10/10/2011
Donald Tusk (a sinistra) e Stanislaw Kaczynski.
Arrivato a sfiorare il 40% dei voti con il partito liberale centrista
Piattaforma Civica, il primo ministro uscente (e presto rientrante)
Donald Tusk si appresta a conquistare un record storico per la Polonia post-comunista: dal crollo del regime nel 1989, Tusk è l’unico politico che sia riuscito a conquistare due mandati consecutivi di governo.
La maggioranza cui Tusk potrà appoggiarsi non è al momento amplissima (i
206 seggi del suo partito andranno a sommarsi ai 28 del Partito dei
contadini, sui 460 totali del Parlamento), ma non è ancora chiaro dove
andranno a parare i seggi del Movimento Palikot, anticlericale, a favore
della liberalizzazione delle droghe legge e del matrimonio tra i gay,
ma anche decisamente liberale in politica economica com’è nelle corde
del suo leader, Janusz Palikot, già deputato proprio nel partito di
Tusk.
Importante quanto la notizia della vittoria di Tusk è quella della sconfitta del partito conservatore Diritto e Giustizia di Jaroslaw Kaczynski, fermo alle soglie del 30% dei voti. Il gemello superstite (l’altro, il presidente della Repubblica Lech Kaczynski,
è morto nell’aprile 2010 in un incidente aereo in Russia) ha condotto
una campagna elettorale dai toni fortemente anti-europeisti, che non ha
pagato.
L’ingresso nella Ue, avvenuto il 1 maggio del 2004, ha dato all’economia polacca una spinta decisiva.
Il Pil del Paese ha continuato a crescere anche durante la crisi del
2008-2009, si è attestato intorno al 2,5% nel 2010 e, secondo studi del
Credit Suisse, dovrebbe addirittura ragigungere il 4% nel 2012. Cifre
sbalorditive nel marasma economico europeo, che fanno della Polonia
l’economia di gran lunga più solida dell’Europa centrale.
Al successo ha contribuito anche l’accorta politica estera del governo Tusk,
che ha rapidamente placato le tensioni che la politica dei gemelli
Kaczynski aveva generato presso i due grandi vicini della Polonia:
Germania e Russia. Con questo voto, insomma, la Polonia sembra aver archiviato una politica di rancori e revanscismo che,
pur comprensibile alla luce delle sofferenze storicamente sofferte, la
spingeva verso un’autarchia insostenibile (la coalizione politica dei
Kaczynski implose dopo soli due anni di governo) e dannosa in primo
luogo per lo stesso popolo polacco.
L’apertura europeista diventa
irreversibile, anche se al secondo Governo Tusk toccherà ora il compito
più difficile: sostenere la crescita con riforme anche impopolari (innalzamento
dell’età pensionabile, riforma del sistema pensionistico degli
agricoltori, taglio della spesa pubblica) e finora sempre rinviate.
Fulvio Scaglione