19/12/2011
Il libico Ahmed al-Sanusi, 78 anni, 31 dei quali passati nelle carceri libiche per aver partecipato al tentativo di ribellione a Gheddafi un anno dopo il colpo di Stato del colonnello.
I protagonisti della “primavera araba” ringraziano i media europei per il supporto assicurato finora ma chiedono anche che non si parli dei loro Paesi e dei loro popoli attraverso i soliti stereotipi. L'appello arriva da Asmaa Mahfouz, la giovane egiziana che ha ricevuto il Premio Sacharov per i diritti umani del Parlamento Europeo 2011 insieme con altri 4 protagonisti dei cambiamenti in atto nel mondo arabo. Mahfouz ha preso parte alla cerimonia di consegna del Premio nell'emiciclo di Strasburgo insieme con il libico Ahmed al-Sanusi. Le sedie pronte per gli altri tre sono rimaste vuote.
Il riconoscimento a Mohamed Bouzazizi è stato assegnato alla memoria: l'ambulante tunisino che, dandosi fuoco il 17 dicembre 2010 per protesta contro soprusi e ingiustizie, ha dato il via a tutta l'ondata di proteste, è morto dopo 18 giorni.
Gli altri due premiati, invece, non sono riusciti a lasciare la Siria, Paese dove la repressione del regime del presidente Assad continua. Si tratta di Razan Zaitouneh, giovane donna avvocato per i diritti umani, creatrice e autrice del blog Syrian Human Rights Information Link, che attualmente è nascosta, e di Ali Farzat, noto autore di satira politica al quale le forze di sicurezza ad agosto hanno rotto le ossa delle mani come avvertimento a smettere di criticare il regime attraverso vignette e cartoon. Farzat ha inviato un messaggio video in cui denuncia che le “vittime aumentano ogni minuto”.
L'egiziana Asmaa Mahfouz, 26 anni, dopo le proteste in Tunisia, ha contribuito alla nascita dell'analogo movimento in Egitto con i sui post su diversi social network.
Se in Siria siamo ancora nel pieno delle violenze, in Egitto e in Libia si vivono due diverse fasi di transizione accomunate dall'inquietudine. Asmaa Mahfouz è la più giovane laureata con il Premio Sacharov dall'istituzione nel 1988. Ha 26 anni. Dopo le proteste in Tunisia, ha contribuito alla nascita dell'analogo movimento in Egitto con i sui post su diversi social network, in particolare con i suoi video blog di ogni settimana. A Famiglia Cristiana parla di una “battaglia niente affatto finita”. Spiega che “al momento in Egitto la situazione è in mano a uomini che gravitavano nella sfera di Mubarak” e che “la cacciata del presidente dittatore non può finire con la consegna del Paese ai militari”.
“La piazza non si fermerà e io stessa sarò ancora in piazza – dice - fino a quando non avremo un governo civile, ma – sottolinea - in modo pacifico”. Chiede ai media europei di continuare ad assicurare il loro sostegno, evitando “gli stereotipi che ricorrono in tema di mondo arabo”, in particolare in tema di “Islam e di forze che si oppongono alla democrazia in nome di presunte leggi islamiche”. Chiede che si guardi alle donne che in Egitto – assicura - “sono impegnate a fare chiarezza su questo”. “Non esiste una democrazia perfetta – aggiunge – ma esiste l'impegno a costruirne una in cui le donne siano protagoniste di pace”.
Ahmed al-Sanusi ha 78 anni e 31 li ha passati nelle carceri libiche per aver partecipato al tentativo di ribellione a Gheddafi un anno dopo il colpo di Stato del colonnello. Un passato lungo e pesante. Ma anche un presente attivo: fa parte del Consiglio Nazionale di Transizione in rappresentanza dei prigionieri politici di decenni di dittatura. Il modo di parlare risulta un po' affaticato: rifiuta interviste personali. In conferenza stampa con il presidente del Parlamento Europeo, Buzek, sottolinea “l'urgenza in Libia di dare vita a un'Assemblea costituente per assicurare una Costituzione e libere elezioni e scongiurare lo strapotere di qualcuno”.
E avverte: “Non può esserci spazio per vendette, la priorità dev'essere la riconciliazione nazionale”. “La vera faccia del regime di Gheddafi deve essere mostrata al mondo in tutta la sua brutalità e chi si è macchiato di crimini contro la popolazione deve pagare ma ci vogliono processi e non vendette, ci vuole pace e non odio”. In queste parole si riassume la speranza in un futuro davvero di primavera e non di lungo inverno per i Paesi che, dal Nord Africa al Medio Oriente, sono caratterizzati da profonde differenze sociali, culturali perfino al loro interno ma che sono stati attraversati dallo stesso vento di cambiamento.
Fausta Speranza