bersani, 18, terzo Vendola con 15 preferenze. Tre voti (a sorpresa visti gli “ooohh” dei presenti) andati alla Puppato. Tabacci, infine, rimane a bocca asciutta.    “Organizzandoci meglio avremmo potuto attirare molta più gente, almeno 300 persone,” dice Andrea Ballabeni, scrutatore, in questo caso, ma già noto tra gli italiani di Boston per aver promosso in passato iniziative politiche finite su giornali e Tg nazionali. “Ma considerato il ‘ponte’ del ringraziamento’ comunque 61 voti sono un buon risultato,” riflette mentre insieme gli altri, stanchi e soddisfatti come lui, allo stesso tavolo dove avevano cominciato 11 ore prima, ordina anche lui una meritata pizza.

 “In Nord America tra seggi e voti on line avremo racimolato un migliaio di elettori circa: vista la natura puramente volontaria degli organizzatori non ci possiamo lamentare.” E con una luce negli occhi che a tutto fa pensare fuorché’ alla tanto sbandierata disaffezione dei giovani per la politica, e che rende ancora più odiosi gli scandali sui rimborsi elettorali milionari conclude : “dai, ci rivediamo tutti qui sabato prossimo per il ballottaggio!”

Stefano Salimbeni
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