Lo spread? Un amico del Capodanno

In origine, questa parola inglese significa "spalmare" e si adatta alle tavole imbandite. I consigli per risparmiare in vista dell'Anno europeo contro gli sprechi alimentari

29/12/2012

Diciamo spread e non ci viene voglia di festeggiare attorno alla tavola. Invece, la prima accezione del verbo inglese “to spread” è legata proprio alla cucina. Significa, infatti, spalmare. A tavola lo spread è un pâté, una pasta spalmabile che si ottiene lavorando alcuni alimenti; nel caso dei cenoni potrebbero essere gli avanzi di salmone o il ripieno del tacchino.

Storicamente, lo spread è parente stretto delle mousse e dei paté tanto cari a Maria Antonietta: mentre i primi trattori riciclavano i banchetti di Versailles, la regina lanciava la moda delle eleganti e soffici mousse. Gli intenti erano, ovviamente, ben diversi; i primi intendevano evitare lo spreco di tanta grazia e abbondanza. Al contrario, la sovrana rifiutava volgari esigenze fisiologiche come quella di masticare, e inventava i primi cibi intellettuali e concettuali.

E le polpette? Anche queste sono legate per definizione al concetto di avanzi: la loro vendita in strada fu vietata nella Parigi di Maria Antonietta per motivi igienici e di salute pubblica, in quanto ambulanti senza scrupoli avevano preso a riciclare in quel modo carni improponibili e pericolose, se non addirittura di inconfessabili origini.

E oggi? Nel caso del cenone riciclato, il cuoco di casa sarà garante della genuinità delle sue polpette e degli altri piatti ricavati dagli avanzi, seguendo alcuni semplici accorgimenti per mantenere integri e soprattutto sicuri gli ingredienti. Innanzitutto, è necessario preservarli in modo corretto fino al momento di dar loro una nuova vita gastronomica, ovvero proteggerli quanto prima dall’ossidazione con l’aiuto di pellicole e refrigerarli immediatamente. L’utilizzo degli avanzi non è soltanto un rimedio contro la tendenza a esagerare con i cibi, ma una buona pratica da mettere in atto in chiave di risparmio delle risorse; un tema, questo, di sempre maggiore attualità, tanto che il 2014 sarà l’Anno europeo contro gli sprechi alimentari.

Un vecchio detto francese definisce la cucina come “l’arte di accomodare gli avanzi”: infatti, tra i primi ristoranti aperti nel Settecento, vi erano le trattorie, dal nome del trattore, la figura che “trattava” la vendita degli avanzi dei pasti dei nobili. Vogliamo provarci anche noi a far rivivere i cibi? Poco meno di un terzo dei cibi in tavola nei cenoni finisce nella spazzatura; un quantitativo che, tradotto in costi, vale circa un miliardo e 200 milioni di euro su una spesa che Coldiretti ha stimato in 4,3 miliardi tra Natale, Santo Stefano e Capodanno.

I numeri dello spreco alimentare rappresentano una costante per tutto l’anno: i dati della Fao sul 2011 parlano di poco meno di 1.600 euro a famiglia su una spesa annuale di 5.700 euro. Lo spreco alimentare costituisce il 2,4% del Pil, a prezzi di mercato nel 2011 pari a circa 40 miliardi di euro. L’apice di questo fenomeno si raggiunge proprio in occasione delle festività, quando le tavole sono riccamente imbandite di cibi. Quattro sono le cause: gli acquisti sovradimensionati, la cattiva conservazione dei cibi, gli scarti eccessivi nella preparazione dei piatti e la cattiva o inesistente gestione degli avanzi.

E proprio a quest’ultimo aspetto è possibile rimediare valorizzando quanto rimasto sulla tavola con ricette semplici e gustose. Per chi fosse a caccia di ricette, Lisa Casali ne offre più di una sul suo blog (www.ecocucina.org) e nei libri che ha curato per Gribaudo. In La cucina a impatto (quasi) zero, scritto assieme a Tommaso Fara, arriva a proporre gustose ricette anche con le lische di pesce e con le bucce delle patate. Davvero non si butta via niente.

Felice D'Agostini
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