03/12/2010
Il Presidente del Censis Giuseppe De Rita
E' stato presentato oggi a Roma dal Censis il 44° Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2010. Le Considerazioni generali sottolineano come la società italiana stia come "franando" «sotto un'onda di
pulsioni sregolate». L'inconscio collettivo appare senza più legge né
desiderio, viene meno la fiducia verso la classe dirigente. Nella seconda parte del Rapporto vengono
affrontati i temi di emersi nel corso dell'anno: «La
china verso l'appiattimento, la proliferazione della logica
d'offerta, l'intreccio (virtuoso o pericoloso) dei sottosistemi, la
frammentazione del potere». La terza e quarta parte presentano le
analisi per singoli settori: formazione, lavoro e rappresentanza, welfare e sanità, territorio e reti, soggetti economici, media e comunicazione, governo pubblico, sicurezza e cittadinanza.
L'Istituto guidato da Giuseppe De Rita parla dunque di «un'Italia appiattita che stenta a ripartire», con «un inconscio collettivo senza più legge né desiderio», figlia del venir meno del senso di autorità che possa ridare forza e slancio alla legge stessa. Gli italiani mancano della virtù civile del "desiderare", «necessaria per riattivare la dinamica di una società troppo appagata e appiattita». Sono venuti meno i riferimenti alti e nobili: la Patria, il primato dello Stato, come collettore di sentimenti comuni e accomunanti, la cultura del riformismo, impantanata da decenni nei salotti della politica, lo slancio verso il bene comune, che sostenne così potentemente la rinascita del Paese nel Secondo Dopoguerra.
La speranza viene soppiantata dalla delusione. A questo contribuisce la crisi economica: «Il nostro Paese», infatti, «registra dolorose emarginazioni occupazionali». Il Rapporto fornisce anche alcuni dati interessanti sui giovani: nei primi due trimestri del 2010 si è registrato «un calo degli occupati tra 15 e 34 anni del 5,9%, a fronte di una riduzione media dello 0,9%». Oltre sei volte di più. Scarsamente nella posizione di trovare un'occupazione, essi «sono poco disponibili a trovarne una a qualsiasi condizione». I giovani tra i 15 e i 34 anni che non lavorano né studiano sono ben 2.242.000. E il loro senso di autostima non può certo brillare se il 55,5% degli italiani pensa «che non trovano lavoro perché non vogliono accettare occupazioni faticose e di scarso prestigio»: a pensarlo sono soprattutto i giovani stessi: ben il 57,8% del campione.
Il Censis registra anche, come conseguenza del clima che viviamo, una «diffusa e inquietante regolazione pulsionale: negli episodi di violenza familiare, nel bullismo, nel gusto apatico di compiere delitti comuni, nella tendenza a facili godimenti sessuali, nella ricerca di un eccesso di stimolazione esterna che supplisca al vuoto interiore, nel ricambio febbrile di oggetti da acquisire e godere, nella ricerca demenziale di esperienze che sfidano la morte (balconing)». Qualche buona notizia, comunque, non manca: regge infatti il volontariato, per molti autentica riserva di senso, soprattutto, e qui il dato è in controtendenza, fra i giovani: 34% di loro vi è in qualche modo impegnato.
Stefano Stimamiglio