30/08/2012
La nota pubblicata sul sito del Quirinale (Ansa).
Il settimanale Panorama pubblica “una ricostruzione esclusiva” delle
telefonate tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l’ex ministro
dell’Interno Nicola Mancino intercettate nell’inchiesta della Procura di Palermo
sulla presunta trattativa Stato-mafia. In quelle telefonate, sostiene il
settimanale della Mondadori (di proprietà della famiglia Berlusconi), sarebbero
stati espressi “giudizi e commenti taglienti su Silvio Berlusconi, Antonio Di
Pietro e parte della magistratura inquirente di Palermo”. La reazione da parte
del Quirinale è durissima. “La pretesa, da qualsiasi parte provenga, di poter
ricattare il capo dello Stato è risibile”, si legge in una nota del Colle, che
respinge con forza ogni “torbida manovra destabilizzante”.
Il presidente, recita
la nota, “non ha nulla da nascondere ma valori di libertà e regole di garanzia
da far valere, e ha chiesto alla Corte costituzionale di pronunciarsi in termini
di principio sul tema di possibili intercettazioni dirette o indirette di suoi
colloqui telefonici, e ne attende serenamente la pronuncia”. Inoltre, precisa il
Quirinale, “alle tante manipolazioni si aggiungono così autentici falsi”, in
riferimento alle “ricostruzioni” delle intercettazioni di Napolitano pubblicate
da Panorama. “La campagna di insinuazioni e sospetti ha raggiunto un
nuovo apice”, sostiene il Colle. Piena solidarietà al presidente è arrivata
da diversi organi istituzionali, a cominciare dal Csm, fino a varie forze
politiche (uno dei primi è stato il leader dell’Udc Casini).
L’effetto tellurico dello scoop sarà
probabilmente enorme sul piano politico. Indipendentemente da quel che è
avvenuto, dall'inchiesta giornalistica e dagli eventuali illeciti commessi (se ce ne sono), noi preferiamo occuparci del “cui
prodest”. La domanda è banale: a chi giova lo scoop? Quali saranno le sue conseguenze? E anche la risposta
è abbastanza semplice: il “caso”, che evidentemente riguarda la violazione del
diritto di privacy e di riservatezza del cittadino Giorgio Napolitano, potrebbe
favorire l’abrogazione “sic et simpliciter” di qualunque tipo di intercettazioni disposte
dagli inquirenti, anche quelle avviate nell'ambito di inchieste
riguardanti reati gravi, come la corruzione politica. Reati da cui il
nostro Parlamento non è immune.
Uno splendido caso di arma a doppio taglio, o di eterogenesi dei fini (per utilizzare un termine in voga sulla questione). Una spada brandita, non sappiamo quanto
consapevolmente, dai manettari della cosiddetta area dell’antipolitica, che però finisce per fare il gioco dei garantisti pelosi del Centrodestra. E a farne le spese una delle massime garanzie della stabilità democratica del nostro
Paese: il Quirinale.
Francesco Anfossi