11/11/2011
Foto di gruppo al Wto dopo l'accordo sulla Russia: Stefan Johannesson (a sinistra), mostra la maglietta con scritto: "Missione compiuta"; Pascal Lamy (al centro), direttore generale del Wto; Maksim Medvedkov (capo negoziatore russo), la maglietta con scritto: "Benvenuti nel Wto.. finalmente".
Quattrocento miliardi di dollari di esportazioni (per il 52,2% indirizzate verso l'Unione Europea) e 249 miliardi di dollari di importazioni (per il 38,3% in arrivo dall'Unione Europea) nel 2010. Con questi numeri era incredibile che la Russia fosse ancora esclusa dal Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio. Ora l'assurdità è stata sanata e tra pochi giorni i Paesi del Wto saranno 154, grazie appunto all'ingresso della Russia.
Ci sono voluti 18 anni per arrivarci, un record negativo per la Russia, alla pari con l'Algeria. La Cina, al confronto, era stata un fulmine. Il viatico per il passo finale è stato l'accordo sul traffico di frontiera tra la Russia, appunto, e la Georgia,divise da mille questioni territoriali e dai rancori lasciati dalla guerra del 2008. La Svizzera, che faceva da mediatore, è riuscita a trovare un punto d'equilibrio.
La lunga camera d'attesa aveva, com'è ovvio, ragioni politiche e ragioni pratiche, con le prime a prevalere nettamente sulle seconde. Il Wto, com'è noto, è storicamente dominato dagli Usa, che a loro volta sono stati fino a qualche anno fa il vettore fondamentale dei commerci mondiali. Tra Usa e Russia si era sviluppato un complesso contenzioso, a partire dalla guerra del Kosovo (1999), e per conseguenza gli Usa si erano sempre opposti all'ingresso della Russia nel Wto.
Ma c'erano anche ragioni economiche non secondarie a rallentare la trattativa. Il grosso delle esportazioni russe è formato da gas e petrolio, che al budget del Cremlino contribuiscono per il 40% del totale delle entrate. Per questi "beni", però, le regole del Wto non valgono. Così gli altri Stati, Usa per primi, chiedevano alla Russia di alleggerire certe condizioni capestro imposte alle importazioni (su cui grava una tassa che puà arrivare anche al 10% del valore delle merci) per difendere la produzione nazionale.
Una battaglia importante ma anche delicata. L'Occidente non voleva che la Russia avesse mano libera con gas e petrolio (essenziali per l'andamento delle nostre economie) e la Russia non voleva essere invas prodotti occidentali che avrebbero stroncato sul nascere i timidi tentativi di affermare una produzione nazionale, soprattutto nei generi alimentari e di consumo.
L'accordo spazza via molti di questi problemi e pare destinato a risolversi in un reciproco vantaggio. La Russia ha conservato il diritto a fornire sussidi ai propri agricoltori (ma con una diminuzione graduale a partire dal 2012) e a mettere dazi (ma più leggeri) sul alcune importazioni agricole. Il mercato russo, però, si apre a settori importanti: l'industria farmaceutica (con un brevetto di 6 anni sui farmaci occidentali introdotti in Russia), le assicurazioni (potranno operare sul mercato russo società di assicurazione anche con proprietà al 100% non russa), le banche (gli istituti occidentali potranno arrivare a possedere il 50% del capitale di una banca russa).
Per i Paesi dell'Unione Europea, in primo luogo, potrebbe prospettarsi un vantaggio ulteriore: le restrizioni poste dalla Ue alle importazioni dalla Russia cadranno, e i prezzi del petrolio e del gas russi potrebbero scendere.
Ci sono poi due vantaggi strategici difficili da misurare ora, me importanti in prospettiva. Con la Russia, la rete mondiale dei commerci colma un grosso buco e le attività economiche internazionali saranno certo facilitate. Aprendosi di più agli operatori stranieri, invece, la Russia guadagnerà in esperienza e conoscenze. E dovrà necessariamente migliorare il proprio sistema legislativo e giudiziario, piagato dal protezionismo e dalla corruzione, per restare al passo dei mercati.
Fulvio Scaglione