Quella rete cittadina che protegge

Un Comune lombardo sperimenta un sistema integrato per prevenire la violenza dentro e fuori le mura di casa: poliziotti, medici, psicologi, volontari, perfino un legale per la denuncia.

08/03/2011

Gli episodi di violenza sessuale e di violenza domestica sono una piaga sociale che spesso fatica a trovare canali per “dare voce” a chi è vittima di questo genere di abusi. Una delle maggiori difficoltà per chi subisce violenza è infatti quella di denunciare, poiché spesso questi soprusi si verificano in ambiente domestico e tra i familiari più prossimi; la paura di subire ritorsioni o un peggioramento della situazione vince sul coraggio di accusare. Nonostante questo fenomeno sia difficile da sradicare, si stanno sviluppando alcuni tentativi di avvicinamento alle vittime di violenza, come sostegno, aiuto e incoraggiamento alla denuncia, da parte della stessa società civile.

Con questi intenti è nato il  Sav, (acronimo di Servizio antiviolenza), di Busto Arsizio. Mario Crespi, assessore alla Famiglia e ai servizi sociali di questa cittadina alle porte di Milano, ha iniziato e promosso questa iniziativa. «Una città sicura è una città che si prende cura: è questo lo slogan del servizio antiviolenza, un’esigenza che nasce per accompagnare le vittime a denunciare e per non farle sentire sole», spiega Crespi, che è anche avvocato e in questa veste ha esaminato le problematiche più delicate dell'aiuto a sporgere denuncia. Lo scorso mese di ottobre è stata creata una rete istituzionale per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza nei confronti delle categorie di soggetti più deboli (donne, minori, anziani). Ne fanno parte polizia, carabinieri, polizia locale, volontari, operatori del consultorio, avvocati, psicologi, assistenti sociali. Chi denuncia non è mai solo.  «In tutta la Regione Lombardia non esiste ancora un rete istituzionale così ampia; questo è vincente, perché non si aggiunge nulla a quello che è già presente nella città, ma si crea un terreno favorevole per un’azione integrata».


Lo sportello che il Servizio antiviolenza ha inaugurato il 24 marzo scorso conta attualmente una "task force" di una decina di operatrici che, insieme ad altri rappresentanti delle varie istituzioni coinvolte (polizia, carabinieri, polizia locale, volontari dei consultori, medici, psicologi, perfino avvocati), hanno già seguito un corso di formazione alla Clinica Mangiagalli di Milano. Un elemento fondamentale, in quanto è importante che «tutte le diverse tipologie di operatori coinvolti si siano messi ai banchi di scuola con l’unico scopo di imparare lo stesso linguaggio per essere un aiuto reale per le vittime di violenza». La formazione agli operatori bustesi è stata seguita da alcune dottoresse del Servizio violenza sessuale e domestica della Clinica Mangiagalli di Milano; come racconta la dottoressa Marina Ruspa, «a Milano il Servizio opera per le vittime di violenza sessuale dal 1996, e dal 2007 anche per quelle di violenza domestica. Tale servizio ha creato una rete istituzionale e nel privato sociale molto ampia intorno a sé, per far sì che le vittime di violenza possano avere un’accoglienza completa e totale nel momento del bisogno».

In collaborazione con il pronto soccorso del Policlinico di Milano, continua la dottoressa Ruspa, il servizio «garantisce la reperibilità completa per tutti i giorni dell’anno, sia per le violenze sessuali sia per quelle domestiche. Si tenga conto che sono stati seguiti circa 4000 casi di violenza sessuale compiute in maggior parte da aggressori vicini e conosciuti dalle vittime e più di 600 casi di violenze avvenute all’interno dell’ambiente domestico».  

Benedetta Candiani
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